venerdì 22 Novembre 2024

C'è una crepa in ogni cosa. E' da li' che entra la luce (Leonard Cohen)

CERVELLO UMANO collegato a un computer: siamo già nella fantascienza

Neuralink Corporation di Elon Musk ha annunciato di aver impiantato per la prima volta un dispositivo cerebrale tra il cervello di un uomo e un computer. Obiettivo: arrivare a leggere il pensiero e combattere, per debellarle, anche malattie degenerative come  Sla e Parkinson. Un salto nella fantascienza non esente da rischi.

L’interfaccia cervello-computer può essere, infatti, hackerata da soggetti esterni che potrebbero introdurre delle perturbazioni, alterando così la lettura che l’algoritmo fa del nostro cervello. A differenza dell’australiana Synchron, l’impianto del dispositivo avviene con il taglio del cranio, quindi con un’operazione neurochirurgico invasiva.

L’ANNUNCIO. La notizia arriva con un post su X di Elon Musk: la sua startup Neuralin Corporation – azienda statunitense di neurotecnologie, fondata a Fremont da un gruppo di imprenditori che si occupa di sviluppare interfacce neurali impiantabili –  ha installato il suo primo impianto cerebrale in un essere umano, con risultati iniziali “promettenti”. L’azienda di neurotecnologie co-fondata da Musk nel 2016 punta a costruire canali di comunicazione diretta tra il cervello e i computer.

L’ambizione è quella di potenziare le capacità umane, curare disturbi neurologici come la SLA o il Parkinson e forse un giorno realizzare una relazione simbiotica tra uomo e Intelligenza Artificiale. Dispositivi connessi da impiantare nel cervello per comunicare con i computer solo attraverso il pensiero. Quella che fino a pochi anni fa poteva sembrare fantascienza potrebbe a breve diventare una realtà alla portata di chi potrà permetterselo.

“Il primo essere umano ha ricevuto, ieri, un impianto da Neuralink e si sta riprendendo bene”, ha detto Musk in un post su X, ex Twitter. “I risultati iniziali mostrano un promettente rilevamento dei picchi neuronali”, ha aggiunto.

L’anno scorso la start-up ha dichiarato di aver ottenuto l’approvazione delle autorità di regolamentazione statunitensi per testare i suoi impianti cerebrali sulle persone. La tecnologia di Neuralink funzionerà principalmente attraverso un impianto chiamato “Link”, un dispositivo delle dimensioni di cinque monete impilate che viene inserito nel cervello umano attraverso un intervento chirurgico invasivo.

PER SAPERNE DI PIU’. A metà 2019 molte persone hanno sentito per la prima volta parlare di BCI (Brain Computer Interface – Interfaccia cervello-computer,  in italiano). È successo quando lo stesso Elon Musk ha presentato i primi risultati degli studi sulle BCI condotti dalla Neuralink una delle sue società: un sistema basato su elettrodi da impiantare nel cervello per creare, appunto, una interfaccia, un collegamento costante cervello-computer.

La scienza lavora alle BCI da quasi quarant’anni e di BCI già pronte e funzionanti ce ne sono diverse, anche se non sono così sofisticate come quella di Musk. Ma che cosa è una Brain Computer Interface? E perché sta assumendo un’importanza sempre crescente?

Sotto l’acronimo di BCI vengono racchiuse diverse tecnologie che permettono ad un computer di “leggere nel pensiero“. Cioè di tradurre in input per il calcolatore gli impulsi elettrici trasmessi dai neuroni di un cervello umano. Lo scopo principale per il quale sono state sviluppate le BCI è quello di permettere ai disabili gravi di comunicare con il mondo esterno o di recuperare parte delle normali funzionalità del corpo. La stessa Neuralink di Musk afferma che il suo scopo è proprio questo: permettere a chi è paralizzato di muovere un arto “bypassando” il danno neuronale che impedisce al suo cervello di comunicare con una parte del suo corpo.

I RISCHI. Tutto questo ci fa capire quanto la scienza e la tecnologia possano davvero rendere migliore la vita di tutti, al di là degli smartphone, delle smart TV, della domotica e dell’intrattenimento digitale. Ma, allo stesso tempo, ci costringono a chiederci quanto siano sicure queste macchine. In altre parole: è possibile hackerare una BCI? E, se lo è, cosa si rischia?

La risposta alla prima domanda, purtroppo, è sì: è possibile hackerare una interfaccia cervello-computer, è stato dimostrato da alcuni scienziati cinesi che hanno pubblicato un paper dal titolo “Tiny Noise Can Make an EEG-Based Brain-Computer Interface Speller Output Anything“, un piccolo rumore elettromagnetico può modificare l’output di uno speller (ovvero il “traduttore” di impulsi neurali in lettere) basato su elettroencefalografia.

Secondo questi scienziati è possibile introdurre delle leggerissime perturbazioni, che non vengono riconosciute come un errore dalla macchina ma, al contrario, vengono interpretate come un segnale corretto e, pertanto, processate dall’algoritmo di intelligenza artificiale della BCI. In tal modo, di fatto, è possibile hackerare una BCI facendo credere che il malato abbia dettato alla macchina cose diverse da quelle che ha pensato realmente.

I ricercatori, però, precisano che il loro studio non intende denigrare l’efficacia e l’utilità delle BCI ma dimostrare che sono possibili gravi attacchi verso queste macchine. Nelle ricerche future si prevede di sviluppare strategie di difesa proprio da tali attacchi.

LA DIFFERENZA CON L’AUSTRALIANA SYNCRON. Neuralink ha chiuso il 2023 con oltre 400 dipendenti e una raccolta di fondi di 363 milioni di dollari. Musk non è certo il solo al mondo nel tentativo di fare progressi nel campo, che è ufficialmente noto come ricerca sull’interfaccia cervello-macchina o cervello-computer.

Il magnate aveva contattato per unire le forze con lo sviluppatore di impianti Synchron per un potenziale investimento. A differenza del Link di Neuralink, la versione australiana non richiede il taglio del cranio per installarlo. La Synchron con sede ha impiantato il suo primo dispositivo in un paziente statunitense nel luglio 2022.

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