Una “mamma stanca” scrive a Famiglia Cristiana (sito) sottoponendo al giornale, e ottenendo una risposta dallo scrittore, medico e psicoterapeuta Alberto Pellai, un interrogativo che sta provocando molte reazioni sui social segno evidente che la stanchezza di una mamma che lavora è un problema molto sentito, soprattutto nei confronti dei figli che dai genitori si aspettano sempre dei sì. In sintesi la domanda che Cinzia pone al giornale, e riassunta nel titolo, è questa: “Lavoro e in casa devo accudire tutti. Come dire “no” quando sono stanca?”. (La foto correda il servizio).
L’articolo merita un’attenta riflessione perché il problema esiste e viene avvertito in maniera molto acuta dalle donne che lavoravano e che a sera arrivano distrutte nell’impegnativo ruolo di madri e lavoratrici. Basta organizzarsi o c’è bisogno di una politica che tenga conto di come sia difficile per una donna con figli tirare avanti in una giornata sempre frenetica. O solo fisiche?
Questo che segue è lo scambio tra la lettrice e Pellai.
La lettera. “Ho tre figli, meravigliosi ma impegnativi. Insegno in una scuola secondaria. Mio marito è spesso in trasferta per lavoro. I miei due genitori anziani vivono al piano superiore. Sono stati un’enorme risorsa quando i bambini erano piccoli. Ora che sono un po’ acciaccati, faccio tutto il possibile per accudirli.
La mia è una vita ricchissima di legami, esperienze e anche molta fatica. Non la cambierei per nulla al mondo, ma sento che c’è qualcosa che non va. Forse il mio problema è che a volte vorrei essere capace di dire no anch’io. Di ammettere, prima con me stessa e poi con chi mi sta di fronte, che “mi piacerebbe davvero tanto dirti sì, ma oggi non ce la faccio. Sono troppo stanca”.
Vorrei poterlo dire ai miei figli, quando esagerano con le loro richieste. Ma anche ai miei genitori che a volte hanno aspettative che vanno oltre le mie possibilità (per esempio, ora che non guidano più, vogliono essere accompagnati dappertutto). Come si fa a dire: “Fermate il mondo, voglio scendere?”
La risposta di Alberto Pellai:
– Carissima Cinzia, hai descritto benissimo la frenesia della tua vita. Ogni giorno fai talmente tante cose che, probabilmente, una tua giornata vale quanto una settimana di una persona comune. Hai ragione quando dici che non ce la fai più e hai tutto il diritto di produrre un cambiamento che sia funzionale non solo a rispondere alle necessità degli altri, ma anche ai tuoi personali bisogni.
La prima cosa da cui partirei è alleggerire il carico del lavoro domestico, magari assegnando qualche compito anche ai tuoi figli, se sono già in età per poterti supportare, e poi coinvolgendo una persona esterna alla famiglia che venga per un numero di ore congruo a tutte le mansioni di cui ti devi occupare. Insomma qualcuno che, per esempio, si occupi di stirare e pulire al posto tuo. Anche rispetto ai trasporti dei tuoi genitori, mi sembra che lo schema che adottate sia quello in cui loro chiedono e tu obbedisci. Come se fossi rimasta la loro bambina.
Serve invece che ogni settimana valutiate quali siano gli spostamenti in cui vanno accompagnati e li organizziate secondo una pianificazione che tenga conto dei loro bisogni e dei tuoi impegni. Presumo che per te la difficoltà più grande sia di ordine psicologico: come faccio a dire di no a persone che da me si aspettano sempre che dica sì? È la domanda tipica di chi rischia di soccombere nell’iperaccudimento degli altri, dimenticando sé stesso.
Per questo ti invito a leggere: Piccolo manuale per non soccombere di B. Berckan (Urrà), un saggio per imparare a dire un no convinto, gentile ed efficace.