A sorpresa sul palco dell’affollatissima manifestazione contro il lavoro precario è comparso Beppe Grillo. Un intervento, il suo, che è servito, con ritorno alle origini, a galvanizzare il popolo del Movimento Cinque Stelle, ma nel Pd cominciano a venir fuori i malumori. D’Amato lascia l’assemblea. La nota politica.
«Il lavoro è un incantesimo. Bisogna disincantarlo. Non dobbiamo proteggere il lavoro ma il lavoratore – ha detto Grillo – Ci sarà una pandemia che farà milioni di disoccupati: l’industria che oggi assume un ingegnere italiano lo licenzierà per assumerne uno cinese o indiano, e noi non ce ne stiamo accorgendo”.
“Le grandi multinazionali – ha aggiunto – stanno facendo profitti distruggendo, non costruendo posti di lavoro. Le università e le scuole sono impreparate a capire che tipo di lavoro ci sarà fra 20 anni. Il progresso va talmente veloce che non ce ne accorgiamo neanche più. Il reddito universale incondizionato è l’unica battaglia che dobbiamo portare avanti».
Poi il passaggio che, con un’interpretazione capziosa di alcune frasi estrapolate, ha provocato polemiche strumentali da parte di alcuni giornali ed esponenti politici: “Volete il leader! – ha urlato – siate leader di voi stessi. Fate le brigate di cittadinanza. Mettetevi il passamontagna e andate di notte a fare i lavoretti. Mettete a posto i marciapiedi… Reagite, reagite. Tornate a lavorare nei territori. Raccogliete i progetti, mandateli a Conte. Conte prima o poi li capirà. Siamo passati dal vaffanculo a una persona corretta, non è come me, ma è giusto che non sia come me. Io sono oramai come padre Mariano, pace e bene e vaff**** a tutti».
Dopo una telefonata con il presidente del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, Elly Schlein partecipa al corteo contro la precarietà del lavoro soprattutto giovanile, per il salario minimo e reddito di cittadinanza, promosso dall’ex premier. La segretaria del Pd: “Vogliamo unire le nostre battaglie”. L’abbraccio con Conte: “Strada ne abbiamo da fare, ma grazie per esserci”.
NON CI SONO PIU’ LE STAGIONI (POLITICHE) DI UNA VOLTA
di Piero Di Antonio
Le frasi di Beppe Grillo dal palco della manifestazione dei Cinque Stelle contro il lavoro precario, in particolare la parola passamontagna abbinata a lavori di pubblica utilità, ha scatenato lo sdegno non solo del centrodestra, ma anche di qualche malpancista del Pd, non in grado di afferrare il senso delle frasi e della provocazione, forse perché, è solo un’ipotesi un po’ maligna, ancora sotto choc per l’esito delle primarie.
A lasciare l’assemblea del partito, allungando così l’elenco del bollettino dei riformisti-delusi, è stavolta Alessio D’Amato, il candidato alla presidenza del Lazio. Il quale via tweet (ormai i riformisti-dem parlano solo attraverso i social, in piazza ci vanno poco e con i pochi rimasti se ne hanno voglia) ha fatto sapere che è stato un errore politico (di Elly Schlein, ndr) partecipare alla manifestazione dei 5S.
“Vi voglio bene, ma non mi ritrovo in questa linea politica” ha concluso, trattenendo a stento, immaginiamo, una lacrimuccia. Grande spazio sui siti d’informazione, ai quali la manifestazione non è andata a genio perché molto partecipata e forse foriera di un qualche accordo a sinistra. Quindi non come nei desiderata dei riformisti e dei loro editori di riferimento: ovvero un flop. Estrapolare una frase dal contesto è un gioco da ragazzi. La libertà di stampa è, solo formalmente, salva, ma la sostanza sta nel contesto e nei temi politici che lo sottintendono.
Lui, D’Amato, è uno rimasto scioccato dalle parole di Grillo (che tempi, signora mia…) ma resta indifferente a questioni più essenziali, inducendo all’errore o fornendo un assist a coloro che per professione dovrebbero analizzare i fatti e dar loro il giusto peso.
Con la sua uscita dall’affollatissimo club dell’assemblea, le cose nel Pd si complicano parecchio. Lascia, dispiaciuto, un pezzo da novanta, uno che alle Regionali del Lazio, appena 4 mesi fa, è stato surclassato da Francesco Rocca, centrodestra, con il 53,9% di voti contro il suo 33,5.
La Repubblica online, dopo questa performance, scrisse che al numero civico 23 di via Portonaccio, il quartiere romano da cui proviene D’Amato, bombardato nel 1943, “sono tornate le macerie, quelle di un Pd che non riesce a ridare un segnale di vita”. Nessuno ne parla e pochi ricordano che, sempre da Repubblica, “al dem scelto da Carlo Calenda per succedere a Nicola Zingaretti adesso resta una duplice sfida da affrontare: rimettere in piedi il centrosinistra e indossare i panni del leader dell’opposizione a Francesco Rocca”.
Capito? Indossare i panni del leader dell’opposizione a Rocca. E che ti fa, invece, il nuovo eroe del riformismo italiano scandalizzato per l’abbraccio Conte-Schlein e per le innocue parole di Grillo fatte apparire all’improvviso quasi un messaggio delle Brigate Rosse?
Sbaglia persona e fa l’opposizione al suo partito e alla Schlein, che alle primarie aperte a tutti, e non solo alla casta, il partito gliel’ha sfilato via da sotto il naso.
Che tempi! E’ proprio vero, signora mia, non ci sono più le stagioni (politiche) di una volta!