Puoi mettere in testa a una modella uno scolapasta e farla poi sfilare che il selezionatissimo e danaroso pubblico lo scambierebbe per il cappello indossato da Audrey Hepburn in “Colazione da Tiffany”.
A leggere poi certe recensioni delle varie fashion week in giro per il modo e a guardare i successivi servizi tv sugli abiti delle indossatrici e dei modelli che incedono leggiardi sulle passerelle, ti sembra di essere in paradiso, con continui svolazzi retorici e poetici, ma talmente inappropriati e fuori contesto da farti dimenticare il giudizio finale, essenziale, ossia se quell’abito è bello oppure no, se lo indosseresti o se lo regaleresti alla cameriera (sa, signora, ha la stessa mia taglia).
Il tutto a prescindere dallo stilista che, finale di altissima cultura, per raccontarti come ha creato il capolavoro – al pari di un Caravaggio del terzo millennio spuntato all’improvviso tra Parigi e Milano – ti parla di civiltà mesopotamiche, dei sumeri, di antichi e nuovi mondi, di contaminazioni. Ma dove le andranno a cercare queste ispirazioni?, ti chiedi. Chissà.
A te, ultimo arrivato – che ritieni purtroppo lo stilista un sarto geniale, ma pur sempre un sarto, a te, uomo semplice che si arrovella e combatte con sè stesso davanti allo specchio per decidere se la giacca debba avere o no lo spacco e i pantaloni i risvolti – quel capolavoro ti sembra una vera ciofeca (pardon, la parola non è il massimo dell’eleganza). Il guaio è che nom l’hai capito, non hai afferrato la rivelazione di nuova luce che emanava mentre lo vedevi passare.
E che dire della donna e dell’uomo moderno che hanno bisogno di vestire dinamici… Come se il dinamismo possa dipendere da ciò che mettiamo addosso e non dallo stato d’animo che la quotidianità ci infonde. Vestire bene significa più terra terra avere gusto. La poesia la lasciamo a Leopardi e la storia dell’arte a Roberto Longhi.
Comunque, per farla breve, ieri c’è stata la scoperta, la notizia sta tutta qui, di un nuovo talentuoso stilista (è lui a indossare le sue creazioni di alta moda) che alle sfilate di New York ha ricevuto parecchi applausi: si chiama Fred Beyer. Segnatevi il nome. Incedere sicuro, fisico mozzafiato, abito originale. E poi la musica, gli applausi del pubblico di star e potenziali acquirenti. Tutto come da programma, salvo gli agenti della sicurezza: che all’improvviso non avendo compreso il genio, lo afferrano e lo trascinano via a forza.
C’erano tutti gli ingredienti classici di una sfilata, alla Fashion Week di New York, ma il modello in passerella non era uno di quelli autorizzati dai creatori. Era un intruso, appunto Fred Beyer, con indosso una cuffia rosa da donna anni Cinquanta e un sacco trasparente della spazzatura.
Nessuno si è accorto dell’insolita combinazione, cuffia (oh, cara, credimi, il rosa quest’anno va alla grande …) e sacco della spazzatura che spopoleranno dalla Grande Mela a Parigi, da Londra a Milano e Dubai. Non è stato per Fred – lo chiamiamo per nome, ormai ci è familiare – il quarto d’ora di celebrità alla Andy Warhol, ma solo pochi secondi, perché un uomo della sicurezza lo prende di peso e lo butta fuorii. Ma che maniere…
E’ una verità, l’anticonformista di genio deve sempre subire l’ostracismo dei repressori. Già l’anno scorso a Londra una ragazza era salita in passerella indossando un vero sacco della spazzatura di colore nero, tagliato come un vestito. In pochissimi si accorsero che si trattava di una provocazione. La ragazza è stata assunta, immaginiamo, dalla municipalizzata dei rifiuti.(PdA)
(foto da Mantovauno.it)