Nelle 26 sedi delle Corti d’Appello si sono svolte le cerimonie d’inaugurazione dell’anno giudiziario. Particolarmente forte contro giornali e tv la relazione del presidente della Corte d’appello di Milano Giovanni Canzio: “Agli attacchi personali, al dileggio strumentale, talora alla infamante gogna mediatica e alle minacce cui sono stati sottoposti, i giudici hanno saputo rispondere” usando “le armi” della “imparzialità ”. Ecco una sintesi delle relazioni e alcuni commenti in alcune sedi: da Palermo a Milano e Bologna.
IL CSM A PALERMO. “Risorse umane – sia magistrati che personale di cancelleria – oltre che risorse tecniche sono fondamentali in uffici impegnati nel contrasto a Cosa Nostra come quelli del Distretto di Palermo”. Così ha parlato Dario Scaletta, ex pm a Palermo, intervenendo oggi alla cerimonia in rappresentanza del Consiglio superiore della Magistratura.
“I seminari e i convegni di studio hanno il loro indubbio valore culturale e sociale, sono fermamente convinto che – ha proseguito – non occorre abbassare la soglia di attenzione né sottovalutare la capacità di Cosa Nostra di autorigenerarsi. Occorre destinare piu’ risorse, non lasciare scoperte le vacanze e questo ho avuto modo di rappresentarlo personalmente nel dibattito in Plenum non meno di tre settimane fa in occasione del bando sui trasferimenti di primo grado ove, prima che fosse presentato un mio emendamento integrativo, venivano destinati magistrati in tutti gli Uffici Distrettuali di grandi dimensioni come Roma Napoli e Milano ad esclusione del Distretto di Palermo”
MILANO, ALLARME PER L’AUMENTO DELLE GUERRE EÂ DEGLI SCONTRI TRA GANG DI GIOVANI E I REATI-SPIA INDICATI DAL CODICE ROSSO. CANZIO: “PER I MAGISTRATI UNA GOGNA MEDIATICA INFAMANTE”
Focus sulla giustizia minorile e il codice rosso nel discorso pronunciato dal presidente Giuseppe Ondei che ha evidenziato come siano in “preoccupante aumento” i procedimenti per i reati contro il patrimonio, ossia “i crimini predatori, come rapine, furti ed estorsioni”, passati “dal 29% al 35%” del totale, “seguiti dai processi per i reati-spia indicati dal ‘codice rosso’ come quelli relativi alla libertà sessuale, ai maltrattamenti in famiglia e agli atti persecutori”, che sono “pari al 10% del totale”.
In aumento, ha spiegato, “sono anche i processi contro la Pubblica Amministrazione (pari al 7% del totale) mentre sostanzialmente stabili, sono le percentuali dei processi riguardanti gli stupefacenti (pari al 7,5% del totale)” e “in netta diminuzione, invece, sono i processi relativi ai reati fiscali (-5%)”. Resta “sempre preoccupante” – è un altro passaggio della relazione – “il numero degli episodi di contrapposizione tra bande giovanili rivali” culminati “in risse con lesioni gravi o gravissime”.
Ondei ha voluto evidenziare anche come “sia in Corte di Appello, sia nella maggior parte degli Uffici di primo grado i tempi di trattazione dei procedimenti penali, già contenuti, si sono ulteriormente ridotti: la Corte presenta un ‘disposition time'”, ossia un tempo medio di durata dei procedimenti, “di 224 giorni, mentre tutti i Tribunali del Distretto sono ampiamente sotto l’anno, tranne Varese che si trova a 947 giorni, ma che è in netta ripresa”.
CATANIA ESPOSTA ALLA DEVIANZA MINORILE, ABBANDONO SCOLASTICO AL 25%, QUATTRO DONNE LASCIANO LA COSCA E VANNO VIA DALLA SICILIA
Il distretto di Catania “si segnala come uno dei territori più esposti dal punto di vista della devianza minorile, che matura in contesti altamente degradati e spesso controllati dalla criminalità organizzata, per di più con un apparato amministrativo assai carente in termini di servizi di prevenzione e accompagnamento pedagogico”.
Lo ha scritto il presidente della Corte d’appello etnea, Filippo Pennisi. “Gli altissimi tassi di devianza minorile – ha aggiunto il magistrato – vanno letti anche in correlazione agli allarmanti dati dell’abbandono scolastico che nella città metropolitana di Catania si attesta intorno a una percentuale del 25,2%”.
Un dato che, assieme ai numeri della devianza giovanile, “pone la città a livelli di primato nazionale, addirittura prima tra le quattordici città metropolitane”. Ma il presidente Pennisi ha rilevato che con il protocollo ‘Liberi di scegliere’, nel periodo in esame, “quattro donne appartenenti a organizzazioni criminali di vertice hanno deciso di aderire ai percorsi di tale progetto e scelto di essere aiutate ad andare via dalla Sicilia con i figli minorenni, proprio allo scopo di sottrarli a un destino ineluttabile; una di loro ha addirittura deciso di accettare il programma di protezione e, pertanto, è stata sottoposta alle speciali misure tutorie previste per i collaboratori di giustizia”
NEL DISTRETTO DELLA CAPITALE IL 47,5 PER CENTO DI ASSOLUZIONI NELLE SENTENZE DI PRIMO GRADO
A Roma “sono state emesse 36.567 sentenze di primo grado, di queste n. 17.399 sono state pronunce assolutorie, con una percentuale complessiva del 47,5%”. Così il procuratore generale facente funzioni di Roma Salvatore Vitello. “E tuttavia, disaggregando il dato complessivo, si può evidenziare come le percentuali di sentenze assolutorie siano difformi a seconda delle sezioni interessate.
Infatti, l’analisi dei dati consente di ricondurre la maggiore percentuale di assoluzioni alle sezioni monocratiche dei Tribunali – ha spiegato – gravate dalle citazioni dirette del Pubblico Ministero ed è auspicabile che, in virtù della riforma e del nuovo parametro di giudizio, l’incidenza delle sentenze di assoluzione possa essere ricondotta ad una misura più ‘fisiologica’, con corrispondente ampliamento delle richieste di archiviazione.
Quanto all’attività della Procura generale si rileva un tendenziale aumento della produttività in tutti i settori d’interesse. L’intervenuta abrogazione dei limiti oggettivi al concordato ad opera della riforma ‘Cartabia’ ha comportato un pur modesto incremento, nel periodo, delle istanze di concordato: quelle sopravvenute sono state 1.289 (a fronte delle 1.243 del periodo precedente), ed un notevole aumento, rispetto al periodo precedente, di quelle accolte”, ha concluso Vitello.
STRAGE DI BOLOGNA DEL 1980. “IL MANDANTE FU LICIO GELLI E D’AMATO IL BENEFICIARIO DI 850MILA DOLLARI”
La Strage del 1980 al centro della relazione firmata dalla Procura generale di Bologna, nella relazione per l’apertura dell’anno giudiziario letta dall’avvocato generale Ciro Cascone e firmata insieme al procuratore generale Paolo Fortuna: “A distanza di oltre 43 anni dai fatti, è ancora viva l’esigenza di ricostruire la Verità sulla strage, che si pone non solo quale momento indefettibile di Giustizia, ma altresì quale primaria forma di risarcimento sociale”.
Nel 2023 si è concluso il processo d’appello a Gilberto Cavallini, con sentenza dove è stata riconosciuta l’imputazione di “strage politica”, si ricorda, mentre in primo grado l’attentato era stato derubricato a “strage comune”. La prossima settimana, il 31 gennaio, inizia invece il processo d’appello a Paolo Bellini: quest’anno è stata depositata la sentenza di primo grado su di lui, che ha affrontato per la prima volta il tema dei mandanti-finanziatori.
“A monte dell’eccidio -sottolinea la Procura generale – è stata data ampia motivazione del ruolo di Licio Gelli quale finanziatore e di Federico Umberto D’Amato (agente dei servizi segreti) quale destinatario di una ingente somma di denaro (850mila dollari) inserita nella contabilità del ‘documento Bologna’”.
A PALERMO ANCORA FORTE IL RADICAMENTO DI COSA NOSTRA, PERDURA LA CICLICA CONTRAPPOSIZIONE DELLA POLITICA CON LA MAGISTRATURA
A Palermo il presidente della Corte d’appello, Matteo Frasca, ha affrontato il tema Cosa nostra che “non è stata ancora debellata e conserva un forte radicamento nei territori di questo distretto che ne costituiscono l’epicentro, con la conseguenza che è necessario destinarvi risorse adeguate per un’efficace azione di contrasto anche in sede giudiziaria”. Il distretto comprende le Procure di Agrigento, Sciacca, Marsala, Trapani, Palermo e Termini Imerese ed è per dimensioni il quinto dei 26 distretti italiani.
“Occorre una progettualità complessiva e autentica che, però, richiede un’azione sinergica, una serena cooperazione e un fisiologico confronto tra i poteri dello Stato – aggiunge Frasca – Purtroppo riemerge invece, con esacerbante ciclicità che spesso prescinde dalle contingenti maggioranze politiche, una logorante contrapposizione con la politica che assume le connotazioni e i toni dello scontro istituzionale.
Uno scontro che certamente non è né voluto né alimentato dalla magistratura, che continua nella intransigente difesa dei principi costituzionali e nella coerente denuncia pubblica dei rischi che derivano da questo o quel progetto di riforma o anche dalla mancata adozione degli interventi necessari’.