I cartelli della droga hanno dichiarato guerra allo Stato dell’Ecuador, uno dei principali produttori di cocaina al mondo. Il Paese è sull’orlo della guerra civile con i narcos che ieri hanno assaltato, armati, una tv pubblica. Il tutto dopo l’incredibile e indisturbata fuga dal carcere del narcoboss Adolfo Macías. Dalle cronache che arrivano da quel Paese sembra che parte della popolazione si sia data a rapine e saccheggi.
Lo Stato, come tanti altri nell’area sudamericana, tenta di reagire mobilitando l’esercito. Una domanda dei vari osservatori internazionali: com’è possibile una crescita, e non da oggi, del potere dei cartelli? Semplice: i narcos, anche quando vengono rinchiusi in carcere, dispongono di enormi capitali depositati nei paradisi fiscali. Di conseguenza possono vantare un’enorme capacità di corrompere parecchi di coloro che dovrebbero combatterli.
LA CRONACA. Alcuni uomini armati con i volti coperti da passamontagna hanno fatto irruzione in diretta tv nello studio di un canale pubblico nella città portuale di Guayaquil, in Ecuador, una zona devastata da tempo dalla violenza e dalla droga. Gli uomini hanno preso in ostaggio diversi giornalisti e tecnici. “Non sparate, per favore non sparate”, ha gridato una donna mentre risuonavano gli spari e gli aggressori, armati di fucili e granate, costringevano le persone presenti terrorizzate a stare a terra.
Dopo l’irruzione la diretta televisiva è continuata. Si sono visti gli uomini con i fucili spianati sui giornalisti presenti. Quindi nello studio si sono spente le luci. La Polizia Nazionale, in un breve comunicato, ha fatto sapere che tutte le sue unità di Quito e Guayaquil “sono state allertate dopo questo atto criminale e sono già sul luogo dell’attacco”.
E così, circa 30 minuti dopo l’attacco degli uomini armati, sempre in diretta televisiva si sono visti entrsare gli agenti della polizia. “Polizia, polizia”, ha gridato un uomo in uniforme.
“Abbiamo un collega ferito”, ha risposto un impiegato della tv. “Per favore, sono venuti per ucciderci. Dio non permette che ciò accada. I criminali sono in onda”, ha detto all’AFP uno dei giornalisti in un messaggio su WhatsApp.
Sono momenti di grande caos e violenza in Ecuador dopo una prima, incredibile e indisturbata fuga dal carcere del narcoboss Adolfo Macías, detto ‘Fito’, che ha provocato la dichiarazione di stato di emergenza nel Paese, e a cui poi ha fatto eco un’altra fuga di un altro noto narcotrafficante e leader della banda dei Los Lobos, Fabricio Colón Pico, quest’ultimo scappato insieme ad un gruppo di reclusi, dal carcere di Riobamba, nella provincia di Chimborazo. Macías è a capo della più grande gang di narcotrafficanti ecuadoriana ed è considerato il nemico numero uno dalle autorità.
Il presidente dell’Ecuador, Daniel Noboa, ha dichiarato che è in corso un “conflitto armato interno” nel paese, dopo l’irruzione del gruppo armato in tv, che implica lo spiegamento e l’intervento immediato delle forze di sicurezza contro il crimine organizzato.
Dopo la decisione del presidente i criminali hanno attuato una serie di azioni di rappresaglia contro le istituzioni e le forze dell’ordine del Paese. Almeno quattro agenti di polizia sono stati rapiti ha dichiarato la polizia su X (ex Twitter). A Riobamba, a 216 chilometri a sud di Quito, e nella stessa capitale, si sono registrati sit-in a favore del boss dei Los Lobos. Decine di persone hanno bloccato le vie di circolazione con cartelli con lo slogan: ‘Non attentate alla sua vita. No al trasferimento’.
L’ondata di violenza in Ecuador non si arresta, dopo che il nemico numero uno delle autorità, Adolfo Macias, boss del narcotraffico, è evaso da un carcere di massima sicurezza di Guayaquil ed è super ricercato.
Il presidente della Repubblica, Daniel Noboa, che ha ricevuto l’appoggio dell’ex presidente Rafael Correa, ha dichiarato “il conflitto armato interno” e lo stato di emergenza per 60 giorni e ha disposto l’evacuazione immediata del Parlamento e di tutti gli uffici pubblici della capitale Quito. Si tratta della sua prima grande crisi di sicurezza, a meno di due mesi dall’insediamento. Intanto, l’Assemblea nazionale del Paese ha espresso il suo sostegno alle Forze armate e di polizia del Paese, nella loro lotta di contrasto alle bande armate di narcos che imperversano nel piccolo Stato sudamericano.
In altre zone di Guayaquil, si sono verificate rapine, saccheggi e sparatorie. Anche cinque ospedali sono stati attaccati; in totale, 29 edifici presi di mira. Nel nord della capitale, diversi individui hanno sparato contro i veicoli che passavano, provocando la morte di cinque persone e ferendo uno studente di una scuola della zona. Un gruppo armato ha fatto irruzione in un magazzino di pezzi di ricambio e ha ucciso tre persone.
Sale quindi a 13 morti, vari feriti e 70 arresti il bilancio delle violenze. Secondo il quotidiano El Diario, le autorità ecuadoriane ancora non forniscono cifre ufficiali su vittime e violenze, per cui quelle pubblicate nelle ultime ore sono solo la somma di informazioni pubblicate attraverso fonti della polizia o delle amministrazioni locali. Intanto la polizia dell’Ecuador, attraverso il suo account X, ha segnalato che le persone arrestate nelle ultime 24 ore per attentati e atti di terrorismo sono salite a 70. Il giornale El Diario indica infine che Guayaquil è stato effettivamente l’epicentro delle violenze.
Tutto è iniziato dopo l’evasione dal carcere di Adolfo Macías, noto come “Fito”, (nella foto il suo arresto) considerato il principale boss del narcotraffico del Paese e leader del gruppo criminale Los Choneros. Una fuga che ha spinto il presidente Daniel Noboa a decretare lo stato di emergenza per due mesi su tutto il territorio nazionale. La misura prevede l’immediato intervento dell’esercito in tutte le prigioni ecuadoriane, un coprifuoco notturno fra le 23 e le 5 del mattino e limitazioni alle libertà di riunione e movimento e alla privacy nelle comunicazioni.
Dopo l’assalto alla tv pubblica, Noboa ha dichiarato “il conflitto armato interno” e “guerra” ai narcos, ordinando l’evacuazione immediata del Parlamento e di tutti gli uffici pubblici della capitale Quito e chiedendo per decreto lo spiegamento e l’intervento immediato delle forze di sicurezza contro il crimine organizzato.
Nel decreto Noboa ha elencato la presenza sul territorio nazionale di 22 gruppi del crimine organizzato transnazionale, caratterizzati come “organizzazioni terroristiche e attori non statali belligeranti”