di Piero Di Antonio
— Fermare l’invasione. Fratelli d’Italia comincerà con un classico del suo repertorio la campagna elettorale per il sindaco di Ferrara. Sabato prossimo riunirà i suoi sostenitori, ospite il senatore Alberto Balboni. Lo slogan sarà, neanche a dirlo, un perentorio “Fermare l’invasione”, che ti rimanda con la mente a orde di immigrati che, minacciosi, si stanno avvicinando ai sacri confini della Patria per toglierti tutto.
Si converrà che la premessa è un tantino esagerata. Altro che un incontro politico, sembra un bollettino diffuso da uno Stato Maggiore in guerra. Più che governare sembra una chiamata alle armi, ma dentro una pagina del Deserto dei Tartari con il nemico che tarda a farsi vedere.
Tutto questo sarà poi vero? In verità sembra un voler impedire a tutti i costi che il suolo dell’Italia venga calpestato da quei disperati che arrivano con i barconi, se non muoiono prima, e che, ma valli a capire poi, pretendono un’accoglienza dignitosa, umana. Una richiesta, invece, non tanto esorbitante se perdippiù è a tempo: il nostro è un Paese di passaggio, loro guardano, ma che affronto, al Nord.
L’aspettativa che nutrono mentre si mettono in viaggio – chiamiamolo viaggio per non scomodare parole più forti come odissea, calvario – è che l’Europa possa ripagare in parte le enormi ricchezze e la dignità di esseri umani strappate loro di mano con la forza e con i fucili per costruire quella società sazia, opulenta e indifferente che in questi ultimi anni, però, non sta regalando il meglio del pensiero occidentale.
Ma guardate questi illusi… si aspettano un’Europa accogliente, civile, tollerante e si trovano davanti sbarre, muri, Cpr e, come se non bastasse, diritti calpestati nella sedicente patria del diritto. Da dietro queste sbarre è quasi naturale ripensare a quella Ferrara rinascimentale che gli Estensi vollero aperta con gli ebrei cacciati dalla Spagna e dal Portogallo. Oggi i clandestini vengono cacciati da casa dalla povertà estrema, dalla mancanza di futuro che è peggio della fame.
E se Ercole I d’Este era sicuro che l’arrivo di mercanti e artigiani avrebbe dato nuovo vigore all’economia , perché non pensare a un oggi con un’ospitalità umana che ridia nuova energia e slancio a una città sempre più stanca e delusa? L’aveva capito mille anni fa quel vescovo lombardo, Ariberto d’Intimiano, che nel 1018 emanò un editto che potrebbe essere scritto così com’è in un programma di un qualsiasi candidato progressista: “Chi vuole e sa lavorare venga a Milano, e chi viene a Milano è un uomo libero”. Togliete Milano e aggiungete Ferrara, l’efficacia è la stessa.
Da dietro queste sbarre che vorrebbero promettere e garantire sicurezza si scorge invece il nuovo imperativo o mantra che da sabato sarà riproposto in ogni circostanza dalla Destra: “Statevene a casa”. La stessa casa che abbiamo, noi occidentali, devastato a svaligiato nel corso dei secoli. Portavamo la civiltà, si diceva, e tornavamo indietro con un bel bottino. Questi ragazzi sono venuti a riprendersi quel po’ che è rimasto di quella spoliazione.
Il tema rilevante e in primo piano diventa allora come fermare l’ ipotetica invasione. Di modi ce ne sarebbero parecchi, ma Ferrara si è già portata avanti nel lavoro allestendo un’anteprima di Cpr sotto il Grattacielo. Un parco recintato con una dedica del tutto particolare, quella a sè stesso, del vicesindaco.
Domanda: serviranno queste chiusure mentali a difenderci dall’imminente assalto? Vista da dentro, l’inferriata dà l’idea di un carcere, dove fuori si scorge l’ininterrotta trafila del traffico che scorre tra semafori, strombazzamenti, imprecazioni e nevrosi di ogni tipo.
Qualche secolo fa le Mura – altri tempi, si era più europei, più accoglienti – oggi la recinzione di un parco che vorrebbe offrire un’immagine di apertura, di gioia, di spensieratezza e, soprattutto di sicurezza. In realtà è la manifestazione collaterale della vera intenzione con cui avviene pensato e realizzato un progetto. E’ un’ossessione che farà breccia sui cittadini, legata a un interrogativo ricorrente: e se dovessero arrivare i diversi da noi?
E se a Porto Garibaldi si comincerà ad avvistare i barconi con sopra l’umanintà dolente? Chiudere, chiudere… recintiamo… alziamo muri e alziamo la voce del potere, intimiamo a tutti il “chi va là?”. La paura indotta dagli slogan su ciò che potrebbe avvenire fa scattare l’immediata difesa dai cattivi, ancor prima però di aver stabilito chi sia il cattivo e chi il buono. E l’obiettivo che sta dietro l’ordine impartito dallo stato maggiore della Destra: fermiamo l’invasione.
Da dietro le sbarre, nel parco del Grattacielo – tra alberi rinsecchiti che sembrano braccia scheletriche che parlano al cielo – riesce però difficile individuare quale sia la vera prigione: quella circoscritta e delimitata dalla recinzione, che si vorrebbe far apparire gioiosa – con scivoli, altalene a attrazioni varie – o quella che sta fuori, apparentemente libera ma indifferente, che non fa altro che correre, frenare, accelerare, imprecare, mettere la freccia a destra, a sinistra o andare dritti…
Una tregua, no? Prima di andare in guerra risparmiateci, almeno fino all’8 e 9 giugno, la chiamata alle armi. Ferrara vista da dietro le sbarre non ci piace, Anzi non è per niente la Ferrara bella, accogliente, europea e felice che tutti vorrebbero. Buona visione.