domenica 24 Novembre 2024

C'è una crepa in ogni cosa. E' da li' che entra la luce (Leonard Cohen)

LA PAGA DEL LAUREATO

Pubblicato il rapporto del consorzio di università AlmaLaurea, che sintetizza l’indagine annuale sulle prospettive lavorative dei laureati in Italia. Il rapporto dice qualcosa sulla qualità del lavoro a cui può ambire chi finisce gli studi, sia in termini contrattuali, sia retributivi, anche sulla base del percorso scelto. L’indagine ha coinvolto 660mila persone che nel 2023 si erano laureate da uno, tre e cinque anni. Molti hanno trovato lavoro, ma rispetto al passato l’indagine mostra che i neolaureati sono meno disposti dell’anno scorso ad accettare contratti con una retribuzione bassa e un lavoro non coerente con il proprio percorso di studi. Allo stesso tempo c’è però un aumento dei contratti stabili offerti poco dopo l’università.

Nel 2023 i laureati nel 2022 hanno detto di aver trovato lavoro nel 74,1 per cento dei casi tra quelli con la laurea triennale e nel 75,7 tra quelli con la laurea magistrale. Le percentuali aumentano col passare del tempo dalla laurea: dopo tre anni sta lavorando il 90,5 per cento di quelli con una laurea triennale e l’85,4 per cento di quelli con una laurea magistrale; dopo cinque anni la quota aumenta ancora rispettivamente al 93,6 per cento e all’88,2 per cento.

Negli anni immediatamente successivi alla laurea è piuttosto normale che i laureati con una triennale lavorino prima dei laureati magistrali, che spesso iniziano un percorso successivo di formazione, come il dottorato o un master, o sono impegnati in concorsi pubblici, come per esempio gli studenti di giurisprudenza che vogliono diventare magistrati o notai.

In generale i laureati trovano lavoro soprattutto come dipendenti. Dopo un anno dalla laurea lavora come dipendente il 65 per cento delle persone con una laurea triennale (30 per cento a tempo determinato e 35 per cento indeterminato); e il 51,6 per cento (il 25,1 per cento a tempo determinato e il 26,5 a tempo indeterminato) di quelle con una laurea magistrale. Sono diffusi anche i contratti formativi, come il tirocinio o l’apprendistato, e sono più diffusi tra i laureati magistrali che tra quelli triennali. C’è poi un 10 per cento che svolge attività imprenditoriale tra i laureati triennali e un 8,4 per cento tra quelli magistrali. Tra questi ultimi c’è anche una quota di assegnisti di ricerca, l’8,8 per cento, che invece è bassissima e tra i laureati triennali (lo 0,3 per cento). Ci sono anche i laureati che dicono di avere un’occupazione senza un contratto regolare: sono l’1,1 per cento tra i laureati triennali e lo 0,9 per cento tra quelli magistrali.

La combinazione di vari fattori non ha fatto altro che peggiorare ancora la già problematica situazione degli stipendi italiani, tra i più bassi dell’Unione Europea e gli unici che negli ultimi decenni non sono cresciuti in termini reali. Questo si vede anche da quanto percepiscono i lavoratori laureati che sono andati all’estero, e che sono stati compresi nell’indagine di AlmaLaurea: i laureati in magistrale che lavorano all’estero dopo un anno dalla laurea guadagnano in media 2.174 euro netti al mese, il 56 per cento in più rispetto a quelli rimasti in Italia. Dopo cinque anni dalla laurea il differenziale è leggermente più alto: all’estero i laureati in magistrale guadagnano in media 2.710 euro netti, il 58,7 per cento in più di quelli che lavorano in Italia.

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