“Io posso dire che voglio tanto bene alla mia bambina, che sono dispiaciuto per quanto le è accaduto, non sono un bacchettone, mia figlia non è una verginella e se fa sesso con qualcuno, fa parte della sua vita. Il problema non è quello. Il problema è se una ragazza lo fa e non sa di averlo fatto perché ha preso una sostanza di quelle che vengono definite generalmente ‘droghe del sesso‘”.
Sono le parole del padre della ragazza che ha denunciato il figlio di Ignazio La Russa, intervistato dal quotidiano La Verità il quale, però, titola su un aspetto che non rispecchia del tutto, almeno in apparenza, le dichiarazioni: “Parla il padre della ragazza: la droga me l’ha rovinata”.
In realtà, il padre accenna anche al fatto che in quella discoteca di Milano erano tutti drogati e intitolare sul fatto che la droga abbia rovinato la ragazza sembra più un modo di darle addosso che altro. L’equazione potrebbe essere: drogata, rovinata, quindi colpevole. Che sia forse un’operazione mediatica della Destra per gettare fumo sull’intera vicenda di cui si sta occupando la magistratura a tutto vantaggio mediatico di un personaggio potente, la seconda carica dello Stato? Forse non lo sapremo mai.
«Ovviamente io, come genitore- ha aggiunto nell’intervista il padre della ragazza – non posso che arrabbiarmi ma, purtroppo, la ragazza non dipende più da me. E questo perché «non solo è maggiorenne, ma vive con la mia ex moglie, donna dalla quale io mi sono divorziato 15 anni fa e da allora non comunichiamo. Sono accaduti fatti molto incresciosi e tristi in questi 15 anni. Io e la mia ex moglie non ci siamo più parlati» ha aggiunto.
Per l’uomo, la cosa più grave è che la figlia potrebbe essere stata violentata e drogata ma non ricorda nulla: “Questa vicenda è terribile, ma non per la notte di sesso. Per il fatto di non sapere cosa abbia fatto in quelle ore di buco. Oggi i ragazzini non fanno delle gran vite, diciamocelo, e nel locale in cui si trovavano erano tutti drogati. È inutile che quello là (il presidente del Senato La Russa, ndr) dica ‘mio figlio, invece, no’. E questa non è una colpa, è un fatto”.