La Procura di Reggio Calabria ha disposto la riesumazione della salma di Amedeo Matacena, l’ex parlamentare di Forza Italia morto il 16 settembre 2022 mentre era latitante a Dubai dove si era trasferito da tempo per sfuggire alla condanna per concorso esterno in associazione mafiosa rimediata nel processo “Olimpia”. Lo scrive la Gazzetta del Sud.
L’inchiesta, coordinata dal sostituto procuratore Sara Parezzan, riguarda anche la morte di Raffaella De Carolis, la madre di Matacena, deceduta anche lei a Dubai il 18 giugno 2022, tre mesi prima del figlio. Matacena ufficialmente è morto per infarto del miocardio ma evidentemente la Procura non è convinta e ha aperto un’indagine per accertare la causa del decesso e capire se lo stesso possa essere collegato con quello della madre.
Proprio per questo, nei giorni scorsi l’ex procuratore Giovanni Bombardieri, l’aggiunto Stefano Musolino e il pm Parezzan hanno disposto l’autopsia che sarà eseguita dal medico legale Aniello Maiese e dalla tossicologa Chiara David. Mentre la salma di Raffaella De Carolis si trova a Reggio Calabria, l’ex parlamentare Matacena è seppellito al cimitero di Formia.
Matacena, che era deceduto poco dopo essere stato portato in ospedale, viveva negli Emirati Arabi da circa 10 anni dopo essere stato condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa. L’ex-parlamentare, in passato, era stato legato all’annunciatrice televisiva Alessandra Canale e, dopo il divorzio dall’ex moglie, Chiara Rizzo, si era da poco risposato con Maria Pia Tropepi, ex modella e medico.
La Tropepi (nella foto da Fb con Matacena a Dubai) è indagata per duplice omicidio. Il padre di Matacena, morto nel 2003, aveva creato la società “Caronte” per la gestione dei servizi di traghettamento nello Stretto di Messina ed era stato presidente della Reggina calcio.
Attivissimo in politica fin dalla fondazione di Forza Italia, viene eletto a Montecitorio nel 1994 e riconfermto nel 1996, fino al 2001, quando, inaspettatamente non viene ricandidato. Su di lui, infatti, pendeva la maxi inchiesta “Olimpia”, un’indagine della Procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria. Da quelle vicende, iniziano i guai giudiziari per l’ex parlamentare. Scaricato da Forza Italia e senza l’immunita’ parlamentare, Matacena è inseguito dagli inquirenti soprattutto per i suoi asseriti rapporti con la cosca Rosmini.
Nel luglio 2012, subisce la prima condanna in Appello, anche per i suoi contatti con il clan Alvaro di Sinopoli. Fu fotografato al matrimonio della figlia del boss Carmine Alvaro ‘u cupertuni”, fino alla sentenza definitiva della Cassazione a tre anni di reclusione, inflittagli nel luglio 2014, dopo numerosi ricorsi e contro ricorsi.
Al momento della condanna, Matacena era gia’ residente nel Principato di Montecarlo, dove si era sposato con Chiara Rizzo, appartenente ad una famiglia borghese di Messina. L’ex parlamentare anticipa la richiesta di estradizione e riesce a raggiungere le isole Seychelles, e da li’, ripara a Dubai, dove viene fermato da agenti del servizio segreto italiano che gli sequestrano il passaporto, notificandogli il mandato di cattura internazionale.
Nella fuga viene aiutato dall’ex ministro dell’Interno Claudio Scajola, e un successivo tentativo di Matacena di raggiungere il Libano, viene bloccato per indisponibilita’ delle autorita’ della Repubblica mediorientale. Claudio Scajola, per procurata inosservanza della pena, verra’ successivamente condannato in primo grado dai giudici di Reggio Calabria a un anno di reclusione.