Una casa tra le fronde è il sogno di tutti i bambini e forse anche di qualche adulto. L’idea che ha ispirato l’hospice pediatrico “L’Arca sull’albero”, progettato da Renzo Piano, finanziato dalla Fondazione Hospice Maria Teresa Chiantore Seragnoli Onlus e inaugurato a Bologna, è quella della leggerezza e del sollievo. Ed è per questo che è stato progettato sollevato da terra, pieno di luce e di ponti sospesi, immerso in un bosco di robinie, con oasi verdi anche all’interno.
“Ho fatto cose tecnicamente anche molto complesse, ma forse umanamente questa è stata la più difficile di tutte”, ha detto l’architetto intervenendo all’apertura.,La bellezza e la cura per ogni dettaglio, dagli oblò per vedere il cielo nelle camere alla sala per la meditazione, alle grafiche realizzate da Altàn, permeano gli spazi della struttura, 8.350 metri quadrati pronti dopo l’estate ad accogliere 14 pazienti, da 0 a 18 anni, con otto appartamenti per le loro famiglie.
Accreditata con il Servizio sanitario, sarà centro di riferimento regionale per l’erogazione dei servizi di cure palliative pediatriche della Regione Emilia-Romagna, l’ottavo hospice pediatrico in Italia, fortemente voluto da Isabella Seragnoli, mente e anima della Fondazione.
“Noi esseri umani siamo la somma di tutto quello che abbiamo letto e vissuto e chi non ha letto il barone rampante di Calvino…”, ha detto ancora Renzo Piano, raccontando della sfida intrapresa e portata a termine dal suo studio, Renzo Piano Building Workshop. “Un architetto deve mettersi nei panni di chi userà l’edificio. Ma come fai a metterti nei panni dei bambini malati? È praticamente impossibile, e anche mettersi nei panni dei genitori è ancora più terribile. Un pezzo di vita che se ne va, in apnea, in attesa. Difficile entrare in questa sofferenza. Abbiamo pensato: perché non facciamo un edificio sollevato dal terreno? Che non tocca terra, in sospensione”.
Sull’hospice pediatrico di Bologna è intervenuto con un articolo sul sito Cantiere Bologna anche Fulvio De Nigris, direttore del Centro studi per la ricerca sul coma, Gli Amici di Luca nella “Casa dei Risvegli Luca De Nigris”
Progettato da Renzo Piano e finanziato e realizzato dalla Fondazione dell’imprenditrice bolognese Seragnaoli – scrive De Nigris – il nuovo hospice pediatrico immerso nel verde rivoluziona la concezione degli spazi per le cure palliative pediatriche. Perché anche nella malattia può esserci una grande creatività, un grande abbraccio, una grande serenità. La stessa che si percepisce attraversando i luoghi di questa meravigliosa “Arca sull’albero”
L’“Arca sull’albero” è un’opera imponente, sorprendente. Un’idea che si è fatta realtà percorrendo il sentiero dei sentimenti e l’autostrada delle risorse. Dove il pensiero di quest’altra opera benefica realizzata, sta tutto nel titolo della tesi (che mi piacerebbe leggere) dal titolo “L’uso del denaro privato in funzione pubblica” che Isabella Seragnoli presentò quando ricevette la laurea honoris causa nell’aula absidale di Santa Lucia.
Ho avuto l’onore di essere stato tra gli invitati all’inaugurazione di questo nuovo luogo di cura. Un luogo che non accompagna solo alla morte, ma che parla di vita, di sollievo, di speranza. La speranza che non è soltanto il miracolo della guarigione ma il miracolo che è sempre cambiamento, accettazione, condivisione, accompagnamento in quella dimensione altra che si vorrebbe evitare, da cui corriamo sempre avanti per inseguire la vita, ma che alla fine ci raggiunge sempre.
Renzo Piano, che è un giovane di 86 anni, ha parlato di “sospensione” e anche questa struttura, creata su una sorta di palafitte, parla di questo. Di una sospensione che riguarda i bambini e i loro genitori, le loro famiglie, impegnate in un momento difficile della loro vita. Andrea Canevaro, il pedagogista che ha creato il progetto educativo della nostra Casa dei Risvegli Luca De Nigris parlava di «tempo dell’attesa». Un tempo che può essere angosciante, ma che invece diventa propositivo, pieno di azioni, di benessere, anche di felicità, una felicità che nella malattia sembra essere negata.
E invece non è così. Nella malattia ci può essere il tempo della normalità, della vita quotidiana che è dedicata a chi va curato ma anche a se stessi. Non c’è egoismo nella malattia, c’è invece una grande creatività, un grande respiro, un grande abbraccio, una grande serenità. E percorrendo i luoghi dell’“Arca sull’albero”, le 14 stanze a cielo aperto per altrettanti bambini e spazi per i familiari, si percepisce questo. La cura nei materiali di pregio, nel letto a scomparsa per il caregiver di fianco al letto dell’ospite, per gli spazi comuni, per i laboratori dove gli stimoli visivi e la musicoterapia la fanno da padrone.
Per noi il tempo dell’attesa spera nel risveglio che a volte arriva, a volte no. Spera nel ritorno della coscienza, nel sollievo e in una ricerca che possa aiutare a ritornare alla vita. Anche qui il tempo dell’attesa può coincidere con il sollievo, con la ripresa, ma il più delle volte ti accompagnata verso la “stanza del commiato”, un luogo di tutte le religioni, dove finalmente poter far pace (forse) con la morte.
Ma c’è un altro aspetto straordinario di questa struttura ed è il suo essere immersa nel verde. Un verde non comune, ma curato da un architetto del paesaggio quale Paolo Pejrone, che ne ha descritto con passione e professionalità il grande percorso che ha dovuto compiere, provando a farci immaginare quale sarà, nella crescita, la trasformazione che questo verde provocherà nei prossimi anni.
Un’inaugurazione di conoscenza, riempita dalle parole della palliativista Julia Downing, di Francesco Tullio Altan autore dei disegni nella struttura; una serata emozionante che ha coinvolto tutti con le letture dal “Barone Rampante” di Calvino a opera di Gabriele Salvatores, le note della violinista Laura Marzadori, le musiche del maestro Nicola Piovani, lo show di luci estremamente coreografiche riprese dai droni, la cena a cura di Massimiliano Alajmo.