Venti guerra tra Azerbaigian e Armenia. Materia del contenere: il Naborno Karabak. Oggi l’Azerbaigian ha annunciato il lancio di “attività antiterrorismo locali” nella regione del Nagorno-Karabakh per disarmare le forze filo-armene e imporne il ritiro. Alcune ore più tardi, le autorità separatiste hanno chiesto di “sedersi al tavolo dei negoziati per risolvere la situazione”, ma la risposta il presidente Alyev è stata chiedere loro la resa: solo in quel caso l’operazione militare finirà.
La regione, il Nagorno-Karabakh, riconosciuta a livello internazionale come parte dell’Azerbaigian, ha una popolazione prevalentemente di etnia armena ed è già stato teatro di guerra tra il 1991 e il 1994, poi nell’aprile 2016 e infine nel 2020. Attualmente la regione è controllata da autorità armene non riconosciute dall’Azerbaigian, che ora accusano Baku di avere “violato il regime di cessate il fuoco lungo tutta la linea di contatto lanciando attacchi missilistici e di artiglieria”. Riferiscono inoltre di due civili uccisi e 11 feriti.
Il primo ministro della Repubblica di Armenia, Nicol Pashinian, ha detto che le forze dell’Azerbaigian hanno iniziato “un’operazione di sfondamento” per prendere il controllo dell’enclave. Il governo ha inoltre sottolineato di non avere proprie forze in Nagorno-Karabakh e ha chiesto al Consiglio di Sicurezza dell’Onu e alle forze di pace russe, stanziata nell’area da tre anni, di adottare misure per fermare “l’aggressione dell’Azerbaigian” nel Nagorno-Karabakh, arrivando a parlare di “pulizia etnica”.
Il premier ha parlato con il segretario di Stato americano Blinken e con il presidente francese Macron. Pashinian accusa inoltre il Cremlino di non avere informato dell’operazione, nonostante ne fosse stato messo a conoscenza da Baku. Mosca ha replicato di averne appreso solo pochi minuti prima dell’avvio delle ostilità.
Il ministero della Difesa azero Zioha – riferisce Giuseppe Asta nel suo servizio su RaiNews – ha espresso l’intenzione di “ripristinare l’ordine costituzionale della Repubblica dell’Azerbaigian, disarmando e garantire il ritiro delle formazioni delle forze armate armene dai nostri territori e neutralizzare le loro infrastrutture militari” e affermato di avere già colpito strutture militari e sistemi d’armi, assicurando di mirare solo a obiettivi militari legittimi e non a infrastrutture civili. Per i civili sarebbero stati aperti corridoi umanitari.
Il ministero degli Esteri di Baku ha affermato che la pace potrà essere raggiunta solo una volta che le truppe armene lasceranno la regione e l’autorità separatista locale sarà sciolta. L’Azerbaigian ha dato il via all’operazione dopo aver denunciato che sei dei suoi cittadini erano stati uccisi dalle mine terrestri in due diversi episodi e incolpato “gruppi armati armeni illegali”.
Il governo armeno respinge le accuse e, a sua volta, denuncia violenze commesse dal paese vicino. Assicura inoltre di non avere personale militare in Karabakh e che le sue priorità sono puramente umanitarie. Gran parte del Karabakh è controllato dalle autorità di etnia armena non riconosciute dal governo azere.
L’escalation è avvenuta il giorno dopo che cibo e medicine di cui avevano urgente bisogno erano stati consegnati in Karabakh lungo due strade contemporaneamente, un passo che sembrava potesse aiutare ad allentare la crescente tensione tra Azerbaigian e Armenia. Fino agli ultimi giorni Baku aveva imposto restrizioni radicali al corridoio Lachin, l’unica strada che collega l’Armenia al Karabakh e non aveva consentito aiuti perché temendo che il percorso venisse utilizzato per il contrabbando di armi.
LE REAZIONI INTERNAZIONALI. La portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha espresso preoccupazione per la “repentina escalation” in Nagorno-Karabakh e chiesto alle due capitali di rispettare gli accordi sul cessate il fuoco. Ha però anche accusato l’Armenia di avere creato “un terreno fertile per la politica ostile dell’Occidente contro la Russia”, dopo che Erevan ha condotto esercitazioni militari con gli Stati Uniti.
Il segretario di Stato americano Blinken ha fatto sapere avrà colloqui urgenti con tutte le parti per porre fine all’operazione “vergognosa” dell’Azerbaigian nell’enclave del Nagorno-Karabakh. L’Alto rappresentante per la politica estera Josep Borrell ha detto che “l’Unione europea condanna l’escalation militare lungo la linea di contatto e in altre località del Karabakh. L’Ue deplora la perdita di vite umane causata dall’escalation. Chiediamo l’immediata cessazione delle ostilità e che l’Azerbaigian interrompa le attività militari in corso”.
La Francia ha condannato con “la più grande fermezza” l’avvio da parte dell’Azerbaigian di un’operazione militare nell’alto Karabakh e chiede “la convocazione d’urgenza di una riunione del consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite”.
Il ministro degli esteri italiano Antonio Tajani ha scritto su Twitter/X: “Alla luce delle tensioni in atto, a New York ho voluto incontrare il ministro degli Esteri azero Jeyhun Bayramov sottolineando la necessità di dialogo e moderazione per trovare una soluzione diplomatica. L’Azerbaijan è un partner importante: lavoriamo insieme anche contro i trafficanti di esseri umani”.
L’omologa tedesca, Annalena Baerbock, ha esortato l’Azerbaigian a “interrompere immediatamente il bombardamento e tornare al tavolo dei negoziati, solo così è possibile una pace duratura”.