La Rete cosiddetta “stupida”, vale a dire il sistema di comunicazione che scambia bit anonimi, sta per alzare bandiera bianca dinanzi ai grandi produttori di servizi e contenuti digitali.
Ne sono la prova due recenti annunci: quello di British Telecom Group, operatore delle telecomunicazioni del Regno Unito, che ha pianificato ben 55mila licenziamenti entro il 2030 passando dai 130mila dipendenti e collaboratori attuali a 75mila; e quello del suo principale concorrente Vodafone (100mila dipendenti in tutto il mondo) che di licenziamenti nei prossimi anni ne ha pianificati 11mila. In entrambi i casi vi saranno ripercussioni anche in Italia.
Identici i problemi lamentati dai due colossi. In uno scenario di redditività in forte calo dovuto all’erosione del potere d’acquisto dei consumatori negli ultimi tre anni (pandemia, crisi geopolitica e inflazione), occorre, dicono, ridurre i costi e puntare verso aree diverse di crescita strategica.
L’ad di BT, Philip Jansen, lo ha detto con chiarezza: “Il nostro gruppo in futuro farà affidamento su una forza lavoro molto più piccola, con una struttura semplificata e con una significativa riduzione dei costi”.
E qui s’innesca l’altro grande tema che investe il sistema di quella che ormai si può definire la “Rete stupida” come la definì David Isenberg negli Anni Novanta. Allora il sistema di trasmissione era intelligente, mentre i telefoni tradizionali erano “stupidi”.
Con l’avvento di Internet è oggi la Rete a essere stupida poiché trasmette soltanto bit anonimi, mentre i terminali e il software che li controlla realizzano le applicazioni che ogni giorno vengono utilizzate da miliardi di utenti. Infatti oggi ricorriamo alle sigle ISP (Internet Service Provider) ossia gli operatori telefonici che danno l’accesso alla Rete; e OTT (Over The Top) vale a dire aziende di servizio – come Apple, Google, Microsoft, Amazon, Meta-Facebook – che utilizzano le capacità di trasporto offerte proprio da Internet.
Ebbene, per British Telecom Group le principali aree di investimento nei prossimi anni saranno la fibra ottica, il completo passaggio al 5G, l’automazione delle reti e dei servizi grazie proprio all’Intelligenza Artificiale. Quindi, ciò che si preconizzava negli anni addietro – ovvero che l’Intelligenza Artificiale avrebbe causato una perdita consistente di occupazione, quindi l’espulsione dal lavoro di milioni di persone – si sta puntualmente verificando.
L’intelligenza artificiale sbarca sull’i-Phone
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Gli annunci sul taglio dei dipendenti di cui si è parlato in precedenza confermano dubbi e perplessità su come sarà utilizzata e su come si prefigurerà il nostro futuro. Per ora bisogna registrare un’altra notizia di grande rilievo: ChatGPT sbarca sull’i-Phone. Quindi avremo presto l’intelligenza artificiale in tasca.
OpenAI, infatti, ha appena pubblicato su App Store l’applicazione per iOS del suo più famoso chatbot (programma informatico che interagisce a voce con l’utente), anche se chiamarlo in questo modo è riduttivo. La tecnologia di intelligenza artificiale generativa che alimenta ChatGPT permetterà di trovare risposte su qualsiasi argomento, di creare testi, di dare consigli e persino di aiutare a imparare una nuova lingua.
Gli utilizzi suggeriti da OpenAI sono quelli già noti per chi frequenta ChatGPT da browser (o attraverso altre applicazioni basate sul chatbot): ottenere risposte a una domanda, essere consigliati su una miriade di argomenti, generare testi complessi, trovare idee per un regalo, presentazioni di lavoro, poesie, essere aiutati o assistiti sul lavoro o apprendere cose nuove, dalla storia alle lingue straniere.
Con lo sbarco dell’Intelligenza Artificiale sull’I-Phone, ChatGPT per iOS consentirà inoltre di sincronizzare le conversazioni e ne condividerà la cronologia tra i diversi iPhone o iPad. L’applicazione richiederà il consenso per l’accesso ad alcuni dati che “potrebbero essere raccolti e collegati all’utente”, ovvero informazioni di contatto, identificativi, contenuti, statistiche di utilizzo e diagnostica.
Piero Di Antonio