di Piero Di Antonio
— Nel nuovo studio di Oxfam “Disuguaglianza: il potere al servizio di pochi”, pubblicato in occasione del Forum economico mondiale di Davos aperto oggi, emerge che dal 2020 i cinque uomini più ricchi al mondo hanno più che raddoppiato le proprie fortune mentre 5 miliardi di persone più povere hanno visto invariata la propria condizione. Per l’Italia partecipa solo kil ministro dell’economia Giorgetti.
Si riuniscono a Davos per dirci come va il mondo. Noi comuni mortali a tal proposito sappiamo già parecchio a tal punto da essere sazi di dati leggermente imbellettati e ben presentati a favore degli invitati, di economisti, politici e di giornalisti compiacenti e contenti di essere lì, tra i grandi. Oggi possiamo permetterci di non infliggerci l’annuale tortura di ascoltare e leggere le dotte e circostanziate analisi di quelli che dalla tribuna ovattata di Davos ci spiegano e ci indicano le strade nuove, e che tentato di convincerci che il mondo va come va perché così deve andare, attraverso ricchezza di grafici, studi ponderosi di accademici e statistiche che hanno il privilegio di essere soltanto la foglia di fico sotto cui nascondere verità nude e crude.
Alla vigilia del Wordl Economic Forum di Davos basta leggere qualche chicca sulla situazione del mondo descritta nel rapporto Oxfam, tra guerre e migrazioni, ma anche tra scandalosi divari tra chi possiede tutto il ben di dio e chi non ha nemmeno quel mezzo pollo da mangiare per sè e per la sua famiglia che la statistica gli assegna sulla carta. E la stessa Oxfam ad avvertirci che serviranno ben 230 anni per sconfiggere la povertà. Qui Maynard Keynes esclamerebbe che “nel lungo periodo saremo tutti morti”. Quindi bisogna affrettarsi a dire ai nostri pronipoti di comunicare a loro volta ai nipoti dei loro nipoti che, “state tranquilli”, la situazione sta per essere risolta.
LA SAGGEZZA. Doverose due premesse di un uomo estremamente ricco che può quindi permettersi di parlar chiaro. “È in corso una lotta di classe, ma è la mia classe, la classe ricca, che sta facendo la guerra, e stiamo vincendo” — “Verso in imposte soltanto il 17,4% del mio imponibile; i miei dipendenti fino al 41%. I legislatori si sentono obbligati a salvaguardarci quasi fossimo gufi maculati”. Lo ha ripetuto varie volte Warren Buffett, 93 anni, il quinto uomo più ricco del mondo, soprannominato l’«oracolo di Omaha» per la sua abilità di previsione negli investimenti finanziari. E se lo dice lui…
Sintesi del rapporto Oxfam “Diseguaglianze: il potere al servizio di pochi”
1) Dal 2020 i cinque uomini più ricchi al mondo hanno più che raddoppiato le proprie fortune mentre 5 miliardi di persone più povere hanno visto invariata la propria condizione. Secondo lo studio Elon Musk (a destra nella foto), Bernard Arnault, Jeff Bezos (a sinistra), Larry Ellison e Warren Buffett ), i cinque uomini più ricchi al mondo, dal 2020 hanno più che raddoppiato le proprie fortune passando da 405 a 869 miliardi di dollari, a un ritmo di 14 milioni di dollari all’ora. Ai ritmi attuali, nel giro di un decennio forse ci sarà il primo trilionario della storia dell’umanità. Ci vorranno però oltre due secoli, si stima 230 anni, per porre fine alla povertà.
Ricordiamo che l’1% degli italiani più ricchi paga, in proporzione, meno tasse del restante 99% dei contribuenti. E’ quanto ha segnalato uno studio della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e dell’Università di Milano Bicocca, pubblicato dal “Journal of the European economic Association”.
2) L’aumento della ricchezza estrema nell’ultimo triennio “è stato poderoso, mentre la povertà globale rimane inchiodata a livelli pre-pandemici”. Oggi i miliardari sono, in termini reali, più ricchi di 3.300 miliardi di dollari rispetto al 2020 e i loro patrimoni sono cresciuti tre volte più velocemente dell’inflazione. L’incremento dei patrimoni rispecchia la “straordinaria performance” delle società che controllano. Anche qui occorre ricordare che, secondo i dati dell’Istat, tre minorenni su dieci in Italia sono a rischio povertà.
3) Il 2023 è stato l’anno d’oro perché il più redditizio di sempre con 148 tra le più grandi aziende al mondo che hanno realizzato profitti per circa 1.800 miliardi di dollari tra giugno 2022 e giugno 2023, con un aumento del 52,5% degli utili rispetto alla media dei profitti nel quadriennio 2018-21. Per ogni 100 dollari di profitti generati da 96 tra i colossi globali, 82 dollari sono fluiti agli azionisti sotto forma di dividendi o buyback azionari.
4) La forza lavoro ha invece perso potere d’acquisto. Per quasi 800 milioni di lavoratori occupati in 52 Paesi, i salari non hanno tenuto il passo dell’inflazione. Il relativo monte salari ha visto un calo in termini reali di 1.500 miliardi di dollari nel biennio 2021-2022, una perdita equivalente a quasi uno stipendio mensile (25 giorni) per lavoratore. Dall’analisi delle disparità economiche, Oxfam ha sottolineato come nel 2020 la disuguaglianza internazionale dei redditi ha registrato il più alto incremento su base annua dal 1990.
5) La ricchezza globale resta nel Nord del mondo, dove vive il 21% della popolazione che possiede il 69% della ricchezza netta privata. Nel capitolo sull’Unione Europea, viene riportato che, nonostante rappresenti meno del 6% della popolazione mondiale, ospita il 15% dei miliardari mondiali e il 16% della ricchezza miliardaria globale. Dal 2020 i miliardari nell’Unione hanno aumentato la loro ricchezza di un terzo, raggiungendo lo scorso anno i 1.900 miliardi di euro. I cinque più ricchi europei del rapporto Oxfam sono Bernard Arnault, Amancio Ortega, Francoise Bettencourt Meyers, Dieter Schwarz e l’italiano Giovanni Ferrero.
6) Nel mondo è enorme anche il divario di genere: gli uomini detengono una ricchezza che supera di 105.000 miliardi di dollari quella delle donne.
LA PATRIMONIALE. “Letteralmente, ogni ora in cui i governi non agiscono vale milioni, e l’Unione Europea non fa eccezione. Una tassa patrimoniale europea è vitale per impedirci di cadere in una nuova era di supremazia miliardaria. Tassando equamente i più ricchi d’Europa, l’Ue possiede la chiave per iniziare a ridurre il divario tra loro e il resto di noi”, ha affermato Chiara Putaturo, esperta fiscale Ue di Oxfam. Il rapporto di Oxfam mostra anche una ‘guerra alla tassazione’ da parte delle multinazionali. Nell’Ue, l’aliquota dell’imposta sulle società è scesa dal 32,2% nel 2000 al 21,5% nel 2023. A livello globale, solo il 4% delle 1.600 aziende più grandi rende pubbliche la propria strategia fiscale globale e le imposte sul reddito societario pagate in tutti i Paesi.
CONCLUSIONE
Secondo Amitabh Behar, direttore esecutivo di Oxfam International, «il rapporto dice che 7 delle 10 società più grandi al mondo hanno un miliardario come amministratore delegato o azionista di riferimento. Queste corporation hanno un valore di 10.200 miliardi di dollari, superiore al Pil combinato di tutti i Paesi dell’Africa e dell’America Latina». Poi attacca i Re Mida mondiali: «Sembra di vivere in un film distopico, di trovarci agli albori di un ‘decennio dei grandi divari’, con miliardi di persone a sopportare il peso di epidemie, inflazione, guerre, e una manciata di super-ricchi che moltiplicano le proprie fortune a ritmi parossistici».
La disparità non è solo fra Nord e Sud del mondo, bensì anche di genere. La conseguenza è che «per una donna che lavora nella sanità o nel sociale ci vorrebbero 1.200 anni per guadagnare quanto in un anno percepisce, in media, l’amministratore delegato di una delle 100 imprese della lista Fortune». Nella Davos che da anni promuove l’imprenditoria femminile, questo è un dato che deve far riflettere. Perché i divari, troppo spesso, si riducono soltanto, invece che eliminarsi del tutto.
E LA POLITICA? Le grandi imprese esercitano un potere economico sempre più concentrato che favorisce le rendite di posizione e indebolisce il potere contrattuale dei lavoratori. Questo fenomeno genera e amplifica le disuguaglianze, conducendo a una redistribuzione alla rovescia: risorse trasferite dai lavoratori e consumatori agli azionisti e manager delle corporation. La politica, complice di questa situazione, consente il mantenimento di posizioni monopolistiche. E in Italia la patrimoniale, ovvero la tassazione di una quota minima del reddito, è un tabù.