di Sara Di Antonio

È stato magnifico arrivare alla Scala in mezzo a una città blindata e offesa dalla pioggia – e dallo sterco sul tappeto rosso – e poi ascoltare l’inno italiano osservando i volti delle nostre tante Italie, Segre, La Russa e Sala: tutti altrettanto commossi e sinceri, perché il Paese è di tutti, se no non si chiamerebbe piena democrazia.
È stato quasi irreale condividere il palco con un attore del calibro di Alessio Boni, il quale chiaramente ha parlato di teatro e di cose altissime, e io sono rimasta in silenzio fino a quando non si è infilato gli occhiali come fanno tutte le persone normali, e allora ho capito che effettivamente non stavo sognando.
È stato splendido essere coccolata dalla troupe della Rai, mentre Alessandro spiegava in televisione che una versione così bella noi no, effettivamente non l’avevamo mai sentita, e ci venivano i brividi mentre l’ascoltavamo; ma lui l’ha detto con termini diversi, e dopo avere letto qualche libro su Verdi, e consultato perfino degli appunti e delle lettere in cui consigliavano a Verdi di trovare degli attori davvero bravi, altrimenti l’opera così com’era non aveva senso.
Io invece so solo che mi sentivo come Cenerentola che si presenta al gran ballo, e ringraziavo e sorridevo con il calice in mano, mentre ero fasciata da un abito di Sergio Boutique che ringrazio per la pazienza con cui stamattina ha accolto il mio arrivo improvviso, caotico e trasognato.
E poi sì, ci siamo divertiti, e Milly Carlucci è davvero infinitamente splendida come sembra e Bruno Vespa capisce le cose ancora prima che tu apra bocca. Ma questo non ve lo devo dire, lo sapete già.
Come sapete che abbiamo pianto, pianto tanto, di commozione di fronte alla Netrebko, di gioia e di gratitudine alla vita.
Perché è chiaro che è il destino a scegliere per noi.
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