lunedì 25 Novembre 2024

C'è una crepa in ogni cosa. E' da li' che entra la luce (Leonard Cohen)

ISLANDA / Le donne (anche la premier) scioperano per la parità salariale

Il Paese più progressista al mondo, la piccola Islanda, replica oggi, a distanza di 48 anni, lo storico sciopero per il giorno di riposo delle donne che nel 1975 aprì la strada a una serie di diritti e una politica progressista che non ha eguali nel mondo. Allora il 90 per cento della popolazione non lavorò e si riversò in  massa nella capitale Raykjavik per il Kvennafrifagurinn (giorno di riposo delle donne), oggi lo fanno per reclamare  la parità salariale.

L’appello alla mobilitazione generale è stato raccolto anche dalla premier Katrin Jacobsdottir. Le organizzatrici – sono 40 le associazioni che si battono per questo diritto (lavoratrici, sindacati, reti femministe e associazioni Lgbtq) – ricordano anche che nel Paese più evoluto e progressista non bisogna dare i diritti mai per scontati. L’Islanda è contro il “gender pay gap” ossia quella pratica culturale acquisita secondo cui le lavoratrici, a parità di merito e mansioni, sono pagate meno degli uomini.

Le organizzatrici chiedono che vengano resi pubblici gli stipendi di tutti i settori, specie quelli in cui sono impiegati le donne tra cui, in particolare, quello delle pulizie, notoriamente tra i meno retribuiti nel mercato del lavoro.

L’appello prevede anche che “lo sciopero includa il lavoro in casa, come la cura dei bambini e i lavori domestici. Ci aspettiamo che mariti, padri, fratelli e zii si assumano le responsabilità legate alla famiglia e alla casa: preparare la colazione e il pranzo al sacco, ricordare i compleanni dei parenti, comprare un regalo per la suocera, fissare un appuntamento dal dentista per tuo figlio…”.

Allo sciopero ha deciso di aderire anche la Prima Ministra, l’ecoprogressista Katrín Jakobsdóttir. “Oggi non lavorerò perché mi aspetto che facciano lo stesso anche tutte le donne che fanno parte del governo”, ha affermato la premier, assicurando che i suoi ministri stanno esaminando il modo in cui vengono valutate le professioni dominate dalle donne, rispetto ai campi tradizionalmente dominati dagli uomini.

Assieme a lei, decine di migliaia di donne stanno incrociando le braccia facendo sentire il peso della loro mancanza in tutti i settori specie quelli della sanità e della istruzione. Attualmente, secondo l’Unione islandese degli insegnanti, le donne costituiscono infatti la maggioranza dei docenti in tutti i livelli del sistema educativo (con punte del 94% nella scuola materna) e circa l’80% dei lavoratori dell’Ospedale Universitario Nazionale, il più grande del Paese, sono al femminile.

La manifestazione a Reykjavik del 1975 in occasione dello sciopero “Oggi non lavoro”

Oggi come 50 anni fa le donne hanno l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza del lavoro femminile per la società e l’economia. Il 24 ottobre del 1975, 25.000 donne islandesi decisero di scioperare, dando vita a un evento noto come “kvennafri” o giorno libero femminile. In questa giornata storica, le donne non andarono al lavoro, non cucinarono, non si presero cura dei figli e non pulirono le loro case con una massiccia partecipazione pari al 90%.

La protesta odierna  (definita “un atto di disobbedienza civile” dal sindacato degli insegnanti) dà da pensare, se consideriamo che l’Islanda è stata indicata per 14 anni consecutivi come il Paese al mondo più vicino all’uguaglianza di genere dal World Economic Forum (WEF).

E lo slogan di oggi “Questa la chiamate uguaglianza?” punta il dito sulla rivendicazione di un diritto che non è davvero tale e che chiede anche che “la violenza di genere venga eliminata e il contributo delle donne e delle persone non binarie sia riconosciuto e premiato”. Nella capitale Reykjavik si tiene l’evento più importante.

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