Un manifesto per salire nella vita pubblica, con passione e coraggio.
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di Claudia Zamorani
– Ragazze di ieri, di oggi e di domani. Degli anni Cinquanta, Sessanta, Settanta, fino alle splendide del Duemila. Siamo le poco di buono, come ci ha apostrofate il sottosegretario alla Cultura. Non di rado ci capita di essere insultate. E non solo.
Dottoresse, avvocate, infermiere, professioniste e lavoratrici, ma quando vi rivolgete a noi, ci chiamate ‘signorine’. Anche se ci vedete con il camice addosso.
Quelle che credevano che le quote rosa fossero inutili e persino offensive, perché se sei capace ce la fai, fino a comprendere che invece servono e che non favoriscono qualcuno, ma assicurano semplicemente che le condizioni di partenza siano uguali per tutti.
Siamo quelle che hanno lottato per l’emancipazione, che hanno votato per la prima volta solo dopo la guerra, poco meno di ottanta anni fa, che abbiamo visto arrivare la legge sul divorzo, sull’aborto ma che oggi assistono a una preoccupante battuta d’arresto e all’apertura di salottini bene all’interno degli ospedali per convincerti che sei sbagliata.
E a una campagna nazionale per la fertilità, che ci tratta al pari delle mucche. Come se il problema fosse la fertilità e non ciò che manca: le politiche economiche e sociali di sostegno ai genitori, che non ci sono se non a livelli del tutto insufficienti.
Siamo quelle che non credono che avere figli sia necessario per la nostra autodeterminazione, ma che chi ce li ha deve poter contare su servizi socio-economici di cura e di sostegno alla genitorialità che ad oggi non esistono se non in misura ridicola. Perché non possiamo essere noi il welfare di questo Paese.
Quelle che negli anni Cinquanta e Sessanta, che sono scese in piazza e si sono emancipate. Quelle degli anni Settanta, che per prime hanno avuto in eredità dai loro padri lavoro povero e precario.
Quelle che ai colloqui di lavoro ti chiedono se hai figli, e capisci che per te la corsa è già finita. Quelle che hanno dovuto ricominciare mille volte, forse perché il nastro di partenza non era uguale per tutti.
Che pensano che non sia sufficiente essere donna per fare politiche che siano davvero di cambiamento e di sostegno. Però per dipingere la tela ognuno usa i colori che conosce, solo quelli, anche se lo fa al meglio. Vogliamo ampliare la tavolozza. Per questo vogliono entrare nella Cosa Pubblica e avviare un percorso di partecipazione.
Per noi la tua opinione è importante. La tua presenza è importante.
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Aiutaci a capire cosa pensi dei servizi di cura della città, della scuola, lavoro, dell’urbanistica, cultura e tempo libero, orari, quartieri, e a fare proposte, segnalazioni, a partecipare.
Aiutaci a conoscerti. Facci sapere se sei interessata a essere coinvolta nella costruzione partecipata della nostra città, raccontaci quali sono gli ostacoli che si frappongono.
Basta avere paura e sentirci sole. E’ tempo di uscire dalla solitudine dei tinelli.
Facciamolo INSIEME. Finalmente.
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