“Anche io mi sono operata lì, ho fatto un intervento simile nel 2023. Ho avuto tremori e tachicardia dopo l’anestesia. Non mi hanno lasciato documenti dopo l’operazione, solo le prescrizioni di farmaci”. A parlare è Maria Rita Misuraca, giornalista sportiva, che ricorda il suo intervento nello stesso studio all’Eur a Roma in cui si era recata Margaret Spada, la ventiduenne morta dopo tre giorni di agonia dopo essersi sottoposta a una rinoplastica parziale nella struttura scelta sui social. Da un primissimo e parziale responso dell’autopsia di Margaret è emerso un “quadro generale compromesso”, culminato con l’arresto cardiocircolatorio che l’ha strappata alla vita a soli 22 anni. La ragazza è morta il 7 novembre a Roma.
Dall’inchiesta, intanto, sono emersi altri particolari inquietanti come l’esame dell’elettrocardiogramma di Margaret (nella foto) “inviato via WhatsApp” al medico che avrebbe dovuto operarla. L’esame autoptico, svolto al Policlinico di Tor Vergata, ha fatto emergere un quadro ricollegabile “a sofferenza acuta” la cui origine dovrà essere accertata con gli esami tossicologici e istologici per capire cosa sia stato somministrato alla ragazza prima e dopo il malore. Analisi degli organi che punteranno a chiarire – e anche a sgombrare dubbi – sull’esistenza di patologie cardiache e a verificare eventuali intolleranze alle sostanze utilizzate per l’anestesia.
Nel corso dell’attività peritale, a cui hanno preso parte anche i consulenti nominati dai due medici finiti nel registro degli indagati per omicidio colposo, è stata analizzata anche la cartella clinica dell’ospedale Sant’Eugenio dove Margaret è arrivata intorno alle 15.00 del 4 novembre, già in condizioni gravissime. La giovane si era sentita male circa mezz’ora prima, appena le era stata somministrata l’anestesia per un intervento di correzione alla punta del naso. Il malore è arrivato dopo l’iniezione tra le due narici. I medici hanno cercato di rianimarla, manovre riprese anche in un breve video dal fidanzato della ragazza e ora agli atti dell’indagine.
“In questo studio si svolgeranno solo visite pre operatorie e controlli post intervento”. Era il 2009 quando in un’autocertificazione inviata alla Asl e al Comune di Roma uno dei titolari dello studio in via Cesare Pavese a Roma, zona Eur, assicurava che lì non si sarebbero fatti interventi ma solo verifiche prima e dopo gli interventi. Ma proprio in quello studio dove “non si poteva operare”, come appurato da indagini amministrative, fu sottoposta il 4 novembre scorso ad un intervento Margaret Spada, appena 22 anni.
Nella stessa autocertificazione il titolare forniva tutti i suoi titoli accademici, oltre alla laurea in medicina a Padova e all’abilitazione a Verona anche una specializzazione in chirurgia plastica conseguita all’Università Cattolica di Rio de Janeiro in Brasile, dettaglio questo aggiunto a penna. Il figlio invece si è laureato in Romania.
Nel mare di carte che stanno emergendo dalle verifiche disposte anche dalla Regione viene fuori la storia travagliata dello studio che pure aveva tanti pazienti grazie anche ai social. Nel 2008, per esempio, è stato oggetto di un provvedimento di chiusura perché sprovvisto di autorizzazione e anche in questo caso, nelle controdeduzioni, il titolare sostiene che lo studio ‘non è mai entrato in funzione’, e aggiunge comunque che aveva i requisiti per essere idoneo chiedendo l’archiviazione della pratica e sottolineando: ‘Qui si svolgono solo le visite”. L’inchiesta in Procura a Roma dovrà tenere conto degli atti amministrativi anche in vista dell’audizione dei due medici, padre e figlio, titolari dello studio a cui si era rivolta la 22enne, dopo averlo trovato sui social. E proprio su questo aspetto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha ammonito, ricordando che “bisogna evitare il rischio di affidarsi al web come fosse il medico di fiducia. Lo vediamo anche in questi giorni con conseguenze drammatiche”.
Il gip, intanto, ha convalidato il sequestro preventivo del centro medico di viale Cesare Pavese, nella zona Eur. La misura è stata disposta su richiesta del pm Erminio Amelio per il rischio di “reiterazione del reato”. Sul fronte delle indagini i carabinieri del Nas la prossima settimana svolgeranno un nuovo sopralluogo all’interno della struttura per verificare se fossero presenti, al momento del malore, strumenti per le emergenze come il defibrillatore o medicinali da utilizzare in caso di shock anafilattico come il cortisone. Un punto su cui il difensore di uno degli indagati, l’avvocato Domenico Oropallo, respinge le accuse affermando che “nella struttura era presente il defibrillatore”. La Procura capitolina ha aperto una inchiesta e iscritto nel registro degli indagati due medici, padre e figlio.
Un dato certo è che gli investigatori nel centro medico non hanno trovato alcun documento, a cominciare dal consenso informato. Nessun atto legato alla contabilità o a pagamenti. Gli inquirenti dovranno ora analizzare il cellulare della ragazza per ricostruire gli accordi, presi in estate: circa 2.800 euro per un intervento che sarebbe dovuto durare circa 20 minuti. La giovane, inoltre, si sarebbe accordata via chat con il figlio del titolare dello studio a cui avrebbe mandato anche l’esame dell’elettrocardiogramma via WhatsApp. I genitori della ragazza ora si augurano “che nessuno più possa essere vittima di quanto capitato a nostra figlia Margaret. Chiediamo che venga rispettato il nostro dolore”.
“Margaret ha lasciato Roma per tornare a Lentini. I funerali sono stati fissati per lunedì alle 11.00, nell’ex Cattedrale, oggi chiesa Madre di Sant’Alfio”, ha detto all’Ansa Alessandro Vinci, l’avvocato della famiglia di Margaret Spada. Lentini, città di origine della ragazza, ha proclamato il lutto cittadino, annunciato dal sindaco Rosario Lo Faro. “La proclamazione del lutto cittadino- dice il sindaco – è il modo in cui l’amministrazione e l’intera città intendono manifestare solennemente e tangibilmente il proprio cordoglio per il tragico evento”. La scelta per esprimere “il cordoglio di tutta la comunità lentinese e i sentimenti di partecipazione al dolore dei familiari per la prematura e tragica perdita”.
CHIRURGIA ESTETICA: COME EVITARE TRAGEDIE
Ecco cosa scrive Vincenzo Colabianchi, di Bologna, attualmente uno dei più quotati professionisti della chirurgia plastica, estetica e ricostruttiva. La sua realtà professionale si declina in molteplici attività – dall’impegno “sul campo” alla formazione didattica – è specializzato in: Addominoplastica, Lifting Viso e Collo, Mastopessi e Mastoplastica Additiva e Riduttiva. E’ membro dell’Associazione Italiana di Chirurgia Plastica Estetica e SBCP (Società Brasiliana di Chirurgia Plastica”.
“Sui social è noto come “Ken umano”. È Rodrigo Alvez, brasiliano, 36 anni. Oltre 50 interventi di chirurgia estetica. Comprese 8 rinoplastiche, un lifting e ben 22 liposuzioni. Senza contare le infinite procedure di medicina estetica. Il tutto per soddisfare il suo unico desiderio: trasformarsi nel mitico fidanzato di Barbie. Anche se di recente sembra abbia dichiarato di essersi pentito, è impossibile non pensare che sia andato decisamente oltre. E che dietro al suo ricorrere ossessivo a il chirurgo ci sia, come a volte capita, un disturbo comportamentale. Quello che gli americani definiscono BDD (Body Dysmorphic Disorder), Disordine dismorfico del corpo. Una malattia mentale cronica. Che si caratterizza per un’ossessione riguardo a un presunto difetto del proprio aspetto fisico che assume connotati patologici. Il BDD è uno dei motivi per cui il chirurgo estetico professionale, serio ed esperto potrebbe rifiutare le richieste di un paziente e rinunciare a operarlo. Deve essere contemplato anche il sapere dire “no” quando e se necessario. Capita purtroppo, raramente per fortuna, di incappare in professionisti non eticamente corretti. Che non resistono alla tentazione del “facile guadagno”.
Anno dopo anno un numero sempre maggiore di persone si avvicina alla chirurgia estetica. Vuoi perché sono crollate le ultime reticenze nei confronti del “ritocchino”, vuoi perché viviamo in una società basata sull’immagine. Aumentando i pazienti, aumentano le “entrate”. Non tutti i chirurghi sono disposti a rinunciare a incrementare il loro budget. Un altro fattore da non sottovalutare nel scegliere il chirurgo è la sua serietà nell’approccio alla procedura.
Il chirurgo bravo lo sa: gli interventi estetici hanno rischi ed effetti collaterali, nonché controindicazioni. Quando si pensa alla chirurgia estetica, il fatto che viene considerata una procedura “beauty” piuttosto che medica può portare a prenderla alla leggera. A credere che nulla possa accadere. Invece, un professionista qualificato sa che è suo dovere informare correttamente il paziente sui rischi e sulle conseguenze che potrebbero verificarsi. Anche se si è in buona salute e se nel pre-operatorio sono stati fatti tutti gli esami clinici e gli accertamenti necessari. Questo aspetto viene preso molto seriamente Negli Stati Uniti, dove esistono Stati in cui è obbligatorio per legge avere l’autorizzazione del medico prima di procedere a un intervento di chirurgia estetica. O a qualsiasi procedura che richieda un’anestesia generale.
Esempio ne sia la California. Il 12 ottobre 2009, è stato firmato dall’allora governatore Arnold Schwarzenegger, il Donda West Act dopo la morte della madre di Kanye West a causa di complicanze post operatorie. Il primo chirurgo scelto da Donda si era rifiutato di operarla. Perché essendo preoccupato per le sue condizioni di salute aveva richiesto l’autorizzazione del medico prima di procedere. Come risposta, Donda si è rivolta a un altro chirurgo estetico non certificato (con già all’attivo cause per negligenza professionale e condanne penali). Questi non ha posto nessuna obiezione. Ha eseguito in contemporanea diverse procedure estetiche, tra cui liposuzione, addominoplastica e mastoplastica riduttiva. La morte di Donda ha destato molto scalpore negli States
I legislatori hanno rapidamente approvato il Donda West Act. In cui si stabilisce che in California un paziente deve essere sottoposto a una visita medica e ad esami pre-operatori prima di sottoporsi a un intervento di chirurgia estetica. Che si tratti di una legge dello stato o meno, i chirurghi all’unanimità richiedono sempre l’autorizzazione del medico. Il fatto che non venga è già un primo campanello d’allarme per i pazienti, così come lo è un loro rifiuto per il medico. Un secondo motivo di “alt” da parte del chirurgo può imporsi quando durante la visita preliminare ha la sensazione che la decisione di sottoporsi all’intervento non sia una libera scelta del paziente. Ma piuttosto risponda ai desideri o alle pressioni di altri. O sia una sorta di soluzione ad altri problemi. Frasi quali:
- “Ho bisogno di un lifting (e non “voglio” un lifting) perché mio marito guarda le donne più giovani e devo sembrarlo anch’io per non perderlo”;
- “Voglio aumentare le dimensioni del mio seno perché al mio ragazzo piacciono i décolleté importanti (ed è lui che paga…)”; rappresentano un segnale inequivocabile per qualsiasi professionista. Il risultato dell’intervento chirurgico è permanente e una procedura non dovrebbe mai essere eseguita se il paziente non è pienamente convinto della propria decisione.
E’ un paziente con un BMI (Indice di massa corporea) troppo alto o troppo basso. Chi desidera sottoporsi a una procedura per snellire o modellare il corpo potrebbe rimanere deluso dal sentirsi dire dal medico che non lo opererà se il suo stile di vita non è sano ed equilibrato, non prevede una regolare attività fisica e non sia orientato al mantenimento di un determinato BMI. Il Dott. Richard Tornambe, chirurgo plastico di New York, spiega che “capita spesso nei pazienti che richiedono un’addominoplastica. Il mio limite di BMI un tempo era 35 ora è 30. Il motivo è che se esegui l’intervento su un paziente con un BMI di 35 o anche più, né io né lui saremo soddisfatti del risultati. Inoltre c’è un maggior rischio di complicanze post-operatorie. Sono sicuro di avere perso dei pazienti per questo, ma non mi interessa, la correttezza viene prima di tutto”. Ed è ancora il BMI a fare la differenza. Nel caso di un “Brazilian Butt Lift”, ovvero un “risollevamento dei glutei brasiliano”. “Per un paziente che richiede questa procedura – specifica ancora Tornambe – mi attengo ancora a un BMI di 30 o 32. Nella maggiore parte dei casi rimuovere l’adipe dalle zone selezionate (solitamente parte esterna della coscia, bassa schiena e addome) è già sufficiente per creare un aspetto più gradevole, un contorno più definito e per dare effetto visivo di gluteo più grande. Reiniettare il grasso precedentemente aspirato diventa quasi inutile”. Allo stesso modo il Brazilian Butt Lift, non può essere eseguito in un paziente con un BMI molto basso perché non è possibile prelevare la quantità di grasso adeguata per riempire e rimodellare il glutei .
I casi di patologia psicologica. Capita meno di frequente. Fortunatamente sono casi che non si incontrano nella pratica clinica quotidiana. Che il chirurgo si opponga a un intervento di chirurgia estetica per motivi etici e morali. Avviene quando si trova davanti a un paziente affetto da BDD (Body Dysmorphic Disorder). Una patologia responsabile di una alterata e irreale percezione del proprio corpo. Un disturbo che un professionista riesce a intercettare precocemente. A partire delle prime visite e dal colloquio iniziale con il paziente. Qualora le sue aspettative non siano realizzabili, o ha la certezza di una sua dipendenza dalle procedure estetiche, è obbligo professionale e deontologico del medico motivarlo a desistere dall’intervento. Lo stesso comportamento può essere adottato quando nella scheda in cui il paziente è tenuto ad elencare i farmaci che assume regolarmente sono presenti prescrizioni per la depressione o il disturbo bipolare.
In risposta a delle aspettative non realistiche. I Social Media, i vari filtri Instagram e le app di editing quali FaceTune, sono spesso responsabili di dare a chi le usa un’immagine distorta di sé. Il chirurgo estetico si trova sempre più spesso a rispondere a richieste del tutto irragionevoli. In realtà accadeva anche in era pre-social, quando il paziente si presentava nello studio del medico con la foto dell’attore di Hollywood, della star o del cantante preferito ritagliata dai giornali. Oggi, questo fenomeno è cresciuto esponenzialmente e sempre più spesso la richiesta è quella di volere apparire come il proprio idolo o come se stessi in un’immagine photoshoppata e pubblicata online, dimenticando che la realtà e tutt’altra cosa e il loro obiettivo semplicemente impossibile da raggiungere.