di Sara Di Antonio
E ora vi spiegherò cosa significa essere genitori di un’adolescente.
Si tratta, esattamente, della stessa sensazione che si ha quando in treno, dopo un percorso tutto sommato ordinato e banale, si entra in una galleria. Vi è dapprima un fischio assordante, una eco insopportabile e sincopata, e la vostra conversazione al telefono cade improvvisamente nel vuoto.
In più, un fastidioso rumore accompagna questa improvvisa discesa negli inferi, e voi rimanete impotenti con il telefonino in mano, e delusi non potete leggere né guardare fuori dal finestrino. L’amico, dall’altra parte della cornetta – ma non c’è una cornetta- si è ormai dileguato.
Vostro figlio, quello dei cento linguaggi dei bambini (ma il vostro era bravo solo a disegnare), con le guance perennemente arrossate dagli sbalzi di temperatura, il naso sporco, le lacrime facili, le scuse imbarazzate quando combinava un pasticcio; ma anche i baci pieni di saliva, le finte lettere a Babbo Natale e l’odore di buono in ogni momento del giorno, giusto condito da un po’ di sudore (il vostro) o di feci (le loro), diventa un manichino tridimensionale in cappuccio. Non siete più fondamentale e bellissimo ai suoi occhi, non vi abbraccia né vi tocca, ma vi guarda svogliato.
Presto, sarà una deliziosa ragazza di un metro e settantacinque, come G., che vi squadra dall’alto in basso mentre si trucca (la sua si chiama skin care), e afferra il telefono leziosa. L’essere in cappuccio, la minore V., iniziando a capire di essere una donna in nuce, tenderà invece a lavarsi, truccarsi, profumarsi. La dolcezza delle essenze e degli effluvi sarà inversamente proporzionale alla durezza della lingua, affilata e pungente contro di voi.
Diventati dei censori e dei rappresentanti di una società di fatto estranea al loro mondo, sarete relegati al ruolo di fastidiosi maggiordomi di casa, indaffarati e petulanti al tempo stesso. E mentre prima il vostro telefono era pieno di consigli, iniziative, letture ad alta voce in biblioteca per allevare questa amata, miracolosa e stupefacente progenie infantile, oggi non ricevete più stimolo alcuno.
Poiché ogni genitore di adolescente viene lasciato solo, tra lo spettro dei disturbi alimentari, i ragazzini giapponesi che non escono di casa e di cui disperatamente cercate di ricordare il nome -e che nonostante ciò vi fanno davvero molta paura- gli onnipresenti Neet, che non studiano, non lavorano, forse neppure delinquono e pertanto vi sembrano dei veri e propri vampiri, e diversi altri spauracchi di ogni genitore ansioso.
Il Web, diventato presto un vero e rispettabile attore educativo, elargisce consigli su unghie, capelli, abiti alla moda e vacanze da sogno, come se l’attività dei ragazzi una volta divenuti adulti non fosse trovare un proprio posto nel mondo, ma consumare.
“Produci, consumi crepa” lo dicevano i CCP, i quali più o meno avevano previsto tutto e ne erano già disgustati allora. Ma non potete dirlo ai vostri figli, perché vi darebbero della boomer anche se siete nate, solo, appena(!), nel 1976. (Non potete neanche citare Moretti e gli splendidi quarantenni, perché i vostri figli non lo amano e lo confondono con una birra, mentre voi amate solo La Chouffe, che loro però non sanno pronunciare).
Quindi barcollate dopo l’ennesima incomprensione, nonostante vi troviate, nel percorso che va dalla Brasserie, già vicino casa – non c’è traccia di un Loris Malaguzzi degli adolescenti nei paraggi, a quest’ora – e voi camminiate a un certo punto nella conosciuta via Emilia.
Improvvisamente da dietro di voi sentite una voce puntuta, che è quella di vostra figlia incappucciata, che afferma: “la bro’ è confusa”.
Siete voi, confuse e infelici, mentre il treno attraversa la galleria.
Esiste forse, da qualche parte, una luce?
***
#voilà #adolescenza #cahiersdedoleance #crises