venerdì 31 Gennaio 2025

C'è una crepa in ogni cosa. E' da li' che entra la luce (Leonard Cohen)

LA LUNGA MARCIA INDIETRO

di Piero Di Antonio

— L’ex premier Romano Prodi rompe un lungo silenzio e traccia una strada per il centrosinistra, sottolineando la necessità di una coalizione ampia e un programma comune per vincere le prossime elezioni. Intervenendo nel dibattito politico, il Professore ha ribadito la necessità per il Partito Democratico di costruire un’alleanza capace di raggiungere il 50% dei consensi: “Il Pd è il più grande partito di opposizione, ma non basta. Serve una coalizione di ampio respiro, un programma comune e la capacità di dialogare con altre forze politiche. Accanto al Pd, bisogna costruire l’altra metà necessaria per vincere.”

L’ex presidente del Consiglio – che per due volte ha vinto le elezioni ma che altrettante volte ha perso il governo ha sottolineato che il compito spetta alla segretaria del Pd, Elly Schlein, la quale ha due anni per dimostrare di essere in grado di realizzare questo progetto: “Dipende da lei, dalla sua capacità di proporre innovazioni e di costruire una coalizione vincente. La democrazia non offre alternative: o si convincono le persone attraverso un progetto comune, o si rischia di cedere il passo a figure come Trump o Berlusconi, che fanno leva su una forza economica e personale straordinaria.” Prodi ha parlato di un momento cruciale per il centrosinistra: “Siamo in un passaggio storico. Occorre prepararsi a un possibile ritorno al governo, ma la struttura e l’organizzazione attuale non sono sufficienti.

Bisogna iniziare a pensare al futuro, non solo a come stanno le cose oggi, ma a come costruire una coalizione che possa arrivare al governo”. L’ex premier ha invitato il Pd a riflettere su tre punti: 1) Definire un programma chiaro e convincente; 2) dialogare con le forze politiche esistenti; 3) costruire un’alleanza ampia che includa l’altra metà dei voti necessari per vincere.

Richiamando il successo dell’Ulivo, Prodi ha sottolineato l’importanza di coinvolgere i cittadini e creare un progetto che possa unire diverse forze: “Ero uno straccione rispetto a Berlusconi, ma ho parlato a centinaia di migliaia di persone, le ho convinte e con loro ho costruito un programma comune. Questo è il modo in cui si vince in democrazia.” Tuttavia, l’ex premier non ha nascosto le difficoltà del momento, riconoscendo che l’organizzazione del centrosinistra deve essere completamente ripensata per affrontare le sfide future.

A non pochi osservatori, le uscite di Prodi, che terrebbe per sè il ruolo di padre nobile, appaiono strumentali, sintomi di strategie vecchie e perdenti. I cattolici rivendicano un ruolo maggiore e più visibile nel partito, lo ripetono da mesi. Nella  convention di Milano del 18 gennaio, presenti lo stesso Prodi ed Ernesto Maria Ruffini, questa rivendicazione è stata posta con forza. Come si capta dagli ambienti vicini alla segretaria e dai pensieri dei sinceri progressisti, i dubbi sulla Schlein stratega non vincente non è male ricordare che è diventata leader dem grazie al popolo del centrosinistra e non dell’apparato di partito nasconderebbero la voglia di un nuovo Ulivo.

Il centrosinistra starebbe preparando un piatto riscaldato e insapore, ricetta senza gli ingredienti necessari per affrontare i cambiamenti e i disastri dei tempi attuali. Questo chiedere a Elly di farsi da parte per far posto, si dice, ai veri professionisti porta con sè rischi che la stessa Schlein vorrebbe evitare: ripiombare nel politicismo e avvitarsi su dibattiti che finiscono per rientrare in uno schema di gioco incomprensibile e perdente. La leader dem rivendica invece proposte concrete, sicura di avere la credibilità nel sostenerle.

Se i cosiddetti riformisti del Pd sono venuti allo scoperto dicendo peraltro No al referendum contro il Jobs Act voluto dal centrista Renzi (l’ultimo a schierarsi in queste ore è stato l’ex ministro Delrio), la segretaria mantiene la rotta dei cinque Sì.  Le due linee sono in rotta di collisione, schemi diversi, ma in più con un evidente handicap della “cosa cattolica” che pochi a sinistra hanno notato, per distrazione o per finta: le parole dei riformisti o cattolici volano talmente alto che si perdono tra le nuvole del generico e quindi dell’incomprensibile, con scarse possibilità di coinvolgere il  popolo del centrosinistra in battaglie concrete e urgenti.

La segretaria, non da oggi, ha una grave colpa agli occhi dei cacicchi, non chiede mai consigli su che cosa fare. Non li chiede neanche al Professore che, a quanto pare, in queste settimane si offre come sponsor di una nuova politica le cui carte, nel gioco scelto dalla “cosa cattolica“, sono state scoperte proprio a Milano, quando il nuovo enfant prodige del “centro del centrosinistra“, Ruffini, ha sostenuto l’esigenza di una maggioranza Ursula. Tradotto, un Partito Democratico che si allea con Forza Italia e cespugli vari, senza i Cinque Stelle e l’Alleanza Verdi Sinistra.

In questo modo si torna alla lunga marcia verso il centro abbracciandone i principi alquanto fumosi che lo animano, con un prevedibile arrivo alla casella di partenza: l’opposizione. Ma, come si sa, al popolo del centrosinistra è sufficiente avvitarsi e macerarsi nel più classico dei tormentoni post-elettorali, perché la Destra ha vinto?, sbagliando  ancora una volta domanda. Quella giusta suona più o meno così: ma perché abbiamo perso?

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