Lunedì nero per i mercati dopo la decisione di Trump di imporre nuovi dazi sulle merci importate da Messico, Canada e Cina. Le Borse asiatiche sono crollate, segno di un diffuso timore di una guerra commerciale su vasta scala, mentre si tenta di valutare le conseguenze del protezionismo statunitense.
Il terremoto finanziario ha colpito duramente l’Asia: il Nikkei 225 in Giappone e il Kospi in Corea del Sud sono scesi di oltre il 2,5%, mentre la Borsa di Taiwan ha registrato un tonfo del 3,5%. Le contrattazioni a Shanghai e Shenzhen sono rimaste ferme per le festività del Capodanno lunare, ma a Hong Kong si è percepito l’impatto con un calo generalizzato delle azioni cinesi.
A farne le spese sono stati soprattutto i giganti dell’automotive giapponese, pesantemente esposti al mercato nordamericano. Toyota e Nissan hanno perso circa il 5% del loro valore, mentre Honda ha subito un crollo vicino al 7%. Male anche Taiwan Semiconductor Manufacturing Company, colosso dei microchip, che ha lasciato sul terreno oltre il 5% dopo che Trump ha annunciato dazi specifici sul settore tecnologico.
Negli Stati Uniti, il timore di ritorsioni ha alimentato i timori inflazionistici, spingendo leggermente al rialzo il rendimento dei titoli di Stato a due anni. Dopo l’annuncio, i mercati valutari hanno reagito con la flessione del peso messicano e del dollaro canadese, mentre il dollaro si è rafforzato a scapito dell’euro sceso quasi fino alla parità con il biglietto verde.
“Questa sarà l’età dell’oro dell’America! Ci sarà qualche sofferenza? Sì, forse (e forse no!)“. Lo ha scritto Trump sulla sua piattaforma Truth, come ad ammettere che la “guerra dei dazi” annunciata in questi giorni a partire da Cina, Messico e Canada avrà ricadute negative anche sui suoi concittadini. Un monito che da tempo giunge da economisti e analisti statunitensi, e che in queste ore varie testate americane riassumono in numeri: gli Stati Uniti nel 2024 hanno importato dal Messico ben 46 miliardi di dollari di prodotti agricoli, di cui 9 miliardi in frutta fresca. Tassare del 25% questi prodotti di basa avrà forti ricadute sulla vita quotidiana delle famiglie e di tante attività commerciali e di ristorazione. Quanto al Canada, sempre lo scorso anno gli Stati Uniti hanno importato 97 miliardi di dollari di petrolio e gas – anche se i dazi sul settore energetico ammonteranno al 10%, e non al 25% come sul resto dei prodotti.
Nella serata di ieri, il neopresidente è poi intervenuto assicurando che la politica dei dazi che sta facendo tremare le borse mondiali “sarà ampliata” a partire dall’Unione europea, contro cui i dazi “verranno sicuramente introdotti. Non abbiamo una tabella di marcia precisa, ma avverrà presto”. All’origine di questa decisione, Trump ha indicato l’ampio deficit commerciale tra gli Stati Uniti e l’Unione, che a suo dire dovrebbe comprare molte più automobili e prodotti agricoli “made in Usa”.
Prevedendo questa mossa, la Commissione europea aveva già annunciato tramite un suo portavoce: “Risponderemo fermamente a qualsiasi partner commerciale che intenda imporre tariffe ingiuste o arbitrarie sui prodotti dell’Ue”. Il cancelleiere tedesco Scholz e il presidente francese Macron hanno dichiarato che l’Europa è pronta a reagire ai dazi di Trump.
“Gli Stati Uniti sono stati derubati praticamente da ogni paese del mondo. Abbiamo deficit con quasi ogni paese e cambieremo la situazione. È ingiusto“. Trump è tornato ad attaccare il Wall Street Journal – il principale quotidiano economico-finanziario del mondo, che in un editoriale ha criticato la strategia dei dazi definendola “la guerra commercialepiù stupida della storia” – e chi sta criticando la sua linea: “Queste persone o entità sonocontrollate dalla Cina o da altre compagnie straniere e locali”, ha scritto il presidente americano in un post su Truth. “Chiunque ami e abbia fiducia negli Stati Uniti è a favore delle tariffe”, ha aggiunto.
Anche il Regno Unito sarà colpito da sanzioni, tuttavia il nuovo inquilino della Casa Bianca ha usato toni meno aggressivi: “Penso che potremo trovare un modo per risolvere la cosa”, ha detto, aggiungendo che “il primo ministro Starmer è stato molto gentile, abbiamo avuto un paio di incontri, abbiamo avuto numerose telefonate, stiamo andando molto d’accordo, vedremo se riusciremo o meno a pareggiare il nostro bilancio”.