Downing Street si è però affrettata a chiarire che non esiste alcun accordo su questa proposta. “Ci sono diverse opzioni sul tavolo, soggette a ulteriori discussioni con Stati Uniti e partner europei, ma una tregua di un mese non è stata concordata”, ha dichiarato un funzionario britannico al Financial Times.
L’Eliseo sostiene che l’accordo servirebbe a mettere alla prova la “buona fede” di Vladimir Putin nel voler effettivamente concludere il conflitto. Il ministro degli Esteri francese, Jean-Noël Barrot, ha spiegato a France Inter che una pausa di quattro settimane “permetterebbe di testare la volontà di Putin di rispettare un cessate il fuoco”. Il piano, tuttavia, non prevede alcun ritiro delle truppe russe dal fronte, un punto su cui Kyiv ha espresso perplessità poiché rischierebbe di congelare lo status quo a favore di Mosca.
Più cauta la reazione britannica. Luke Pollard, ministro delle Forze armate, ha specificato che “non è stato raggiunto alcun accordo su cosa comporterebbe una tregua”. “Stiamo lavorando insieme alla Francia e ai nostri alleati europei per cercare di capire quale sia la strada per garantire una pace duratura in Ucraina”, ha aggiunto Pollard.
La linea di Londra rimane insomma quella della concertazione con gli Stati Uniti, anche se Starmer e Macron stanno parallelamente promuovendo la creazione di una “coalizione Europa Plus” (con Canada e Turchia), che potrebbe in futuro garantire militarmente il rispetto di un eventuale trattato di pace.
“Siamo a un bivio della storia”, ha dichiarato Starmer. “L’Europa deve farsi carico della propria sicurezza, ma per avere successo, questo sforzo necessita del solido sostegno degli Stati Uniti”. Il premier laburista, con l’aiuto di Giorgia Meloni, è da giorni in prima fila per cercare di salvaguardare l’unità occidentale dopo il disastroso battibecco di venerdì tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky.
Il presidente ucraino, presente a Londra, ha ricevuto un’accoglienza calorosa da parte dei 18 leader presenti. Ma dietro le quinte i Paesi europei hanno esortato Kyiv a non alienare ulteriormente le simpatie di Washington, il cui ruolo è cruciale per l’efficacia della risposta europea al conflitto.
Secondo Bloomberg, Trump avrebbe chiesto all’Ucraina di riconoscere pubblicamente la necessità di una pace prima di firmare nuovi accordi economici. Trump, inoltre, non sarebbe disposto a fornire formali garanzie di sicurezza per l’Ucraina finché l’Europa non presenterà un proprio piano concreto per fermare le ostilità.
Da Mosca, intanto, il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha liquidato il summit londinese come inutile. “Si sta verificando una frammentazione all’interno dell’Occidente collettivo, con posizioni diverse che emergono tra i vari Paesi e gruppi”, ha spiegato Peskov. Secondo cui rimarrebbe tuttavia “uno zoccolo duro di Paesi guerrafondai, che esprimono apertamente il proprio impegno a continuare a sostenere l’Ucraina e rimangono in silenzio sulla necessità di negoziare i termini di pace il prima possibile”, ha sottolineato.
Peskov ha aggiunto che “qualcuno dovrà convincere Zelenskyy a volere la pace, e se gli europei saranno in grado di farlo, allora meglio per loro”. Mosca tuttavia rifiuta seccamente qualsiasi coinvolgimento di contingenti militari europei nel Paese aggredito. “Chiaramente non sarebbe un piano per la pace, ma per continuare a combattere”.
Infine, Peskov ha minacciato “azioni legali molto serie e conseguenze legali” se i Paesi europei accetteranno la proposta del primo ministro polacco Donald Tusk di confiscare almeno una parte dei circa 300 miliardi di euro di asset russi congelati in Europa per darli all’Ucraina. Sinora Kyiv ha ricevuto solo prestiti coperti dagli interessi maturati sui suddetti beni, il cui blocco a livello UE tuttavia è destinato a scadere a giugno.
Tusk ha chiesto a Bruxelles di prorogare le sanzioni sugli asset di Mosca, temendo un possibile veto dell’Ungheria e della Slovacchia, che in passato hanno più volte diffuso narrazioni filo-russe e si sono ripetutamente opposti al supporto europeo all’Ucraina. Nelle scorse ore, il primo ministro ungherese Viktor Orbán ha inoltre esortato i leader dell’UE a non firmare una dichiarazione congiunta di sostegno a Kyiv in vista del vertice del 6 marzo.
* the Voice of New York