Il Tribunale di Firenze ha respinto la richiesta di risarcimento (200mila euro) presentata da Matteo Renzi, leader di Italia Viva, contro il Corriere della Sera. Il giudice: “Il tribunale non è un bancomat”.
Nella sentenza, viene deplorato l’uso del tribunale “come se fosse un bancomat”. L’uso cioè delle querele come minacce verso i giornalisti, come “deterrente”. Il leader di Italia Viva chiedeva 200mila euro per diffamazione e danni non patrimoniali dopo la pubblicazione di un articolo sull’inchiesta Open. Un danno provocato da notizie false, secondo la tesi del senatore fiorentino. Dopo la causa persa con Marco Travaglio (il volto di Renzi stampato su un rotolo di carta igienica apparso in video) al quale dovrà pagare 42mila euro di spese legali, per Renzi arriva un secondo stop. Sulle sconfitte delle “querele temerarie”, va ricordato il caso in Umbria fra il quotidiano online Tuttoggi e il banchiere Leodino Galli.
Il Tribunale di Firenze ha respinto la richiesta presentata dall’ex premier con due sottolineature scritte dal giudice Susanna Zanda, la stessa del procedimento contro Travaglio. La prima è la condanna di Renzi a pagare 16mila euro di spese di lite a favore di chi aveva portato in giudizio: l’editore Rcs, il direttore del Corsera, Luciano Fontana, e l’autrice dell’articolo, la vicedirettrice Fiorenza Sarzanini.
La seconda è un richiamo: “La richiesta di ben 200mila euro, oltre alla plurima pubblicazione del dispositivo, che costerebbe circa la metà di tale importo, al di là della infondatezza della domanda, ha una palese ed ingiustificata carica deterrente, specie ove collocata nell’alveo delle iniziative, volte ad usare il Tribunale civile come una sorta di bancomat dal quale attingere somme per il proprio sostentamento, anche quando lo si coinvolge senza alcun fondamento”.