venerdì 21 Febbraio 2025

C'è una crepa in ogni cosa. E' da li' che entra la luce (Leonard Cohen)

DAL WATERGATE ALLA PAURA

ll giornale del multimiliardario  Jeff Bezos, The Washington Post – lo stesso che sollevò il caso Watergate facendo dimettere un presidente degli Stati Uniti, Richard Nixon – stavolta è caduto in basso non pubblicando un’inserzione pubblicitaria che chiede il licenziamento dell’altrettanto multimiliardario Elon Musk, che Trump ha piazzato alla Casa Bianca a capo del Doge. La notizia viene riportata da Prima online.

Il WP torna quindi al centro dell’attenzione e non per una vicenda di giornalismo coraggioso, ma per una figuraccia che la dice lunga su come negli Stati Uniti anche la sbandierata libertà di stampa possa diventare un pallido ricordo. Nessuna fuga di grandi firme, o richieste di presunta maggiore equità nel parlare di Donal Trump. Ad attirare l’attenzione è stata la scelta della testata di cancellare un’inserzione pubblicitaria che chiedeva al presidente americano Trump di licenziare Elon Musk. Commissionata dall’associazione apartitica Common Cause, con una spesa da 115.000 dollari, l’inserzione avrebbe dovuto occupare due pagine di alcune edizioni del Washington Post, incluse quelle destinate alla Casa Bianca, al Pentagono e al Congresso.

‘Who’s running this country: Donald Trump or Elon Musk?’, ‘chi governa il Paese: Donald Trump o Elon Musk’, recita la pagina – ora visibile sul sito dell’associazione – con una foto con il miliardario mentre ride e una foto della Casa Bianca inclinata. Poi un breve testo con l’accusa a Musk di aver creato caos e confusione e l’invito ai lettori di fare pressione sulla politica americana per arrivare al suo licenziamento.

L’INSERZIONE CENSURATA DAL WASHINGTON POST

La cancellazione sarebbe stata comunicata a Common Cause venerdì. “Il Washington Post – che ha la responsabilità di tenere una lente d’ingrandimento davanti a persone potenti come Elon Musk e Donald Trump – si è rifiutato di pubblicare il nostro annuncio che li denunciava”, ha scritto l’associazione raccontando l’accaduto. Che si è chiesta da cosa sia dipesa la decisione, con una stoccata polemica all’editore Jeff Bezos: “è più preoccupato per una telefonata arrabbiata dalla Casa Bianca che per il dovere giornalistico del suo giornale?”

 

 

 

 

 

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