giovedì 13 Marzo 2025

C'è una crepa in ogni cosa. E' da li' che entra la luce (Leonard Cohen)

Oscar, favoriti Brutalist, Conclave, con Isabella Rossellini, e il giovane Bob Dylan

Stasera a Los Angeles si terrà la 97esima edizione degli Oscar, il premio più ambito dell’industria cinematografica statunitense. Proviamo a fare ordine tra i favoriti e i possibili outsider della serata con il servizio di The Voice of New York.

di Monica Straniero

Quest’anno la corsa al miglior film è stata un continuo saliscendi. The Brutalist ed Emilia Pérez si sono spartiti i Golden Globe, Anora ha fatto razzia ai Critics’ Choice, ha vinto i Producers Guild of America Awards (PGA), che premiano la produzione cinematografica, e i Directors Guild of America Awards (DGA), dedicati alla regia. Nel frattempo, Conclave arriva agli Oscar forte della recente vittoria ai Bafta, il “fratello britannico” degli Oscar e del Sag Award, il premio della Screen Actors Guild.

Se si seguisse la logica dei numeri, Anora, un’epopea tra amore e conflitti di classe, sarebbe il favorito, grazie ai PGA, il cui sistema di voto ricalca quello dell’Academy. Ma gli Oscar sfuggono spesso alle previsioni matematiche. La giuria potrebbe dividersi tra l’ambizione visiva di The Brutalist, potente metafora del declino sociale, culturale ed estetico dell’America, e Conclave, un thriller politico ambientato nel Vaticano, dove i cardinali si contendono il papato tra intrighi, alleanze e lotte di potere. Entrambi però, devono vedersela con A Complete Unknown di James Mangold, che ha guadagnato slancio nelle ultime fasi della stagione grazie all’interpretazione di Bob Dylan affidata all’idolo della Gen Z, Timothée Chalamet.

La corsa alla miglior regia si preannuncia come un duello serrato tra Sean Baker (Anora) e Brady Corbet (The Brutalist). Se i dati statistici sembrano favorire il primo, la forte componente europea tra i votanti potrebbe riequilibrare le chance a vantaggio del secondo.

Adrien Brody in The Brutalist. Fonte Ufficio stampa
Brutalist. Fonte Ufficio stampa

Dispiace per Fernanda Torres, straordinaria in Io sono ancora qui di Walter Salles, ambientato negli anni Settanta durante la dittatura militare brasiliana, ma il premio come miglior attrice a Demi Moore sarebbe comunque meritato. La sua interpretazione in The Substance di Coralie Fargeat, nei panni di una donna che, varcata la soglia dei cinquant’anni, affronta con violenza e disperazione l’obsolescenza sociale imposta dal mondo, è sfaccettata, intensa e profondamente commovente. Tuttavia, con gli Oscar non si può mai dire: Mikey Madison (Anora), forte della vittoria ai Bafta, potrebbe ribaltare i pronostici.

E poi c’è Karla Sofía Gascón, protagonista del melodramma operistico Emilia Pérez di Jacques Audiard, fino a poco tempo fa considerata la grande favorita. Prima donna transgender a ricevere una nomination come miglior attrice, l’interprete spagnola è finita al centro di una tempesta mediatica dopo la diffusione di alcuni vecchi post controversi. Il film si è ritrovato improvvisamente invischiato in un dibattito acceso, che ha visto Netflix e lo stesso Audiard prendere le distanze. Nel frattempo, il CEO dell’Academy, Bill Kramer, ha condannato con fermezza ogni forma di hate speech, ma ha anche sottolineato la necessità di garantire a Gascón un’accoglienza rispettosa durante la cerimonia. L’attrice, dal canto suo, ha respinto ogni richiesta di ritiro, difendendo il suo lavoro e confermando la sua presenza alla serata degli Oscar.

Karla Sofia Gascon. Ufficio Stampa Lucky Red
Karla Sofia Gascon

Tra gli attori, tutti gli indizi portano ad Adrien Brody che in The Brutalist interpreta un architetto tormentato, capace di immaginare un futuro che pochi riescono a concepire. Ma Timothée Chalamet può contare sul Sag Award e sulla consolidata passione dell’Academy per i biopic. Anche in questo caso, nulla è scontato: occhio a Sebastian Stan, che con The Apprentice di Ali Abbasi, porta sullo schermo un giovane Donald Trump.

Pochi dubbi invece sugli attori e le attrici non protagonisti: Zoe Saldaña per Emilia Pérez e Kieran Culkin per A Real Pain di Jesse Eisenberg, un raffinato road movie tra memoria e identità, dove due cugini affrontano traumi familiari e il peso della Storia tra humour e malinconia. In gara anche Isabella Rossellini per Conclave, nome di peso e presenza elegante che impreziosisce la cinquina.  “Ogni giorno e notte penso a mamma è papà” ha detto l’attrice italiana. L’Academy proverà, come sempre, a tenere la cerimonia entro il limite delle 3 ore e 30 minuti, ma la storia ci insegna che è un’impresa quasi impossibile.

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