giovedì 21 Novembre 2024

C'è una crepa in ogni cosa. E' da li' che entra la luce (Leonard Cohen)

Il governo laburista inglese propone il lavoro di 4 giorni a settimana. E in Italia?

L’Inghilterra si sta avviando verso la settimana corta lavorativa. Il governo laburista di Keir Starmer ha infatti proposto di lavorare le stesse ore ma in quattro giorni. Downing Street pensa a un “orario compresso”: da 8 a 10 ore giornaliere, su base volontaria. Ma la Confindustria teme che le aziende non possano opporsi alla richiesta di flessibilità dei lavoratori. La decisione del governo è stata maturata dopo i risultati di una grande sperimentazione avviata in molte aziende nel 2022 e che ha avuto eccezionali riscontri da parte degli imprenditori e delle maestranze. A tal punto che in tutta la Gran Bretagna la maggior parte delle aziende ha adottato permanentemente il cambiamento con risultati positivi. Alcune settimane fa, i risultati di quell’esperimento sono stati diffusi e commentati da vari organi di informazione.

ECCO UNA SINTESI DI COSA SCRIVE Carlotta Sisti su ELLE

In Gran Bretagna il progetto pilota è nato nel 2022, e da subito non ha mostrato criticità, anzi. La settimana lavorativa di 4 giorni (senza tagli alla retribuzione), infatti, è un’idea germogliata su suolo britannico, dove, grazie ad una campagna intensa del thinktank Autonomy, basata soprattutto sui risultati di uno studio accademico condotto dalle università di Cambridge e Oxford, due anni fa 6 aziende hanno mosso i primi passi in questo territorio quasi completamente inesplorato, per poi attrarre a sé moltissime altre realtà. Dopo solo due mesi dall’avvio del test, erano già 3.300 i lavoratori distribuiti in 70 aziende, a lavorare l’80% della loro settimana abituale, in cambio della promessa di mantenere il 100% della loro produttività.

E le cose sono andate esattamente così. Se all’inizio non è stato facile riorganizzare turni, riunioni e passaggi di consegne su quattro giorni, in un lasso di tempo relativamente breve ogni attività ha trovato il modo di ottimizzare i meccanismi, introducendo anche delle nuove regole per i propri dipendenti. Per esempio, un paio di mesi dopo l’inizio della sperimentazione, Gary Conroy, fondatore e Ceo di 5 Squirrels, azienda per la cura della pelle sulla costa meridionale dell’Inghilterra, raccontava alla Cnn di ave rintrodotto un “tempo di lavoro profondo” per garantire che i suoi dipendenti ottimizzino la produzione.

Preso atto che i dipendenti trascorrono in media il 58% della propria giornata in attività quali rispondere alle e-mail e partecipare alle riunioni, piuttosto che il lavoro per cui sono stati assunti, Conroy ha stabilito che per due ore ogni mattina e due ore ogni pomeriggio il proprio staff ignorerà la casella di posta, le chiamate su Teams e i messaggi, concentrandosi esclusivamente sul proprio lavoro. Il risultato è stato una maggiore produttività, concentrata in quattro giorni, con conseguente possibilità di averne uno in più libero da dedicare a ciò che si desidera. E se la soddisfazione dei dipendenti di fronte a questo cambiamento era immaginabile, molto interessante è stato conoscere, a dicembre del 20220, anche il punto di vista delle imprese.

Come riportava il New York Times, 35 delle 41 aziende che avevano accettato di rispondere a un questionario di gradimento circa la nuova misura dichiaravano che la possibilità di prendere in considerazione l’estensione del test oltre i sei mesi previsti era “probabile” o “estremamente probabile, non avendo riscontrato cali di produttività”. A sorpresa, sei aziende intervistate hanno riportato un miglioramento dei risultati, mentre solo due hanno registrato un calo di rendimento.

Due anni dopo il progetto pilota, le cose vanno ancora meglio. La maggior parte delle aziende del Regno Unito che hanno preso parte al più grande esperimento mai realizzato al mondo sulla settimana lavorativa di quattro giorni hanno reso la politica permanente, come mostra una ricerca condotta da Juliet Schor, professoressa di sociologia al Boston College. Delle 61 organizzazioni che hanno preso parte nel Regno Unito nel 2022 al primissimo esperimento di durata prevista di sei mesi, 54 (89%) stanno ancora attuando la politica un anno dopo e 31 (51%) hanno, appunto, reso il cambiamento permanente. Secondo il rapporto, più della metà (55%) dei project manager e degli amministratori delegati ha affermato che una settimana di quattro giorni – in cui il personale ha lavorato al 100% della propria produzione nell’80% del tempo – ha avuto un impatto positivo sulla propria organizzazione. Per l’82% ciò ha comportato effetti positivi sul benessere del personale, il 50% ha riscontrato una riduzione del turnover del personale, mentre il 32% ha affermato che ha migliorato il reclutamento di posti di lavoro. Quasi la metà (46%) ha affermato che il lavoro e la produttività sono migliorati.

La professoressa Schor ha affermato che i risultati hanno mostrato effetti “reali e duraturi”. “La salute fisica e mentale – ha scritto nel report – e l’equilibrio tra lavoro e vita privata sono significativamente migliori rispetto a sei mesi. Il calo del burnout e i miglioramenti della soddisfazione di vita sono rimasti stabili”. Il rapporto sulla settimana lavorativa di quattro giorni, redatto, nel dettaglio, dal thinktank Autonomy e da ricercatori dell’Università di Cambridge, dell’Università di Salford e del Boston College, ha rilevato che “molti dei vantaggi significativi riscontrati durante lo studio iniziale sono persistiti per 12 mesi” , anche se, hanno notato, “il campione è discreto ma rimane comunque di piccole dimensioni”. 

Quasi tutto (96%) del personale ha affermato che la propria vita personale ne ha tratto beneficio e l’86% ritiene di aver ottenuto risultati migliori sul lavoro, mentre il 38% ritiene che la propria organizzazione sia diventata più efficiente, e il 24% ha affermato di aver potuto gestire meglio le incombenze famigliari, di assistenza e cura di bambini o anziani. Le aziende di maggior successo hanno reso la loro settimana di quattro giorni “chiara, sicura e ben comunicata” e hanno co-progettato le loro politiche tra personale e management, pensando attentamente a come adattare i processi di lavoro, come hanno scritto gli autori dello studio. A febbraio di quest’anno, sulla scia di questi dati positivi, il governo scozzese ha lanciato una sperimentazione della settimana lavorativa di quattro giorni per alcuni servizi pubblici.

Qualche testimonianza diretta, pescata dal report. Paul Oliver, direttore operativo di Citizens Advice Gateshead, ha detto ai ricercatori che la settimana di quattro giorni “ha aiutato i suoi dipendenti a far fronte a loro ruolo impegnativo e ha migliorato la fidelizzazione, poiché in quanto organizzazione di beneficenza non siamo in grado di pagare salari elevati”. “Volevamo migliorare le condizioni del personale in modo che riposassero meglio e potessero dare di più al lavoro”, ha aggiunto. La maggiore efficienza introdotta dal progetto pilota ha consentito all’organizzazione di raggiungere diversi obiettivi, tra cui il miglioramento della qualità della consulenza e del numero di clienti interpellati, l’espansione del servizio su sette giorni grazie a una maggiore flessibilità, l’aumento della redditività e la riduzione dei livelli di malattia del personale.
Mark Downs, amministratore delegato della Royal Society of Biology, ha affermato che la sua organizzazione sta mantenendo la politica in cui il personale si divideva il lunedì e il venerdì libero tra loro perché era stata accolta positivamente sia dai lavoratori che dai partner esterni.Un vantaggio inaspettato che ha riscontrato è stato che i giorni in cui la maggior parte del personale era assente, erano molto più produttivi.
E IN ITALIA? IL LAVORO GIUSTO NON INGRANA
L’Italia ci sta provando, ma senza ingranare. Questa formadi “lavoro giusto” come l’aveva definita nel 2022 la Fim Cisl fatica a prendere piede. Eppure, in un’epoca dove tanti lavoratori, soprattutto giovani di talento, stanno cambiando posto di lavoro e le competenze si muovono nel mercato del lavoro, si potrebbe provare a contrattare e creare un lavoro produttivo ma maggiormente sostenibile. Come per i giovani, anche per una popolazione lavorativa sempre più anziana ed esperta. In una realtà in continuo divenire, è infatti impossibile non vedere nella staticità delle forme contrattuali in vigore oggi in Italia un segno di debolezza.
Ma qualcuno che ci sta provando c’è. Dopo la banca Intesa Sanpaolo, la prima ad aver abbracciato l’idea, è arrivata, a dicembre 2023, anche Luxottica, con una sperimentazione lanciata su base volontaria in determinati reparti e monitorata per verificare la fattibilità dell’adozione definitiva. La stessa strada è stata intrapresa da Lamborghini. Proprietà e sindacati si sono accordati per arrivare a una settimana lavorativa di 33 ore e mezzo.
Nel dettaglio, sono state istituite una settimana di quattro giorni alternata a una da cinque per chi lavora su due turni e due settimane da quattro giorni alternate a una da cinque per chi è impegnato su tre turni. Infine: eliminazione dei controlli sulle timbrature, smart working illimitato activity-based e sperimentazione su base volontaria della settimana di 4 giorni.
Queste le novità della nuova organizzazione del lavoro “Flex4Future” adottata da Sace, l’azienda controllata dal ministero dell’Economia e delle finanze che si occupa di garanzie per l’export. La nuova organizzazione del lavoro coinvolgerà per la prima volta tutti i 950 lavoratori e sarà oggetto di studio da parte dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano per monitorare l’efficacia e analizzare gli impatti del percorso intrapreso, sia in termini di produttività del lavoro sia di benessere delle persone.
Qualcosa si muove, insomma, qualcuno interessato c’è. Ma conosciamo bene la limitata capacità del nostro paese di mutare in base a nuove tendenze che vanno a minare uno status quo ormai discutibile. Anche con dati positivi alla mano, l’Italia è una nazione per natura sospettosa verso cambiamenti che spingano avanti, invece che indietro. Siamo intrinsecamente nostalgici, ma la nostalgia spesso tiene lo sguardo schiacciato giù, a guardarsi le scarpe, piuttosto che l’orizzonte.

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