LA GUERRA DEI DRONI / Due anni fa l’invasione dell’Ucraina

di Andrea Tinari *

Due anni fa l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia di Putin. Come è cambiato il conflitto? Si può affermare che è una guerra condoitta principalmente con i droni: attività di ricognizione, attacchi mirati oltre le linee, monitoraggio: i droni hanno sostituito per priorità i carri armati, più rapidi e facili da produrre sia di questi ultimi che di razzi a lungo raggio. La corsa di Mosca e Kiev

Due anni dopo è il tempo di un primo bilancio sulle modalità del combattimento, cambiate radicalmente rispetto al passato e che hanno posto la tecnologia al primo posto per entrambi gli schieramenti: la guerra in Ucraina ha definitivamente confermato la centralità dell’utilizzo di droni nei moderni conflitti.

All’origine della centralità degli Uav l’incapacità di entrambe le parti di prendere il controllo dello spazio aereo a causa dei sistemi di difesa integrati in dotazione a entrambi gli eserciti. I velivoli senza pilota, ormai usati per colpire e non solo per attività di ricognizione, hanno dimostrato di poter infliggere perdite enormi a eserciti imponenti, ma privi di un adeguato sistema di difesa.

Gli spazi aerei non controllati. All’origine della centralità dei droni in questa guerra vi è stata l’incapacità di entrambe le parti di prendere il controllo dello spazio aereo. Uno stallo che ha spinto Kiev a seguire una strategia ben precisa, utilizzando i droni per sopperire alla differenza di forze in campo.

L’Ucraina ha usato a proprio favore i vantaggi dell’uso di velivoli divenuti nei mesi sempre più piccoli e non rilevabili dai radar nemici, oltre che letali, economici, facili da manovrare e rapidi da produrre. In Ucraina i droni hanno ridotto la cosiddetta “Catena della morte”, vale a dire il lasso di tempo che passa dal momento in cui il nemico viene individuato a quando viene annientato.

Attività di ricognizione, attacchi mirati oltre le linee, monitoraggio del nemico, sono tutte attività strategiche fondamentali che in questa guerra sono state affidate a velivoli senza pilota. Allo stesso tempo il conflitto ha accelerato la ricerca e lo sviluppo dei droni da combattimento.

Kiev ha prodotto e utilizzato droni che vanno dalle dimensioni del palmo di una mano, fino a velivoli di 500 chili per colpire e rallentare l’avanzata russa. Mosca è scesa in campo forte del proprio esercito e solo in un secondo momento ha capito l’importanza dei droni nell’influenzare l’andamento del conflitto, pagando questo ritardo a caro prezzo.

Il 2022: gli Uav che sganciavano granate. Nel primo anno di conflitto i piccoli droni ucraini sono stati utilizzati per sganciare granate sulle postazioni russe, mentre i grandi TB2 Bayraktar di produzione turca, infliggevano centinaia di milioni di dollari di danni agli armamenti del Cremlino, arrivando fino ad affondare la nave russa Moskva. Il presidente russo Vladimir Putin ha risposto, tardivamente, con l’acquisto di centinaia di droni kamikaze iraniani, gli Shahed-136 che hanno messo in difficoltà le difese aeree ucraine.

Tuttavia proprio le nuove tecnologie e la produzione industriale di queste armi costituiscono la principale carta da giocare in futuro per Kiev con un obiettivo: colpire a 1000 chilomwetri di distanza Il governo ucraino punta a produrre velivoli senza pilota capaci di colpire fino a mille chilometri di distanza, il che significherebbe mettere nel mirino obiettivi all’interno dei confini russi. Particolarmente significativo l’accordo siglato con l’azienda turca Baykar, che consente all’Ucraina di produrre componenti dei famigerati TB2.

A livello di tecnologie in campo in una prima fase del conflitto sono stati decisivi i già citati TB2 Bayraktar arrivati dalla Turchia. Dotati di razzi e armi pesanti e difficilmente identificabili dai radar russi (come gia’ avvenuto in Libia ndr), i droni disegnati dal genero del presidente turco Recep Tayyip Erdogan hanno permesso di colpire obiettivi importanti e di sfondare lo spazio aereo che Mosca pensava di controllare.

Perdite pesanti che hanno spinto i russi a correre ai ripari, al punto che l’esercito russo può ora identificare e colpire questi grandi droni turchi. Kiev ha risposto passando a un più massiccio di droni di piccole dimensioni.

Secondo quanto dichiarato dal vice premier ucraino Mykhailo Fedorov, nel 2023 la produzione interna del Paese ha raggiunto i 300mila droni, senza contare i velivoli ricevuti da Paesi alleati. Obiettivo dichiarato è arrivare a un milione di droni nel 2024, con almeno la metà dei componenti fatti in casa, molti dei quali a partire da una riconversione di tecnologie già utilizzate a uso civile.

Un esempio è dato dai dai “droni First person View (FPV)“, normalmente utilizzati per competizioni sportive e riprese, che sono stati “ammodernati” a costi bassissimi, armati con esplosivo e usati per colpire obiettivi non in movimento. Pur essendo monouso hanno il vantaggio di non essere rilevati dai radar russi. Solo un anno fa l’Ucraina produceva sette tipi di droni, ora ne produce circa 80. Un modo per sopperire al bisogno di armi e munizioni dall’estero che il presidente ucraino Volodimir Zelensky è tornato a chiedere con insistenza.

A rendere l’idea della priorita’ che i droni rivestono per Kiev un’analisi del Royal United Services Institute (RUSI) secondo cui Kiev ha bisogno di 240mila bombe al mese per contrastare i russi. Questi ultimi al contrario, possono contare su una produzione di 125 carri armati su base mensile. Mosca può contare su una scorta di munizioni cinque volte superiore a quella ucraina. Numeri che rendono l’idea di come questa guerra veda contrapposti da un lato una difesa aerea ucraina resa sempre più fluida dall’utilizzo dei droni e dall’altro la poderosa produzione bellica russa.

Putin è comunque corso ai ripari e risposto con i droni di produzione russa Orion, Eleron-3, Orlan-10 e Lancet; tuttavia le sanzioni piovute dai Paesi occidentali hanno frenato la produzione interna russa. Il leader russo è stato costretto a virare sui droni iraniani Shaheed-136, capaci di trasportare 45 chili di esplosivo. I droni hanno sostituito per priorità i carri armati e sono ben più rapidi e facili da produrre sia di questi ultimi che di razzi capaci di colpire a lungo raggio.

* RaiNews