La Corte internazionale di Giustizia ha ordinato a Israele di fermare immediatamente l’offensiva contro Rafah, nella striscia di Gaza. La Corte ha inoltre sostenuto che “non ci sono prove” delle rassicurazioni fornite dal governo di Israele circa la sicurezza dei civili e accesso garantito ai convogli umanitarie.
Israele deve fermarsi subito: così ha ordinato la Corte dell’Aja accogliendo la richiesta presentata dalle autorità del Sudafrica. Come riferiscono fonti di stampa internazionale concordanti, i 15 giudici del tribunale delle Nazioni Unite hanno votato all’unanimità, ricordando che dall’inizio dell’aggressione alla città nel sud della Striscia di Gaza ben 800mila persone hanno dovuto lasciare case o campi per sfollati.
Rafah infatti, a ridosso del confine con l’Egitto, accoglieva ormai oltre l’80% della popolazione della Striscia da quando il 7 ottobre Israele ha lanciato l’operazione contro l’enclave palestinese, in risposta all’offensiva di combattenti di Hamas che hanno causato la morte di circa 1.200 persone.
La Corte ha inoltre sostenuto che “non ci sono prove” delle rassicurazioni fornite dal governo di Israele circa la sicurezza dei civili e accesso garantito ai convogli umanitari. I giudici hanno così esortato Tel Aviv non solo a porre fine all’attacco, ritirando le proprie truppe, ma anche di riaprire tutti i valichi di frontiera per permettere l’ingresso di merci e aiuti umanitari “senza restrizioni”.
Infine, il tribunale esige che Israele “adotti misure efficaci per garantire l’accesso senza ostacoli alla Striscia di Gaza a qualsiasi commissione, missione o organismo d’inchiesta incaricato dalle Nazioni Unite, al fine di indagare sulle accuse di genocidio” che il Sudafrica ho mosso contro Israele. Questo, riportano ancora le stesse fonti, deve avvenire affinché osservatori e inquirenti possano raccogliere informazioni e prove di eventuali crimini di guerra commessi, prima che possano andare perdute.
L’Icj infine dà alle autorità di Tel Aviv un mese di tempo per produrre documenti che dimostrino l’implementazione di tali misure cautelari, così come quelle precedentemente imposte dalla Corte e che, come hanno chiarito i giudici, “Israele non ha osservato”.
Si tratta del terzo pacchetto di misure che la Corte internazionale di giustizia applica sullo stato di Israele da gennaio, dopo la denuncia di “genocidio” presentata dal Sudafrica.
Dal 7 ottobre ad oggi le autorità di Gaza calcolano che oltre 35mila palestinesi siano morti e quasi 80mila siano rimasti feriti nel conflitto.
La scorsa settimana Karim Khan, il procuratore capo della Corte penale internazionale, anche questa con sede all’Aia, ha manifestato l’intenzione di spiccare il mandato d’arresto internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità a carico del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, del ministro della Difesa Yoav Gallant, e di tre alti vertici di Hamas, tra cui il leader Yahya Sinwar.
Netanyahu ha subito convocato la riunione dei ministri. Israele: “Niente al mondo ci fermerà, l’offensiva continua”. Raid sul campo profughi di Shaboura nel centro di Rafah. Nel frattempo, il direttore della Cia tenta di rilanciare i negoziati e presto incontrerà il capo del Mossad