venerdì 22 Novembre 2024

C'è una crepa in ogni cosa. E' da li' che entra la luce (Leonard Cohen)

ECCO L’ITALIA DEI NEET / Un Paese che invecchia e che dimentica i giovani

Congiuntura economica positiva per il Pil, superiore alla media europea tranne che per la Spagna, ma dati preoccupanti per il quadro demografico e per l’andamento degli indicatori che riguardano il benessere dei giovani, ormai ai livelli più bassi in Europa. Sono alcuni dati contenuti nell’annuale Rapporto dell’Istat presentato oggi a Montecitorio. I Neet in Italia sono un milione 700mila.

Nel 2022, quasi un ragazzo su due tra 18 e 34 anni ha almeno un segnale di deprivazione, ossia l’esclusione dal godimento di un bene comune: sono 4 milioni e 870.  Inoltre quasi 1 milione e 700mila giovani non studiano, non lavorano e non sono inseriti in percorsi di formazione.

Sono i Neet, acronimo che sta Not in Education, Employment or Training e che indica la quota di giovani né occupata né inserita in un percorso di istruzione o di formazione. Il riferimento è a qualsiasi tipo di educazione scolastica o universitaria e a qualsiasi genere di processo formativo: corsi professionali regionali o di altro tipo (tirocini, stage…), attività educative quali seminari, conferenze, lezioni private, corsi di lingua, informatica…, con la sola esclusione delle attività formative ‘informali’ quali l’autoapprendimento.

E’ quello che è emerso dal “Rapporto annuale 2023. La situazione del Paese”che il presidente dell’Istituto nazionale di Statistica (Istat), Francesco Maria Chelli, ha illustrato stamani a Montecitorio. Due le grandi difficoltà che gli italiani dovranno affrontare: l’istruzione e il lavoro. Anche se nel primo trimestre 2023, trainata dal settore dei servizi, si è registrata una dinamica congiunturale positiva per il Pil – superiore a quella delle altre economie dell’Unione europea, Spagna esclusa – l’industria manifatturiera mostra, infatti, segnali di rallentamento.

GLI ITALIANI STANNO SCOMPARENDO? Sul fronte demografico, gli effetti dell’invecchiamento della popolazione si fanno sempre più evidenti: il consistente calo delle nascite registrato nel 2022 rispetto al 2019, circa 27 mila nascite in meno, è dovuto per l’80 per cento alla diminuzione delle donne tra 15 e 49 anni di età e per il restante 20 per cento al calo della fecondità.

L’invecchiamento è destinato ad accentuarsi, con effetti negativi sul tasso di crescita del Pil pro capite. Investendo sul benessere delle nuove generazioni – si legge nel Rapporto – si può fare in modo che l’insufficiente ricambio generazionale sia in parte compensato dalla loro maggiore valorizzazione.

IL BENESSERE GIOVANILE. Gli indicatori sono ai livelli più bassi in Europa. Le notevoli risorse finanziarie messe in campo per uscire dalla crisi dovrebbero supportare investimenti che accompagnino e rafforzino il benessere dei giovani nelle diverse fasi dei percorsi di vita, intervenendo fin dai primi anni di vita

La quota di Neet cala fino a tornare a un livello prossimo al minimo del 2007, ma resta sopra la media Ue di oltre 7 punti e più bassa solo a quello della Romania. Il fenomeno dei Neet interessa in misura maggiore le ragazze (20,5%) e, soprattutto, i residenti nelle regioni del Mezzogiorno (27,9%) e gli stranieri (28,8%). In Sicilia i sono quasi un terzo dei giovani tra i 15 e i 29 anni, mentre la quota raggiunge il valore minimo, 9,9%, nella Provincia autonoma di Bolzano.

L’incidenza dei Neet diminuisce al crescere del titolo di studio: è di circa il 20% tra i giovani diplomati o con al più la licenza media, mentre si ferma al 14% tra i laureati. È un fenomeno che si associa a un tasso di disoccupazione giovanile elevato (il 18%, quasi 7 punti superiore a quello medio europeo), con una quota di giovani in cerca di lavoro da almeno 12 mesi tripla (8,8%) rispetto alla media europea (2,8%).

Quasi un giovane su due (47,7 per cento dei 18-34 enni) mostra almeno un segnale di deprivazione in uno dei domini chiave del benessere (istruzione e lavoro, coesione sociale, salute, benessere soggettivo, territorio). Di questi oltre 1,6 milioni sono multi-deprivati ovvero mostrano segnali di deprivazione in almeno 2 domini. I livelli di deprivazione e multi-deprivazione sono sistematicamente più alti nella fascia di età 25-34 anni, che risulta la più vulnerabile.

In Italia il meccanismo di trasmissione intergenerazionale della povertà (trappola della povertà) è più intenso che nella maggior parte dei paesi dell’Unione europea: quasi un terzo degli adulti (25-49 anni) a rischio di povertà proviene da famiglie che, quando erano ragazzi di 14 anni, versavano in una cattiva condizione finanziaria.

La spesa pubblica per istruzione in rapporto al PIL mostra un minore impegno del nostro Paese rispetto alle maggiori economie europee (4,1 per cento del Pil in Italia nel 2021 contro il 5,2 in Francia, il 4,6 in Spagna e il 4,5 in Germania) e in generale rispetto alla media dei paesi Ue27 (4,8 per cento). L’Italia spende per le prestazioni sociali erogate alle famiglie e ai minori una quota rispetto al Pil molto esigua pari all’1,2 per cento a fronte del 2,5 per cento della Francia e del 3,7 per cento della Germania.

La copertura dei posti disponibili nelle strutture educative per la prima infanzia (0-2 anni) rispetto ai bambini residenti è pari al 28 per cento, ancora inferiore al target europeo del 33 per cento da raggiungere entro il 2010 e molto lontana dal nuovo target del 50 per cento entro il 2030. Quasi il 5 per cento dei bambini sotto i tre anni frequentano la scuola di infanzia come anticipatari: nonostante queste strutture non prevedano adattamenti del servizio alle esigenze specifiche dei bambini di 2 anni, sono più accessibili per maggiore diffusione sul territorio e costi molto più contenuti rispetto agli asili nido.

La maggior parte degli edifici scolastici statali non dispone di tutte le attestazioni relative ai requisiti di sicurezza: le certificazioni sono detenute da poco meno del 40 per cento dei casi.

DA GENNAIO AD APRILE SOLO 118MILA NASCITE. Nel primo quadrimestre 2023 le nascite (118mila unità) continuano a diminuire: -1,1 per cento sul 2022, -10,7 per cento sul 2019. Per quanto riguarda i decessi si assiste a una decisa inversione della tendenza negativa che aveva drammaticamente interessato il precedente triennio: sono 232mila nei primi quattro mesi del 2023, 21mila in meno sul 2022, 42mila in meno rispetto al 2020 e quasi 2mila unità in meno rispetto al 2019.

Il calo delle nascite dipende in gran parte dal cosiddetto “effetto struttura”, ovvero dalla minore numerosità e dalla composizione per età delle donne. Il 20 per cento è dovuto, invece, alla minore fecondità: da 1,27 figli in media per donna del 2019 a 1,24 del 2022.

Al 31 dicembre 2022, la popolazione italiana è di 58.850.717 unità (-179.416
rispetto all’inizio dello stesso anno, -3,0 per mille); tale calo presenta, tuttavia, un’intensità minore, sia rispetto a quello osservato nel 2021 (-3,5 per mille), sia a quello del 2020 (-6,8 per mille), tornando a livelli simili al periodo pre-pandemico (-2,9 per mille nell’anno 2019).

La stima degli stranieri a dicembre 2022 è di 5.050.257, in aumento di 20mila unità sull’anno precedente (+3,9 per mille), in maggioranza donne.

L’evoluzione di periodo del numero medio di figli per donna in Italia continua a essere fortemente condizionato dalla posticipazione della genitorialità verso età più avanzate. L’età media al parto per le donne è pari a 32,4 anni.

La stima della speranza di vita alla nascita è di 80,5 anni per gli uomini e 84,8 anni per le donne. Nonostante l’elevato numero di decessi di questi ultimi tre anni, oltre 2 milioni e 150mila, di cui l’89,7 per cento riguardante persone con più di 65 anni, il processo di invecchiamento della popolazione è proseguito, portando l’età media della popolazione da 45,7 anni a 46,4 anni.

Gli ultracentenari sono 22mila, 2 mila in più rispetto all’anno precedente, in maggioranza donne. Gli scenari demografici prevedono un consistente aumento dei cosiddetti “grandi anziani”. Nel 2041 la popolazione ultraottantenne supererà i 6 milioni; quella degli ultranovantenni arriverà addirittura a 1,4 milioni. (PdA)

 

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