Minacciati di morte, vittime di soprusi, percependo una paga da fame. Circa 1,80 o 2 euro all’ora, arrivando a lavorare da un minimo di 11 a un massimo di 16 ore al giorno. Una nuova inchiesta sul caporalato della procura di Napoli Nord ha portato all’arresto di sei persone per lo sfruttamento di oltre 60 braccianti, tutti extracomunitari in larga parte privi di permesso di soggiorno. E rivela in quali condizioni sono costretti a vivere gli “operai agricoli” assoldati attraverso il caporalato nel sud Italia. Fenomeno purtroppo di stretta attualità dopo la morte sul lavoro a Latina di Satnam Singh, il bracciante immigrato abbandonato davanti casa con un braccio staccato.
Ai lavoratori sarebbe stata corrisposta una retribuzione non solo “palesemente difforme” dai contratti collettivi di categoria, ma anche sproporzionata rispetto alla qualità e quantità del lavoro prestato. Inoltre, è emerso che i braccianti sarebbero stati costretti a subire “reiterate violazioni della normativa relativa all’orario di lavoro, ai periodi di riposo, alla salute, igiene e sicurezza nei luoghi di lavoro” e “a sopportare condizioni di lavoro, metodi di sorveglianza e situazioni alloggiative degradanti, venendo minacciati, in alcuni casi anche di morte, fatti oggetto di soprusi ai quali non sarebbero riusciti a sottrarsi in ragione del loro stato di bisogno”, evidenzia la procura.
I lavoratori avrebbero percepito una retribuzione oraria di circa 1,80-2 euro, lavorando da un minimo di 11 ore al giorno fino ad un massimo di 16, venendo esposti a “situazioni di significativo stress psicofisico, in ragione dagli elevati ritmi di lavoro a cui sarebbero stati sottoposti”.
I braccianti venivano trasportati sui luoghi di lavoro con veicoli fatiscenti, ben oltre il limite consentito per il trasporto in sicurezza, privi di sedute conformi, sostituite con cassette di plastica rovesciate, per consentire il trasporto del maggior numero possibile di braccianti, seduti tra svariate taniche di benzina, da utilizzare per l’eventuale rifornimento. È stata constatata, inoltre, l‘assenza di servizi igienici, di locali idonei per il consumo dei pasti e di idonei dispositivi protezione individuali. I braccianti avrebbero condotto le operazioni di raccolta anche in situazioni di meteo avverse: per proteggersi dalla pioggia, anche scrosciante, si vedevano costretti ad utilizzare buste di plastica nera, indossando scarpe e guanti procurati autonomamente e non a norma di legge.
Le indagini hanno permesso, infine, di individuare il modus operandi utilizzato per il reclutamento dei lavoratori extracomunitari da impiegare successivamente in condizione di grave sfruttamento. In particolare, uno degli indagati, in collaborazione con gli altri soggetti, avrebbe reclutato e impiegato lavoratori di una seconda azienda, riconducibile a un altro indagato, tramite un fittizio contratto di affidamento per la raccolta di prodotti agricoli.