di Piero Di Antonio
— Prima elementare. Il maestro scrive sulla lavagna una A con un punto sotto e fa altrettanto con una B, distanziando le due lettere. Poi dice agli alunni: “Bambini, unite i due punti con una linea”. Tutti al lavoro sul foglio bianco.
Il maestro osserva i risultati: tante linee rette dal punto A al punto B, tranne un arabesco, un ghirigori, sul foglio di una bambina attardata rispetto ai compagni. “Ma perché hai unito i due punti in questo modo?” le chiede.
Emma, 6 anni appena, non si scompone: “Signor maestro, lei ha detto soltanto di unire i due punti, non di unirli con il tracciato più veloce. Se uno ha fretta la linea più veloce è una retta. Ma io ho preferito arrivare da A a B attraverso un percorso che mi è sembrato migliore e più interessante”.
“Migliore e interessante perché? Ma così, Emma, perdi tempo…”
“Sì, perderò tempo, ma percorrendo il tragitto da A a B in questo modo vedrò intorno a me, camminando, tante più cose”.
Sta in questo dialogo tra il maestro e l’alunna la spiegazione, l’unica che possiamo fornire oggi, della politica e del potere. La linea retta altro non è che il percorso veloce, immediato che tutti, si potrebbe dire la maggioranza, scelgono per avere nel minor tempo possibile la sensazione di risolvere un problema, di arrivare a un obbiettivo. Si potrebbe chiamare, la linea retta, dittatura, autocrazia, sovranismo, populismo.
Il ghirigori di Emma è di sicuro quello più lungo e faticoso, ma è l’unico che nel tempo ci farà vedere più cose, le migliori, di cui molto spesso non ci accorgiamo dell’esistenza. Sta qui, in questa non marginale considerazione, il lungo percorso della libertà e della democrazia. Più cose si vedono più vicini si è nella comprensione del mondo.
E l’attualità del mondo, di questi tempi, ci pone davanti a un generale dell’Esercito che ha pensato bene di indicarci i tanti percorsi veloci e meno pericolosi che occorre fare per giungere a un punto soddisfacente del vivere insieme. Insomma, con le sue parole, ha tracciato una linea retta, diritta, da A a B, preferendola all’arabesco di Emma.
Ascoltare le sue parole piuttosto che leggere il best-seller ci rimanda, a mio avviso, a un’idea più aderente alla realtà italiana. La viva voce arriva più chiara nella sfera della nostra comprensione. L’occasione l’ha fornita Ferrara Cambia, associazione che fa capo all’assessore comunale Andrea Maggi, che ha invitato Roberto Vannacci, l’uomo del momento.
La sala è gremita, c’è anche in prima fila una vecchia conoscenza, il generale dei carabinieri Pappalardo. L’organizzazione è efficiente. Lo stesso Maggi non nasconde l’emozione di ospitare il generale-che-parla-chiaro e che ha fissato i suoi principi universali e condivisi da quasi tutta la platea a imperitura memoria in un libro che va via come le caramelle.
Ma qual è stata l’impressione nell’ascoltare dal vivo l’alto ufficiale? Linguaggio asciutto, sintetico, frasi secche e sbrigative come gli ordini impartiti ai sottoposti. Snocciola dati e percentuali, seppure riferiti a Paesi non tanto vicini a noi come l’Australia e il Giappone. Dice di aver assistito negli anni al declino di Parigi provocato dalla sindaca ambientalista Hidalgo. E non evita di citare l’altro declino, quello della California che, non punendo i ladri (sarà poi vero?), ha fatto la fortuna della Florida del governatore molto di destra Ron De Santis (venite in Florida – è lo slogan – vi farò ricchi) e del Texas.
Simpatie, rispettabili ma ininfluenti in ciò che vogliamo dire. La serata va avanti sui temi classici del Vannacci-pensiero: aperte critiche all’ambientalismo e all’emergenza climatica, non tralasciando l’immigrazione clandestina, la procreazione, l’educazione dei figli, la scuola, il ruolo della donna – “non ho mai detto che deve rimanere a casa – l’immancabile riferimento alla patria (in verità è il valore a cui gli italiani sono meno legati) per finire alla questione delle questioni: l’omosessualità: “Cari omosessuali, normali non siete fatevene una ragione”.
E qui si entra nel metodo-Vannacci, che piace e affascina tanto la Destra e quella parte dell’opinione pubblica che, pur pesando, preferisce in genere starsene in disparte. Stavolta ha decretato il successo di un libro – Il mondo al contrario – che dice “pane al pane e vino al vino”.
Qual è la base da cui traspare questo modo di ragionare e di proporre soluzioni? La statistica. O meglio, la normalità espressa dalla maggioranza. E qui – in questo assunto in apparenza indiscutibile poiché legato a numeri e percentuali – sta il limite che fa precipitare la costruzione di un pensiero che si arroga di essere trasgressivo ma che in realtà vola basso, rasenta la banalità, che mai e poi mai potrà alzarsi in volo.
Non serve scomodare Camus quando ci ha voluto dire che le azioni umane non potranno mai essere spiegate e tollerate con una visione burocratica e matematica; o quando osserva che ciò che conta non è rispettare o risparmiare sofferenze agli altri, bensì far vincere una dottrina in un mondo in cui colui che trionfa ha ragione.
Non è la statistica che può offrire la base ideologica della discussione, né un’uscita di sicurezza. Molti principi enunciati dal generale evaporano, nonostante gli applausi che riceve dal pubblico che vuol sentire tutto ciò, nobilitandolo con una parola “libertà”. Libertà di espressione, ossia l’articolo 21 della Costituzione, quello che fa più comodo citare.
Invece si avverte il portato modesto di questa operazione politica: è dato dal conformismo e dalla superficialità del tragitto breve che ama accompagnarsi a parole sbrigative e a frasi con meno fronzoli. La linea retta ci sembra la migliore, ma, ahinoi, è la più scontata e gratuita perché non tiene conto di ciò che è migliore e interessante per l’intero nostro percorso di vita.
Essere patrioti, scandisce Vannacci. E dove dobbiamo andare a scavare per trovare tutto questo patriottismo? Nel sottosuolo? Attenti, basta un nonnulla per scadere nel nazionalismo, notoriamente “il rifugio delle canaglie”, per dirla con Samuel Johnson. E poi, quanti di questi patrioti hanno esaltato ed esaltano davvero il nostro Paese? Ma davvero patriottismo equivale ad amarlo? Non è automatico. Tra il dire ed esserlo sul serio esistono comportamenti e atteggiamenti che ci dimostrano il contrario.
L’analisi da cui muove il generale è solo di facciata, numerica, statistica, matematica, fredda come le cifre che snocciola. Il conformismo della maggioranza sta tutto qui, non prevede l’anormalità che spesso ha partorito il genio. Per la maggioranza del tempo la muffa era la muffa, insalubre. Per Fleming, invece, è stata la penicillina.
La maggioranza su cui azione e pensiero dovrebbero basarsi è la pietra di paragone di tutto, sebbene non preveda la variabile che muove l’universo: il fattore umano, più complesso e imperscrutabile. E se la statistica assurge a unica scienza della politica non possiamo non confutare il pensiero cult sugli omosessuali.
Il numero ci consegna, infatti, una maggioranza plebiscitaria di eterosessuali, è vero, questa è la normalità da cui discende qualsiasi giudizio. Ergo, “voi omosessuali non siete normali”. Ma la statistica, sempre se si sceglie il percorso disegnato da Emma, ci consegna un’altra verità. Tutto il mondo è contrario alla guerra. La pace è la vera normalità. “Quindi, cari militari di tutto il mondo, normali non siete fatevene una ragione”. Il modo scelto di andare da A a B può anche farci capire questo.