La scure dei licenziamenti si abbatte sulle big tech. Anche Google, dopo l’annuncio dello stesso tenore arrivato ieri sera da Amazon, sta tagliando centinaia di posti di lavoro nei settori dell’assistenza digitale e dell’hardware oltre che nel team di ingegneri. La decisione è legata alla riduzione dei costi necessaria per la inarrestabile concorrenza dell’Intelligenza artificiale di Microsoft e OpenAI, il creatore di ChatGPT, che stanno mettendo in crisi il gigante della ricerca Google.
Questi licenziamenti riguadano mille dipendenti e seguono una tendenza più ampia nel settore tecnologico, in quanto le aziende cercano di ridurre i costi in un periodo di incertezza economica. Google è una grande azienda con oltre 180.000 dipendenti, quindi gli attuali esuberi rappresentano solo una piccola parte della sua forza lavoro, ma sono comunque il segno di una crisi che non cessa di colpire il settore tecnologico.
Ad aggravare la situazione del colosso di Mountain View il procedimento in atto davanti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. L’avvocato generale Juliane Kokott ha proposto infatti alla Corte di confermare l’ammenda di 2,4 miliardi di euro inflitta a Google per aver favorito il proprio servizio di comparazione di prodotti.
Come stabilito dalla Commissione Europea e confermato dal Tribunale, Google ha infatti utilizzato “la propria posizione dominante nel mercato dei servizi di ricerca generale come leva per favorire il proprio comparatore di prodotti visualizzando in maniera preferenziale i suoi risultati”. Lo si legge in una nota della Corte. Le conclusioni dell’avvocato generale non vincolano la Corte.
“La Commissione ha constatato che Google avrebbe favorito, nella sua pagina dei risultati della ricerca generale, i risultati del proprio comparatore di prodotti rispetto a quelli dei concorrenti. Google, infatti, presentava i risultati di ricerca del proprio comparatore di prodotti in cima a tale pagina e in modo prominente, con informazioni grafiche e testuali attraenti, nelle cosiddette Shopping Units; per contro, i risultati di ricerca degli altri comparatori di prodotti, suoi concorrenti, apparivano solo in posizione meno favorevole come link blu”, ricorda la Corte.
“Ciò ha comportato che gli utenti cliccassero con maggiore frequenza i risultati del comparatore di prodotti di Google rispetto a quelli dei concorrenti. La conseguente deviazione del traffico proveniente dalla pagina dei risultati generali di Google non si basava su una migliore qualità del servizio di comparazione dei prodotti ma risultava invece dall’autofavoritismo e dall’effetto leva sulla pagina dei risultati generali di Google, vale a dire dallo sfruttamento della posizione dominante di Google nel mercato dei servizi di ricerca generale su Internet”.
ELON MUSK TAGLIA SULLA SICUREZZA
Elon Musk non si ferma davanti a nulla. Quando c’è da tagliare il personale delle sue aziende taglia, e quando c’è da far passare contenuti offensivi sul suo social (ex Twitter) lascia tranquillamente passare, senza badare alle regole e alle difese imposte dalla sicurezza elettronica. L’uomo più ricco del mondo nell’ultima settimana è incorso in due inciampi: il primo dell’Agenzia del lavoro degli Stati Uniti; il secondo, ancora più allarmante, della Commissione australiana per la sicurezza elettronica che controlla i contenuti dei social.
L’Agenzia del lavoro degli Stati Uniti ha denunciato la Space X di Elon Musk per aver licenziato otto dipendenti che avevano contestato le dichiarazioni pubbliche dell’amministratore delegato nel 2022. La prima udienza è prevista il 5 marzo, se non si troverà un accordo il dossier verrà trasferito al giudice amministrativo.
Ma per Musk i guai non finiscono qui: secondo i nuovi dati diffusi dall’Autorità australiana per la sicurezza elettronica, la società di Musk avrebbe licenziato più di 1.200 dipendenti in tutto il mondo dai team responsabili della lotta ai contenuti offensivi online. Lo riporta l’Agenzia France Presse. (La foto è tratta dalla BBC)
RIPRISTINO DEI CONTENUTI DANNOSI
Questi “profondi tagli” e il ripristino di migliaia di account vietati avrebbero creato “la peggiore delle situazioni” possibili riguardo alla diffusione di contenuti dannosi!.
Negli ultimi mesi, l’autorità di regolamentazione si è concentrata in particolare su X, affermando in precedenza che la sua acquisizione da parte di Musk coincideva con un picco di “tossicità e odio” sul social network precedentemente noto come Twitter. Utilizzando l’Online Safety Act australiano, la eSafety Commission ha ottenuto l’elenco dettagliato degli ingegneri del software, dei moderatori di contenuti e di altro personale di sicurezza che lavoravano presso X.
Il commissario australiano per la sicurezza elettronica Julie Inman Grant ha dichiarato all’AFP: “Rimuovere l’80% di questi ingegneri specializzati è come se Volvo, rinomata per i suoi standard di sicurezza, si separasse da tutti i suoi progettisti o ingegneri”. Secondo lei, questa è “la situazione peggiore. Abbassi notevolmente le tue difese e introduci di nuovo sulla piattaforma dei recidivi”.
L’Australia ha guidato lo sforzo globale per regolamentare i social media, costringendo le aziende tecnologiche a spiegare come affrontano questioni come l’incitamento all’odio e gli abusi sessuali sui minori.
A ottobre, la eSafety Commission aveva inflitto una multa ad X di 610.500 dollari australiani, ovvero 370mila euro, affermando che la piattaforma non era riuscita a dimostrare chiaramente che stava combattendo la proliferazione di contenuti di violenza sessuale contro minori. Ma X ha ignorato il termine per pagare la multa, prima di avviare un’azione legale per farla annullare. La società non ha risposto alla richiesta di commento dell’AFP, inviando invece una risposta automatica dicendo “occupato al momento, riprova più tardi”.
LICENZIAMENTI ILLEGALI
L’Agenzia federale del lavoro degli Stati Uniti accusa SpaceX di aver licenziato illegalmente otto dipendenti che avevano contestato, con una lettera aperta inviata ai vertici dell’azienda, alcune dichiarazioni fatte sui social media da Elon Musk, fondatore e amministratore delegato della società spaziale.
La denuncia riguarda in particolare i messaggi pubblicati su X (ex Twitter) da Musk, che i dipendenti dell’azienda avevano contestato nella missiva spedita alla dirigenza, definendole “una distrazione e un imbarazzo“. Secondo i lavoratori, poi licenziati, le esternazioni dell’amministratore delegato non erano coerenti con le politiche aziendali sulla diversità e sulla cattiva condotta sul posto di lavoro. Una tra gli otto dipendenti ha accusato SpaceX di alimentare una “cultura tossica” dove sarebbero tollerati i maltrattamenti nei confronti dei lavoratori.
La lettera era stata inviata ai vertici di SpaceX nel giugno 2022 e si riferiva a una serie di tweet pubblicati da Musk, molti dei quali avevano allusioni sessuali e discriminatorie. I dipendenti sostenevano che i messaggi lanciati da Musk non apparivano in linea con il codice di comportamento della società e chiedevano ai dirigenti di condannare pubblicamente “il dannoso atteggiamento su Twitter”.
Gli otto criticavano i vertici per “non aver contrastato una cultura fatta di sessismo, molestie e discriminazione” nei luoghi di lavoro. “Il comportamento di Elon nella sfera pubblica – avevano aggiunto – è una frequente fonte di distrazione e di imbarazzo per noi”.
Secondo la denuncia, i dipendenti sarebbero stati interrogati riguardo i contenuti della lettera, mentre gli altri lavoratori avrebbero ricevuto un avvertimento: sarebbero stati licenziati se avessero intrapreso iniziative simili. Inoltre era stato rafforzato il livello di controllo interno, e nelle procedure c’era la lettura e l’obbligo di mostrare gli screenshot delle comunicazioni tra i dipendenti. La lettera, naturalmente, non sarebbe dovuta diventare pubblica. Ma adesso, con il caso avviato dall’Agenzia federale del lavoro, il documento è diventato pubblico e getta nuove ombre sul controverso rapporto che Musk ha con i suoi dipendenti.