sabato 23 Novembre 2024

C'è una crepa in ogni cosa. E' da li' che entra la luce (Leonard Cohen)

LA SCELTA GENEROSA

Verso i rifugiati abbiamo sempre lo stesso atteggiamento o siamo più generosi nei confronti di quelli che appaiono più vicini a noi culturalmente ed etnicamente? I risultati di un’indagine fanno propendere per la seconda ipotesi. Il peso della politica.

di Cristina Cattaneo, Daniela Grieco, Nicola Lacetera e Mario Macis

(lavoce.info) L’atteggiamento verso i rifugiati. Nel suo spettacolo “Amore+Iva”, Checco Zalone impersona una signora della “Bari bene” che vorrebbe ospitare una donna profuga. La signora chiede all’organizzazione che di questo si occupa di poter ospitare una donna ucraina. Le viene risposto che “le ucraine sono finite”, ma ci sarebbe una ragazza siriana. A quel punto Zalone/signora benpensante replica che, ecco, purtroppo, non può prendere la donna siriana perché il colore della sua pelle non si abbina a quello del parquet di casa.

Alcune dichiarazioni seguite all’invasione russa dell’Ucraina nel febbraio del 2022, e del conseguente flusso di profughi, non sono poi così diverse da quelle della signora di Zalone. L’ex primo ministro bulgaro disse che “Gli ucraini sono europei (…) sono persone intelligenti, istruite. Questa non è l’ondata di profughi (…) con un passato oscuro, che avrebbero potuto essere anche dei terroristi”. Un corrispondente della Cbs dichiarò: “L’Ucraina non è un luogo, con tutto il rispetto, come l’Iraq o l’Afghanistan (…) Questa [Kiev] è una città relativamente civilizzata, relativamente europea”.

In un diverso contesto, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha sostenuto che l’Italia avrebbe dovuto “prendere” migranti dal Venezuela, perché molti sono di origine italiana e cristiana, e quindi, di nuovo, “come noi”.

Si tratta di aneddoti, oppure esiste nella popolazione una sistematica preferenza per alcuni tipi di persone che fuggono da guerra e violenza rispetto ad altri?

L’indagine. In una ricerca recente, abbiamo reclutato un campione rappresentativo di 4.087 residenti in Italia e abbiamo distribuito loro un questionario online. In aggiunta al gettone di partecipazione, abbiamo dato loro un ulteriore bonus di un euro. Abbiamo poi diviso in maniera casuale il campione in tre gruppi. A ogni membro del primo gruppo, il questionario offriva la possibilità di donare una parte del bonus a un’organizzazione che si prende cura di persone italiane vittime di violenza. Al secondo e al terzo gruppo abbiamo invece dato la possibilità di donare a un’organizzazione che si occupa dell’accoglienza di rifugiati dall’Ucraina e di rifugiati da Paesi africani in guerra, rispettivamente.

In ciascun gruppo, oltre a chiedere a ogni partecipante quanto del bonus assegnato volessero donare, abbiamo chiesto di indicare, qualora la donazione fosse positiva, la percentuale della donazione da destinare ad acquisti di beni di prima necessità (come prodotti per la cura della persona o biglietti per i mezzi di trasporto pubblici) e quale percentuale della donazione da versare direttamente in contanti ai beneficiari.

Il primo obiettivo di questo disegno sperimentale è di studiare se la propensione a donare, vista come una misura di attitudine verso un tipo di beneficiari, dipendesse appunto dalla “distanza” fra il partecipante e il destinatario e se questa distanza portasse a una gerarchia delle preferenze. Coloro che hanno la possibilità di donare ad altri italiani donano di più rispetto a coloro a cui viene proposto di donare a stranieri? E tra questi ultimi, c’è differenza nella propensione a donare ai rifugiati ucraini, presumibilmente il gruppo percepito come meno distante, e ai rifugiati africani, visti come culturalmente ed etnicamente più lontani?

L’evidenza del nostro studio è che i partecipanti chiamati a donare ad altri italiani offrono di più di quelli assegnati a rifugiati stranieri. Il risultato conferma l’ipotesi, verificata in altri studi in economia e psicologia sociale, di preferenza per individui del gruppo di appartenenza. Benché non emerga una differenza fra quanto donato in media a rifugiati ucraini e africani in termini di donazioni totali (circa 47 centesimi di euro in entrambi i casi contro 55 centesimi donati agli italiani), i contributi in contanti sono significativamente minori per i destinatari africani (21,7 per cento) rispetto agli ucraini (25,5 per cento). Per questi ultimi, la percentuale è quasi equivalente a quella degli italiani (26,1 per cento).

Donazioni in contanti e in beni di prima necessità. A parità di totale donato, la suddivisione fra contanti e beni in natura evidenzia il grado di fiducia che il partecipante ripone nel “buon uso” del denaro da parte dei beneficiari. Chi dona in natura di fatto decide per il destinatario come usare il contributo. Donando direttamente contanti, al contrario, si esprime implicitamente la fiducia che il destinatario userà la sua maggior flessibilità per gli usi che ritiene migliori.

Interrogati infatti su come prevedevano che i beneficiari avrebbero usato il contante, coloro che hanno scelto di non dare denaro contante prevedono con maggiore frequenza acquisti come alcol, sigarette o droghe. Al contrario, coloro che hanno scelto di donare almeno una certa somma in contanti confidano maggiormente che il denaro venga usato per l’acquisto di beni necessari.

Inoltre, la percezione che una donazione in contanti venga investita nell’acquisto di beni di prima necessità risulta maggiore fra il gruppo di intervistati assegnato a donare agli ucraini rispetto al gruppo assegnato a donare agli africani. Esiste, quindi, una percezione più negativa verso il gruppo di stranieri che presumibilmente viene percepito come più distante, dettata da un maggiore pregiudizio o minore fiducia verso questi ultimi.

 

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