giovedì 31 Ottobre 2024

C'è una crepa in ogni cosa. E' da li' che entra la luce (Leonard Cohen)

IL “PRIMA” SPIEGATO “DOPO”

(PdA) — Una specialità politica in voga da decenni nelle nostre contrade è l’analisi del voto: ci sono partiti, scelgo a caso i dem allargandomi al centrosinistra, che tuttora si arrovellano, a distanza di anni, sui perché della sconfitta del 2019. Altri, addirittura, risalgono all’epopea berlusconiana con tanto di inciuci ideologici e opportunistici, altri ancora facendo risalire le sconfitte a Bertinotti, l’asso nella manica della Destra e del manganello mediatico.

Cominciano ad affluire sui media ferraresi i perché della netta sconfitta della coalizione di centrosinistra l’8 e 9 giugno. Entrano i campo i campioni del “prima spiegato dopo” (before explained later), inappuntabili concetti che ci spiegano la rava e la fava, tranne una verità semplice semplice: le elezioni si vincono prima e durante, ossia quando c’è da scendere in campo con idee, proposte, coraggio, passione, unità, impegno e l’eterno “casa per casa”. Il guaio è che dal variegato e litigioso mondo della sinistra non affiorano idee che possano affascinare e attrarre elettori. E Fabbri ha attratto. Punto.

Ma su tutto ciò, siamo sicuri, l’analisi perderà sostanza per rifugiarsi in frasi scontate e superficiali, cui non sono esenti ambizioni represse e piccole vendette, esercitate talvolta con le piccinerie e il disinteresse della politica di basso conio.

Ecco una carrellata di profonde riflessioni lanciate sui media, tra like, confutazioni, critiche e applausi, con l’inevitabile contorno di “io l’avevo detto, io l’avevo pensato, come avete fatto a non accorgervi di ciò che stava succedendo?”.

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L’eterno Mario Zamorani, del Partito Radicale, si nasconde sul Carlino dietro considerazioni che non dicono nulla, ma si fanno leggere: “Noi siamo pronti a essere morti, voi siete pronti a essere vivi?” (e che vuol dire?). Dice di avere un elenco di cinquanta politici di centrosinistra, per farci cosa? “A Ferrara, +Europa non esiste più. Durante la campagna elettorale, da Roma, ci è stato detto che la nostra scelta di sostenere Anna Zonari non andava bene e siamo stati privati del simbolo, ergo fortemente depotenziati. Per cui, nessuno di noi, ha rinnovato la tessera”. Ergo la storia radicale “è nelle mani dei cinquanta politici a cui ci rivolgiamo”. Da Gaetano Sateriale – “del quale condividiamo ogni parola, del suo intervento sul Carlino” – a Marcella Zappaterra (“ottima analisi post voto), fino a Tiziano Tagliani, Alessandro Talmelli, Nicola Minarelli e Roberto Soffritti. “Nell’estate 2023 – racconta Zamorani Emme – incontrai Talmelli e Minarelli e, come Cassandra, preconizzai che con Anselmo candidato non solo sarebbe stata una sconfitta per il centrosinistra. Ma sarebbe stato un disastro politico”. Ovvero? “Non era mai successo che il centrosinistra non arrivasse al ballottaggio. Ma con Anselmo, assecondato dal Pd, è successo. Quella del 10 giugno è stata la più pesante sconfitta elettorale del centrosinistra nella storia di Ferrara. Ora, come indicato da Sateriale, serve una riflessione. Che non contempla i civici”. E, la storia radicale “deve continuare a vivere”. Riflettete, riflettete… ci sono cinque anni di tempo.

Gaetano Sateriale, ex sindaco, Pd, della Comune. Dice no ai regolamenti di conti. “La sinistra non ha proposto candidature all’altezza della sfida con Fabbri”. Sembra l’analisi del flop della Nazionale di calcio agli Europei, quando i vari commentatori alla vigilia piazzavano l’Italia tra le favorite. “Calano i votanti rispetto al 2019. Alcune migliaia di voti passano dalla sinistra delle europee alla Destra delle comunali (anche nei quartieri storicamente di sinistra). Più che i partiti e le liste, alle comunali, si sono votati (o non votati) i candidati: le persone.  Già con queste poche considerazioni si può affermare che la sinistra non è riuscita a proporre candidature in grado di ridurre l’astensionismo e all’altezza della sfida”. “Perché – si chiede Sateriale – per la seconda volta a Ferrara si perde in maniera consistente rispetto alla destra?”. La prima potenziale risposta riguarda il metodo, la seconda il contenuto. Torniamo alla lavorazione della canapa. Forse si è perso perché i candidati non sono piaciuti.

Marcella Zappaterra, capogruppo del Pd alla Regione. “Sconfitti peggio che nel 2019, ora serve una riflessione seria” dice al Carlino l’esponente dem dalle Torri di Kenzo Tange, della quale si erano perse le tracce durante la campagna elettorale, ora pronta a farsi viva in previsione delle regionali del prossimo autunno. E che ti dice di rivoluzionario la Zappaterra? Che ” non siamo in sintonia con la città”. Accipicchia. Se non ti votano, elementare Watson, vuol dire che non sei in sintonia. “Sapevamo che sarebbe stato difficile vincere e avevamo di fronte una scelta: o costruire un progetto a lungo termine, anche in chiave 2029, o fare uno strappo e tentare, in assoluta discontinuità, di erodere più voti possibili. Abbiamo scelto la seconda strada e abbiamo perso peggio che nel 2019”. Ecco perché la consigliera regionale si è vista poco per le vie e le piazze di Ferrara a convincere i dem tentati da Alan di un suo progetto. Poi lancia i tre comandamenti: “Tre cose da non dire: che gli elettori non hanno capito, che rifaremmo tutto allo stesso modo e che abbiamo fatto del nostro meglio ma non c’erano alternative. Per questo è necessario aprire una riflessione seria, sincera e disinteressata al nostro interno”. Il problema vero è ad oggi, luglio 2024, la mancanza di materia prima su cui riflettere, vale a dire le idee e le proposte che possano aprire il cuore dei ferraresi. E sulla classe dirigente? Come una qualunque passante, la signora Zappaterra ci dice che l’attuale classe dirigente “non deve limitarsi a fare da comitato elettorale, con tutto quello che ne potrà derivare anche per le prossime competizioni. Se facciamo finta di niente e andiamo avanti come se fosse tutto a posto o, peggio, ci chiudiamo nel fortino facendo finta che la riflessione non sia di fatto già aperta in piazza, sui social e sui giornali, rischiamo di non essere più credibili”. Domanda legittima: ma la signora non fa parte per caso della classe dirigente dem?

Tommaso Mantovani, Cinque Stelle. A lui la palma del migliore e più tempestivo commento. L’ha fatto pochi giorni prima del voto, autosospendendosi dal movimento perché non ne condivideva la strategia. Molti in città, nonostante la sua professata fedeltà, scommettono su un suo nuovo posizionamento in altri lidi della ristretta politica ferrarese. E’ sufficiente aspettare.

Andrea Maggi, ex assessore, non rieletto. Si è accorto a babbo morto che il centrodestra lo stava fregando, il che non è da lui. Lo hanno mandato avanti nell’ìnvitare Vannacci a Ferrara e nel tesserne le lodi, per poi scoprire che il generale trattava con la Lega di Salvini e ora se ne sta beato tra i Patrioti a Bruxelles. Scrive al Carlino una lettera in cui “spinto dalle centinaia di messaggi e telefonate che mi manifestano affetto, stupore e delusione per la mia mancata riconferma ad assessore (…) dice di parlare della frattura che si è manifestata in ragione e a seguito delle ultime competizioni elettorali tra il “reale” e il “percepito” in ambito politico.  Maggi ci fa sapere di essersi accorto alcune ore dopo la vittoria del centrodestra che lui non farà più parte della giunta. “Mi arrivano alcuni messaggi da conoscenti del seguente tenore: “La giunta è fatta da giorni”, con l’elenco delle persone che avrebbero ricoperto incarichi di governo. La giunta era stata già decisa, tanto che era stata convocata la conferenza stampa per il giorno successivo. Il resto è storia recente. Nonostante il lavoro incessante portato avanti in cinque anni (…)  il sindaco ha premiato altre persone, una delle quali – l’assessore Fornasini – certamente da invidiare per il coraggio avuto nel chiamare miei simpatizzanti sollecitandoli a non buttare via il loro voto votando il sottoscritto. Ma non è (solo) questo il punto. Il punto è che Alan Fabbri, contravvenendo all’immagine perfettamente disegnata sui social network da Michele Lecci (che nel suo lavoro è un genio) non mi ha nemmeno degnato di una telefonata. A proposito di telefonate: “Sbeffeggiare il candidato sindaco sconfitto come ha fatto Gulinelli, l’enfant prodige della cultura ferrarese,  è sintomatico di pochezza umana e culturale”. Insomma, Maggi fa volare gli stracci, il tutto per una mancata rielezione. Gli ocnfessiamo un particolare non da poco: la giunta l’ha disegnata, sì Fabbri, ma con l’aiutino dei Balboni House, ai quali il moderatismo sbandierato da Maggi non serviva più.

Stefano Lolli, giornalista su Facebook. (Integrale). Nemmeno il tempo di metabolizzare la sconcertante intervista di Marcella Zappaterra al Carlino e la surreale conferenza stampa in mondovisione dei radicali, ecco esplodere il ‘caso Maggi’. La politica ferrarese evidenza un tratto comune: l’astio malcelato, la disistima soffocata solo da incarichi e lauti stipendi, e di fatto la ricerca del puro interesse personale. Entro un po’ nello specifico, partendo dal centrosinistra: nella tonante, indiscutibile vittoria di Alan Fabbri ha certamente contribuito anche un fenomeno troppo eclatante per essere vero. Parlo dei 6.500 voti del Pd che dalle politiche alle amministrative hanno traslocato su Fabbri. Frutto del carisma del sindaco? In parte è senz’altro vero, se non si vuol vedere anche il ‘fuoco amico’ tipico di ambienti del centrosinistra. Ma che in questo caso si sposa anche con altri obiettivi: Fabio Anselmo era considerato (anche) il candidato espresso da Calvano e Talmelli. Cosa c’era dunque di meglio per inceppare la corsa di Calvano alla riconferma in Regione e sloggiare il segretario comunale Pd, che non azzopparne il candidato sindaco designato?

La mossa era già evidente vedendo le studiate assenze di alcuni esponenti di spicco alle principali iniziative elettorali. Dietro le quinte, magari, si distribuivano poi i ‘santini’ di un assessore della giunta Fabbri, un gesto solo apparentemente goliardico… L’unico dato certo, di cui ora chi si è adoperato per far perdere tempo rivendica comicamente la paternità del giudizio, è che il candidato del centrosinistra andava indicato e messo in campo almeno un anno prima, se non si più. Ciò avrebbe evitato un assemblaggio della lista per molti versi bizzarro, e inevitabili errori nella conduzione di una campagna elettorale che avrebbe richiesto (oltre al disvelamento di casi e situazioni che restano scandalosi) più tempo per affinare riflessioni e progettualità. Ma il ‘fuoco amico’, e i bambineschi atteggiamenti di chi adesso si cimenta nel gioco dell’io l’avevo detto, sono risultati letali. O almeno decisivi come la presa della ‘narrazione Fabbri’: una realtà, questa, su cui, prima e meglio che i politologi, dovrebbero esprimersi i sociologi esperti nel condizionamento delle masse.

E veniamo alla fiabesca attualità. Allo sfogo dell’assessore trombato che ha preso benissimo l’esclusione. Il testo, come certe fiabe dei fratelli Grimm, va letto e riletto per coglierne e apprezzarne sfumature e significati, e per godere appieno di alcune perle stilistiche oltre che sostanziali. C’è il sindaco che illude l’alleato, inducendolo a fare una propria lista e poi lasciandolo in bagnomaria, al calduccio di messaggini rassicuranti. Atteggiamento che quasi rievoca il mitico ‘stai sereno’ di renziana memoria; quel sindaco che telefona a tarda ora a sindacalisti e giornalisti ma che nel momento clou esaurisce il credito prima di chiamare Maggi e dirgli ‘arrivederci e grazie’. C’è il collega assessore accusato di sciacallaggio elettorale; e quell’altro di cui l’escluso scopre e denuncia la ‘pochezza culturale’ (pura coincidenza, è quello con la delega alla Cultura), per la gaglioffa telefonata di scherno ad Anselmo. Piange il telefono, canterebbe Modugno.

Alzi la mano chi crede che tanto livore sia repentino, improvviso, originato da un disvelamento, e non invece un effetto di atteggiamenti ben radicati negli animi, di ceneri e ruggini nascoste dietro sorrisi di circostanza, coperte dalla fascia tricolore esibita nei cantieri e nelle inaugurazioni, fossero anche quelle delle toelettature per cani. L’ex assessore _ che di sé parla come di uno stakanovista _ davvero non sapeva di sedere in un covo di serpi, o il balsamo di stipendi da migliaia e migliaia euro al mese era più forte del fiele?

Leggendario peraltro il passaggio in cui, prima di prendere a sberle sindaco e assessori (vecchi e nuovi), Maggi garantisce di non volersi assolutamente togliere sassolini dalle scarpe. Chissà cosa avrebbe detto se al posto dei mocassini avesse indossato sandali Birkenstock.
L’ho fatta lunga. Ho stremato la pazienza di chi, senz’altro, ha abbandonato la lettura di questo post da lunghi minuti. Ma tutti assieme, gli accadimenti hanno un che di epico oltre che di bipartisan. C’è tutto come nel Trono di Spade, nelle saghe della Marvel e nel circo Barnum: persone sinceramente stimabili (di qua e di là), nani, ballerine, trasformisti, illusionisti, seri professionisti, personaggi professionali, lecchini e aspiranti portaborse, giovani di belle speranze e giovani venduti. Ma il fracasso delle ultime gesta supera per decibel i concerti del Ferrara Summer Festival (mi spiace solo perdermi il concerto di Calcutta, ma prevale l’agorafobia) e mi ricorda un film poco conosciuto di Ted Demme con Kevin Spacey. ‘C’eravamo tanto odiati’.

Fabio Anselmo, candidato sindaco del csx su Facebook. Riflessioni da vero e prorio dilettante allo sbaraglio, come qualcuna-qualcuno ha voluto definirmi. Ho letto le esternazioni dell’assessore Maggi che danno un quadro del Sindaco del quale ero ben consapevole. Sapevo a cosa sarei andato incontro accettando quelle molteplici richieste di candidarmi a Sindaco della città contro il sistema ‘Grazie Alan’. Sono stato un asino? Hai ragione, ti rispondo. Un doppiamente asino, perchè lo rifarei. Probabilmente perchè sono uno sprovveduto, appunto. Mi spiace molto per le tante persone che ci hanno creduto e mi hanno votato. Le stesse che, quando mi incontrano per strada, continuano a manifestarmi solidarietà ed incitamento a non mollare. Sono tantissime, anche se non abbastanza. Io ci credo e continuo a crederci, non per acquisire una posizione di potere ma semplicemente per tentare di rendere condivisibile un’idea di solidarietà e libertà vera, sincera e tangibile. Non mi sento una vittima del fuoco amico perchè lo conosco da una vita e lo ho messo in conto. Avevo tutto da perdere e nulla da guadagnare ma mi sono messo in gioco semplicemente per amore di un’idea.

Mi fanno sorridere tristemente le “analisi” da barca a vela di chi, vivendo, ad oltre 400 km da Ferrara, continua ad avere la presunzione di pontificare nel linguaggio politichese ‘proletario’ che ha determinato la fine di quell’idea. Le bacchettate di coloro che mi danno le pagelle sulle interviste rilasciate dopo la sconfitta, pretendendo di dirmi cosa è giusto dire e cosa non avrei dovuto dire, in nome di quel ‘politicamente corretto’, la cui ipocrisia ha creato una destra forte e tracotante, per non dire altro. Nel bene e nel male io ci credo e sono sincero. Comprendo che ciò appaia inusuale e, talvolta, imbarazzante. Soprattutto per coloro che prima ti hanno chiesto e poi ora pontificano.

Caro Stefano Lolli, sapevo ciò a cui andavo incontro. Ci ho messo l’anima e lo rifarei per la gente che mi ha sostenuto, credendoci. Solo per questo. Per un’idea e non per calcolo. Capisco che questo destabilizzi ma è così. D’altronde sono un asino. Maggi dice cose vere. Tra esse quell’insulto telefonico non rimarrà così. Non si può proferire insulti sessisti ad una donna che, oltretutto, ha una carica istituzionale. Caprini condividerebbe. E, quindi, la stessa maggioranza che annovera tra i suoi esponenti e candidati mezza Questura. Si fa per dire

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