lunedì 25 Novembre 2024

C'è una crepa in ogni cosa. E' da li' che entra la luce (Leonard Cohen)

Disastri e diseguaglianze / La prevenzione disarma la speculazione

di Piero Di Antonio

— La speranza di ascoltare spiegazioni attendibili degli eventi, grazie alla scienza e alla sua profondità, è l’ultima a morire. Anzi, sopravvive se si sa approfittare della fortunata coincidenza di assistere a dibattiti insoliti nel nostro Paese, avvolto com’è nella propaganda, nella vaghezza e nella ricerca del consenso a buon mercato. A Firenze, nel Festival dell’Economia civile di inizio ottobre, si è parlato e discusso di nuovi scenari, del ben-vivere, della generatività e di idee nuove.

A colpire l’uditorio del Salone dei Cinquecento sono state soprattutto, le considerazioni di Vincenzo Pacelli (foto) – insegna “Economia degli intermediari finanziari” all’università di Bari, con un dottorato alla Sapienza di Roma – che senza ricorrere a giri di parole ha condiviso due risultati delle sue ricerche: la consapevolezza del predominio della finanza sull’economia reale, con il suo carico di instabilità che genera profitto, e l’utilità di prevenire gli eventi catastrofici.

FINANZA E DISEGUAGLIANZE. “La fonte di tutte le diseguaglianze è la progressiva finanziarizzazione dell’economia e quindi l’assolua centralità dei mercati finanziari nei moderni sistemi economici”. Pacelli ha spiegato che dopo il secondo dopoguerra, il sistema economico globale è cresciuto per mezzo del debito e che, quindi, il debito da mezzo di produzione è diventato merce, da mezzo è diventato fine, e ciò di pari passo con lo sviluppo ipertrofico dei mercati finanziari, oggi il perno dello sviluppo economico mondiale, che lo orientano, lo influenzano. “Lo fanno – ha detto – attraverso i prezzi negoziati nei mercati, guidando il flusso dei capitali, favorendo determinati investimenti in danno di altri, orientando quindi lo sviluppo economico, ma anche determinando, per mezzo dei prezzi, conflitti, migrazioni, carestie”.

Il paradosso: un mondo sempre più ricco ma sempre più diseguale

Gli effetti sono visibili nelle realtà locali “se pensate ai prezzi delle materie prime o dei beni alimentari, che influenzano la produzione e le condizioni di vita della popolazione, e che sono influenzati dalle dinamiche speculative sui mercati (derivati) e non dalla domanda e dall’offerta.
In origine, l’attività finanziaria era a supporto dell’economia reale, da diversi anni non è più così, e oggi – avverte Pacelli – oltre tre-quarti della ricchezza mondiale è di matrice  finanziaria e solo il restante quarto è reale.

In altre parole,  la finanza crea ricchezza per mezzo della finanza, accentuando diseguaglianze di vario genere: di reddito, nella distribuzione della ricchezza, nello sviluppo economico territoriale, ma anche informative, culturali, di potere,  che manifestano i loro effetti nel lungo periodo e attivano processi pro-ciclici che si autoalimentano.

Il paradosso: un mondo sempre più ricco ma sempre più diseguale, che rischia di impoverire progressivamente fette sempre più ampie di popolazione.

Prima conclusione cui dobbiamo attenerci per seguire il filo dell’analisi di Pacelli è che i mercati generano diseguaglianze e quindi traggono profitto dalle crisi, dai conflitti perché questi generano turbolenze, disordini, incertezza. L’incertezza genera volatilità associata al rischio ed è ciò che genera e giustifica il rendimento e quindi il profitto. Non a caso in periodi di turbolenza dei mercati chi ha maggiori informazioni  riesce a prevedere oppure a determinare il futuro andamento dei prezzi. Per approfondire il ruolo della finanza basta ricorrere a un interrogativo in apparenza irrisolto: è nato prima l’uovo o la gallina? In altre parole, i mercati prevedono gli eventi o li determinano?

È la percezione condivisa della realtà, più che la realtà stessa, a guidare i prezzi! E qui l’esempio del concorso di bellezza di Keynes: i mercati funzionano come i concorsi di bellezza nei giornali in cui vince chi vota per il volto di bambino che sarà il più votato, quindi dobbiamo scegliere non il volto che a noi piace di più, bensì il volto che secondo noi sarà votato dagli altri partecipanti al gioco come il più bello. Il vero potere quindi è nelle mani di chi ha la capacità o la potenzialità di influenzare la percezione collettiva! E questo potere è ben lontano dai territori! L’instabilità è nemica del ben-vivere, la stabilità è soltanto auspicata, ma in verità non desiderata da chi governa i mercati.

Siamo sconvolti, come in questi giorni, da catastrofi che dovrebbero darci la consapevolezza sull’utilità della prevenzione, ma non sempre è condivisa

Le catastrofi creano instabilità. Il relatore si addentra nella spiegazione, a tratti sorprendente, delle economie locali, dei territori che subiscono l’effetto domino dell’instabilità, che inibisce la pianificazione e frena la prevenzione del territorio. Le diseguaglianze non sono altro se non l’effetto collaterale dell’eccessivo sviluppo o predominio della finanza.

In altre parole per troppo tempo abbiamo sottovalutato che l’accumulo di effetti collaterali che ritenevamo accettabili nel breve periodo – diseguaglianze, riscaldamento globale, inquinamento, spreco di risorse, conflitti, migrazioni, povertà – conducono a lungo andare a squilibri insostenibili che prima o poi sfociano in crisi del sistema.

Il rischio sistemico è come il mostro di Loch Ness per gli scozzesi.  Tutti lo conoscono e sono preoccupati del suo pericolo. Tutti sono in grado di descriverne il rischio, ma nessuno sa quando e dove potrebbe apparire. Non c’è peraltro nessuna certezza che qualcuno lo abbia mai incontrato, ma non c’è nessun dubbio che esista! Nonostante questa convinzione, che consiglierebbe prudenza, l’uomo è curioso e continua a cercarlo.

Pacelli, dopo la necessaria prolusione, piomba nella realtà di questi anni e di questi giorni sconvolti da eventi climatici estremi, disastrosi, catastrofici, partendo da una consapevolezza: l’utilità di fare prevenzione, non sempre condivisa.

“Solo in Europa, negli ultimi 40 anni, si stima che tali eventi climatici estremi abbiano causato perdite per un valore totale superiore a 500 miliardi di euro. Dato sottostimato perché non tiene conto dei diversi effetti conseguenti. L’impatto di una catastrofe naturale, infatti, si estende nel tempo e nello spazio, ovvero nel lungo periodo e ben oltre la regione colpita, con effetti su interi sistemi economici e sociali per via delle diverse interconnessioni che legano gli attori di un sistema e con effetti quindi sulla stabilità finanziaria.

Pensiamo agli effetti combinati di una riduzione del gettito fiscale dovuto all’interruzione delle attività economiche e un aumento della spesa pubblica per finanziare le ricostruzioni che espongono il debito sovrano a pressioni speculative sui mercati con il rischio che il costo del debito di un Paese divenga insostenibile per lo stesso, soprattutto se le risorse vengono poi distratte dagli investimenti finalizzati ad aumentare la produttività (competitività) e destinate invece al servizio del debito.

I Paesi del ben-vivere, più attenti all’ambiente, sono meno vulnerabili agli eventi estremi. Le catastrofi incidono sul debito pubblico che diventa il bersaglio della speculazione

Nell’economia reale, i blocchi nella produzione dovuti alle catastrofi provocano disoccupazione e crisi delle imprese e quindi un aumento dei crediti deteriorati, che erodono il capitale delle banche e riducono la loro capacità di concedere credito, con effetti evidentemente recessivi per l’intero sistema.

Tra l’altro, le catastrofi naturali, interrompendo la produzione, riducono le esportazioni e la necessità di un’immediata ricostruzione implica un aumento delle importazioni e dunque uno squilibrio della bilancia commerciale dei Paesi colpiti.

Tutti questi effetti combinati contribuiscono a un aumento complessivo dell’instabilità finanziaria con un impatto diretto sulla qualità della vita delle comunità, che  necessitano di stabilità per fare programmazione e prevenzione.

Recenti ricerche empiriche forniscono evidenze a sostegno dell’esistenza di diversi meccanismi di propagazione a lungo termine dei rischi della catastrofi, suggerendo quindi che l’incertezza derivante da un disastro naturale si propaghi nel tempo e nello spazio, attraverso canali geografici, economici e finanziari.

La prevenzione non è una questione irrilevante, sia letta con le lenti dell’economista civile, sia con quella capitalistica

Tuttavia, l’effetto è più evidente quando gli eventi disastrosi si verificano nei Paesi finanziariamente più deboli. “Una nostra ricerca – illustra il relatore – dimostra che i Paesi più attenti alle politiche ambientali sono meno vulnerabili degli altri nella trasmissione del contagio derivante da eventi catastrofali.

I nostri risultati dimostrano che investire in politiche ambientali e in prevenzione è utile per il Paese non solo per le ovvie ragioni di lungo periodo che favoriscono il Ben Vivere, ma anche perché si riduce il rischio che il debito sovrano del Paese stesso possa divenire bersaglio della speculazione finanziaria a seguito di un evento.

Quindi anche i mercati sembrano apprezzare l’attenzione verso le politiche ambientali e la prevenzione e questa non è un’argomentazione irrilevante. Le strategie e le politiche ambientali e di prevenzione sono utili sia nel lungo che nel breve periodo e sia che si legga il fenomeno con le lenti dell’economista civile, sia che lo si faccia con le lenti dell’economista capitalista.

In un’altra ricerca ci siamo chiesti – aggiunge Pacelli – se in seguito a una catastrofe naturale il credito erogato all’economia si riduca. Ebbene i risultati dell’analisi, circoscritta all’Europa e agli ultimi 12 anni, ci dicono che gli eventi estremi riducono sensibilmente il credito nelle aree colpite.

È evidente che in simili circostanze il principale attore nel mitigare o sterilizzare gli effetti recessivi debba essere quello pubblico. Tuttavia, la nostra ricerca ci suggerisce che vi siano anche fondamentali meccanismi mitigatori privati, rappresentati dalle assicurazioni e dalla presenza sul territorio di banche locali di comunità, che anche in questo caso dimostrano di svolgere un fondamentale ruolo anticiclico e mitigatore nella propagazione delle crisi (anche se seguenti ad eventi estremi prodotti dalla crisi ambientale).

*****

* Gli eventi catastrofali in economia vengono chiamati gli eventi naturali estremi e inaspettati che possono causare danni estesi e gravi alle persone, alle proprietà o all’ambiente. Parliamo di calamità naturali quali terremoti e alluvioni, che spesso richiedono ingenti risorse per il ripristino e il recupero dei danni generati (ndr)

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