In Catalogna, alle elezioni per il parlamento regionale, la vittoria dei socialisti è stata chiara, l’arretramento del fronte indipendentista anche. Quel che non è chiaro a nessuno è quale sarà la prossima maggioranza della regione autonoma di Barcellona.
Il Psc (Partito socialista catalano) guidato da Salvador Illa ottiene il 27,95% dei voti e 42 seggi, 9 in più rispetto al 2021. Un buon risultato, rispetto al passato, va anche al Partito popolare (centrodestra, all’opposizione nel Parlamento di Madrid) con il 10,97% dei voti e 15 deputati: “Un risultato straordinario”, commenta il leader nazionale Alberto Núñez Feijóo. I popolari sono ora la quarta forza politica in Catalogna, superando l’estrema destra di Vox, il partito alleato con Giorgia Meloni, che non sfonda, confermando con il 7,9% gli 11 deputati che aveva.
Il dato politico più appariscente è che il fronte indipendentista perde la maggioranza assoluta che manteneva da 13 anni. Junts, il partito del leader storico in esilio Carles Puigdemont, resta il secondo partito con il 21,62% dei voti e 35 seggi, 3 in più del 2021. Ma al contempo Erc (Esquerra Republicana de Catalunya), il partito del governatore uscente Pere Aragones, registra un brusco calo con il 13,68% dei voti e 20 deputati, ben 13 in meno delle scorse elezioni.
Male anche la sinistra radicale indipendentista della Cup che si ferma a 4 seggi perdendone 5. Comuns Sumar ne ottiene 6 perdendone 2. Entra nel Parlament con due deputati l’estrema destra indipendentista di Aliança Catalana.
Si apre ora il rebus delle alleanze, dal momento che il vincitore dovrà necessariamente fare accordi con altri partiti per avere una maggioranza di governo. Stando ai numeri, il candidato socialista Salvador Illa avrebbe le carte migliori per diventare il nuovo governatore e infatti lo rivendica subito coinvolgendo le altre forze politiche: “Nessun catalano rimarrà fuori dalla nuova tappa”, dice a risultati ormai acclarati. Per arrivare alla maggioranza assoluta dei 68 seggi avrà bisogno dell’appoggio di Comuns Sumar ed Erc, quanto meno.
Ma la strada non è facile: Erc dovrà aprire una riflessione dopo il crollo di consensi e non è detto che decida che l’abbraccio con i socialisti sia la cosa più conveniente. Il governatore uscente Pere Aragones sembra già arrivato alla conclusione che no, non conviene: e infatti a caldo si affretta a dire che Erc “lavorerà dall’opposizione, assumendo la volontà dei cittadini”. Dall’opposizione, peraltro, Erc potrebbe astenersi e consentire ai socialisti di Illa di formare un fragile governo di minoranza.
Intanto Carles Puigdemont dalla Francia fa subito capire che non rinuncia a tornare presidente della Generalitat, come fu prima del suo esilio: e lancia l’appello a costruire un “governo solido di pura obbedienza catalana”, in sostanza cioè un’alleanza di tutte le forze indipendentiste contro i partiti centralisti. Che però, come si diceva, non avrebbe i numeri. L’unica sua consolazione: comunque la si giri, al momento, i numeri non li ha nessuno. Un ritorno alle urne non è affatto escluso.
Il test in Catalogna marca la tenuta del governo del premier socialista Pedro Sanchez, che per la sua sopravvivenza in Parlamento dipende dai partiti catalani pro-indipendenza. Ormai lontane le rivendicazioni dei referendum del 2017 che chiedevano l’uscita della regione dallo Stato spagnolo, le trattative e poi l’intesa con Sanchez si sono centrate sull’amnistia per i “prigionieri politici” (come i leader di Junts definiscono i loro attivisti processati e incarcerati per aver organizzato il referendum). Nonostante le acute proteste delle destre, l’amnistia sarà approvata in via definitiva a fine mese.
Sanchez dunque sperava in un buon risultato per il suo partito e l’ha ottenuto, sperava di depotenziare alleati indispensabili ma fastidiosamente esigenti, e ci è riuscito.
Tanto gli basta per parlare di un voto “storico”: che apre, dice, una “nuova fase”. E ancora: “Da oggi si apre una nuova tappa in Catalogna per migliorare la vita dei cittadini, ampliare i diritti e rafforzare la convivenza”. Fino a concludere con toni quasi lirici: “La Catalogna è pronta a realizzare un nuovo futuro e inaugurare un tempo di speranza”.