In quella che un tempo era l’Emilia Felix, imperversa, e non da oggi, un fenomeno preoccupante e che per ora in pochi riescono ad arginare: il dilagare delle baby gang o, per dirla con lo slang giovanile di questi tempi, dei cosiddetti maranza. Quali sono i segnali e i fatti che devono metterci sull’avviso? Sara Di Antonio, giornalista e scrittrice, ha pubblicato sul primo numero del magazine TUTTOREGGIO un articolo che descrive il mondo delle baby gang, raccontandoci anche di come alcune gang particolarmente pericolose circolino armate e indisturbate. E’ stata scelta una città simbolo, Reggio Emilia, dove la politica della cosiddetta sinistra emiliana ha avuto e ha un peso predominante rispetto ad altre realtà della regione, e che ora – dopo il verificarsi di alcuni episodi allarmanti di cui si sono occupate le cronache locali – possiamo prendere a modello di un fenomeno che può estendersi in altre comunità emiliane, se non già raggiunte.
di Sara Di Antonio
— A Reggio Emilia è davvero allarme baby gang? Il 2024 è iniziato con il brutto spettacolo di un Isolato San Rocco vandalizzato, con i vasi di un negozio ridotti in macerie. Urli, schiamazzi, botti lanciati già da ben prima della mezzanotte, in una sera di Capodanno che ha colpito negativamente, nella sua atmosfera disordinata e caotica, molti reggiani. Un centro che da diversi anni a questa parte, soprattutto nell’area a nord della via Emilia, in una cesura ideale e fisica della zona a traffico limitato, è sempre più frequentato dai cosiddetti “maranza”, i giovani spesso di origine maghrebina che hanno un particolare modo di muoversi, di camminare, di vestirsi, ma che non nascondono, nel comportamento come nelle canzoni, di vivere al limite della legalità.
Le canzoni, appunto. Non c’è ragazzo reggiano, di qualsiasi età, che non conosca, almeno per sentito dire, qualche strofa delle canzoni di Casabase (“il flow timbro da Reggio Emilia perché la drill è Casabase”), dalla nota “Piazzale Europa” (“Pia-Piazzale Europa/Casabase, siamo soldi e coca”), passando per l’originalissima e irriverente “Giorgia Meloni freestyle”, fino al video con la bandiera della Tunisia sventolata in via Monte San Michele, nel brano dall’eloquente titolo: “Reati” (“Vuoi sapere della Francia chiedi a mio fratello / Lavoravo 6 euro all’ora / Miei fratelli senza diploma / Coi reati facevam soldi / Quindi non andavamo a scuola”). I reati non sono una posa, ma spesso una realtà: tra il 2022 e il 2023, alcuni componenti della gang “Casabase” sono stati accusati di rapine, lesioni, accoltellamenti, aggressioni.
Ma il collegamento tra un certo modo di vestire, il tipo di musica che si ascolta e la propensione a delinquere non può essere automatico: anche i ragazzini delle famiglie di ceto medio si salutano con l’espressione “Ciao, bro’”, e imitano linguaggi e vestiario dei ragazzi di strada. Come se un immaginario collettivo, quello delle periferie prima francesi – pur nell’evidente diversità con l’Italia, fra tutte l’enorme questione del post-colonialismo – e poi delle periferie milanesi si fosse improvvisamente traslato su una generazione intera, senza distinzioni.
E allora vi è la corsa a vestire con il borsello, la sacoche, capi fintamente sportivi, i jogger pants e le felpe enormi con cappuccio, accompagnati da altri elementi di moda urbana, improntati a un simbolismo nuovo, che parte dalle periferie per arrivare al centro, con un meccanismo inverso rispetto a quanto accadeva in passato. Dagli evidenti richiami simbolici: la parola fratello (fra’, bro’) con cui si apostrofano i ragazzi e le ragazze tra loro, in un tipico slang giovanile, ha una radice fortissima, risalente al Nord Africa, dove, spiega il linguista Jean Pierre Goudaillier, le popolazioni maghrebine utilizzavano con frequenza questo termine e i francesi colonizzatori se ne appropriarono già nell’Ottocento.
Oggi, sono i nordafricani presenti nella nostra società, in un gioco instancabile di rimandi, a imporre questo termine nell’uso quotidiano, in un linguaggio che il sociologo Bourdieu definisce: “il simbolo di una rivolta, un rifiuto e una derisione dell’ordine prestabilito, impersonificato dall’uomo che la società insegue e censura”.
Da Tunisi a Reggio Emilia il passo è breve: e nella città del pragmatismo emiliano le cose, non solo a Capodanno, dimostrano di essere cambiate. Nell’analisi: “Le Gang Giovanili in Italia” dell’Università Cattolica, la nostra città è interessata dall’esistenza di gruppi che si ispirano a organizzazioni criminali estere (come, appunto, quelli delle banlieue francesi).
Ancora una volta prevedibile l’origine di questi fenomeni: “La nascita di questi gruppi è stata spesso associata alle difficoltà di integrazione di giovani o giovanissimi recentemente immigrati nel paese a seguito di ricongiungimenti familiari. Questo tipo di gang giovanili rimane tuttora presente prevalentemente al Nord e Centro del paese, in maniera significativa nelle province di Milano, Modena, Reggio Emilia e Sassari”.
E, ancora: “I membri sono in prevalenza giovani di origine straniera (di prima o seconda generazione) e sono spesso in situazione di marginalità o disagio socioeconomico”. Una richiesta di commissione consiliare sul fenomeno è stata rivolta al Comune capoluogo dal gruppo consiliare di Alleanza Civica, e accolta otto mesi dopo. Nella seduta di commissione “Sicurezza e cultura della legalità” del dicembre 2023, visibile sul canale YouTube, il comandante della Polizia Locale Stefano Poma ha descritto il lavoro dei suoi agenti: “Abbiamo identificato 294 ragazzi sparsi su tutto il territorio, abbiamo la scheda di ognuno di loro, sappiamo dove questi gruppi si ritrovano, anche perché ci sono dei gruppi che girano da un parco all’altro, mescolandosi”.
In definitiva, “ogni volta che arriva una chiamata in centrale, sappiamo chi sono e interveniamo, ovviamente con gli strumenti che la legge consente. Questo per dire che poi parte la denuncia, si procede con il Tribunale dei Minori e in seguito con l’attivazione dei Servizi Sociali”. Nello spaccato del capo della Polizia locale, emergono gli scooter rubati e abbandonati non appena finisce la benzina, l’assenza di screzi tra bande, che agiscono in maniera indipendente, l’indifferenza o quasi delle famiglie d’origine, e un preoccupante abbassamento dell’età rispetto alle devianze.
Del resto, i penalisti confermano: il Tribunale dei Minori di Bologna, con i suoi 2.500 fascicoli l’anno, registra casi di ragazzi sempre più piccoli, mentre è il capoluogo di Regione, Bologna, a contare il più alto indice di criminalità giovanile. Per questo, dicono dal Comune, è stato attivato un percorso coinvolgendo l’Ufficio Scolastico provinciale, per accompagnare i ragazzi nell’età della scuola superiore di primo grado: le vecchie scuole medie, il grande buco nero del sistema dell’istruzione italiana.
La consigliera Perri è docente di scuola superiore proprio laddove vi è un’emergenza educativa, e racconta: “Le mie otto classi del MAT, cioè del meccanico, sono classi in cui i ragazzi arrivano dopo fallimenti a seguito di poca voglia di studiare, classi nelle quali c’è il ritiro sociale, classi in cui c’è il tentativo di orientare questi ragazzi verso una formazione professionale. Se il pensiero va alle parti più fragili della società – aggiunge- che siano le seconde, terze e quarte generazioni di reggiani di diversa origine, dobbiamo fare lo sforzo di formarci tutti: docenti, educatori, politici, amministratori e genitori, e metto come prima cosa i genitori. Dobbiamo cercare noi di comprendere loro e il loro linguaggio, seppure fuori da ogni tipo di fraintendimento che possa essere giustificativo di violenza e di atteggiamenti sessisti e omofobi. La città è cambiata, così come sono cambiati i giovani di questa città”.
La città è cambiata, quasi irriconoscibile. I giovani, reggiani di origine o provenienti da altri continenti o da altre parti d’Italia, pure. Ce lo conferma l’ultimo Rapporto della Camera di Commercio 2023: i ragazzi tra i 15 e i 24 anni a Reggio e provincia sono 28.200, non un’enormità, ma il saldo naturale dell’intera popolazione nel 2022 è +658 per gli stranieri e -2.935 per gli italiani; il saldo migratorio è di +1.800 in netta prevalenza straniero; il saldo naturale complessivo degli ultimi tre anni è -12.000 abitanti, vale a dire che nonostante i rinforzi stranieri, il declino demografico, anche a Reggio, prosegue.
Non va meglio neppure sul fronte del disagio psichico, con gli utenti della neuropsichiatria infantile che raddoppiano nel giro di 12 anni (10.074 nel 2022), così come i minori con gravi crisi psichiche ricoverati in ospedale e quelli ricoverati in strutture psichiatriche protette, mentre in tutta Italia sono 700.000 gli adolescenti dipendenti da web e videogiochi.
Preoccupante pure quanto accade sul fronte del mercato del lavoro, florido nella nostra provincia, ma che registra un passaggio insolito dagli occupati (-9.800) agli inattivi (+8.000): un flusso preoccupante di persone che decidono di incrociare le braccia, non studiano né cercano un lavoro. Le soluzioni sono complesse, ma secondo molti studiosi hanno una parola d’ordine: periferie, che nella nostra città coincidono con un pezzo di centro storico, in un legame ideale tra il Piazzale Europa di Casa Base fino alla fontana del Valli (davanti al teatro), e, lo abbiamo visto, all’Isolato San Rocco.
Gli studiosi Andrea Di Giovanni (Polimi) e Vittoria Paglino nel saggio: “La città, le politiche, i progetti e la musica trap” hanno alcuni suggerimenti: “Occorre creare le condizioni affinché un rinnovato progetto di rigenerazione urbana possa fondarsi sulla ricostituzione di un adeguato apparato di welfare materiale che sostenga le esperienze formative delle generazioni più giovani (e non solo di quelle, naturalmente) e apra traiettorie autodeterminate di promozione individuale e collettiva. Le dotazioni materiali di welfare urbano rappresentano oggi la principale lacuna di molte periferie metropolitane italiane. In questi casi diventa necessario ridefinire la spazialità materiale dei contesti metropolitani, dotandoli di luoghi e possibilità di incontro e relazione, ovvero di occasioni socialità e di opportunità abilitanti. Occorrerà tempo, ma soprattutto occorrerà tornare a investire sulla dotazione materiale pubblica della periferia metropolitana”. La prossima amministrazione comunale sarà in grado di raccogliere la sfida?