sabato 23 Novembre 2024

C'è una crepa in ogni cosa. E' da li' che entra la luce (Leonard Cohen)

L’ANNO CHE VERRA’

di Piero Di Antonio

— L’essenziale spesso è invisibile agli occhi. Nel rivelargli il segreto della vita, la volpe voleva dire proprio questo al piccolo Principe, ossia che “non si vede bene che col cuore”. La notizia più terrena che ci attende nell’anno che arriva è che quattro miliardi e più di abitanti della terra saranno chiamati a varie riprese a votare. Negli Stati democratici, nelle autocrazie oppure nelle dittature sanguinarie che non vogliono però apparire tali. Si voterà perfino in Iran, dove il clero sciita ha praticato feroci e sanguinarie repressioni.

Ecco quindi la necessità di rendere visibile, per quanto umanamente possibile, l’essenziale di questa immensa chiamata alle urne da cui deriveranno conseguenze tangibili anche nella nostra quotidianità. Un cittadino su due nel mondo dovrà indicarci quale direzione prendere. Il clima, le grandi migrazioni, le economie, le tecnologie, il risveglio e le sfide dei Brics e dei paesi emergenti. In tutti i casi, sia se ci soffermiamo a guardare il panorama ristretto della nostra città, sia di ciò che avverrà a Roma, a Bruxelles, Londra, Mosca, Pechino o a Washington. ne saremo contagiati.

E’ indiscutibile il valore straordinario di quel che ci aspetta il 9 giugno, quando l’Europa, l’ineguagliabile nostra Europa, deciderà l’orientamento dare alla sua politica, o non-politica se si vuole accontentare i suoi detrattori. Una svolta progressista oppure una decisa sterzata a destra? E’ quella settimana (si comincerà a votare il 5 giugno per finire il 9) che è nel cuore di tutti noi.

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Con quali auspici o considerazioni preliminari ci accingiamo a lasciare un bruttissimo 2023 prima di dirigerci alle urne o di assistere a come si comporterà il mondo?

A questo punto occorre farsi soccorrere dalla volpe di cui si accennava all’inizio, anche nella consapevolezza che forse non basta la sua astuzia. Dovremmo elevare un po’ la discussione e le analisi chiedendo soccorso alla figura di un uomo esplosivo, diretto, nonché, leggo, patrono delle persone intelligenti: Paolo di Tarso, l ’apostolo educato a Gerusalemme, all’incrocio di tre mondi: “Religiosamente ebreo, culturalmente greco, politicamente romano”. Ebbene, Paolo ci potrebbe aiutare nello sforzo di afferrare l’essenziale dell’Europa e del mondo che da lì da venire.

“Non fissiamo i nostri occhi – scrive nella lettera ai Corinzi l’enfant terrible del cristianesimo – su ciò che si vede, ma su ciò che non si vede, poiché ciò che si vede è temporaneo, ma ciò che non si vede è eterno”. Lungi da noi l’intenzione quindi di arrivare a significati eterni. E’ sufficiente carpire l’essenziale di questa enorme chiamata ai seggi, cosa che l’umanità non ha mai visto in passato.

La prima e non secondaria considerazione è di fissare i nostri occhi su ciò che non si vede, o per meglio dire su ciò che viaggia sottotraccia ad esempio negli Stati Uniti, e che verrà a galla sul finire dell’anno, a novembre, quando sapremo chi andrà alla Casa Bianca. E’ qui, nella battaglia per il dominio di buona parte della terra, il discrimine tra progresso e restaurazione. A farne le spese rischierà proprio l’Europa, stretta tra un’America chiusa, isolazionista, tetragona e una Russia aggressiva e minacciosa alla finestra per assistere alla sua caduta.

Ecco una prima conclusione cui giungere per descrivere ciò che quattro miliardi e mezzo di abitanti della terra ci diranno con le loro scelte e, soprattutto, per individuare il vero nemico che volteggia sopra metà del mondo, compresa la nostra parte di italiani. Per estrema sintesi chiameremo il fragile avversario del nemico alle porte “laicità, laicismo, democrazia, stato sociale, stato di diritto, solidarietà, accoglienza, fratellanza, uguaglianza”.

Da qualsiasi lato della nostra fortezza il fanatismo sferrerà l’attacco, noi non avremo altre armi se non queste con cui difenderci e difendere il bastione Europa che abbiamo imparato a conoscere e, colpevolmente senza mai dichiararlo, ad amare. Il fanatismo religioso che pensavamo di aver sconfitto con le ultime bastonate all’Isis, si sta ripresentando più agguerrito e feroce che mai nelle fattezze e nelle parole di inquietanti personaggi che la storia, così come vorremmo che agisse, dovrebbe mettere da parte, per sempre. Cosa che, ahinoi, non avviene.

Prendiamo l’America. Da lì arrivano segnali inquietanti, a lanciarli è Donald Trump, ormai in mano ai potenti predicatori evangelici, che non è, si badi, un fenomeno episodico e incontrollato del sistema America. E’ il sistema oggi predominante e che si fa fatica a contrastare. Si regge su alcuni capisaldi di cui buona parte è il ricorso all’arma della religione. Qui, nell’avanzata degli uomini con la Bibbia in mano e nelle certezze suprematiste che inculca nelle menti più fragili, risiede la prevedibile e allarmante sconfitta dell’Europa.

Ci ritroviamo a dover discutere di Dio, Patria, Famiglia come base della nostra convivenza, dimenticando che in questi tre capisaldi della Destra stanno le tragedie che hanno insanguinato il continente, nel nome di tante divinità che, a seconda delle latitudini. sono sempre migliori delle altre.

Sta progressivamente scomparendo il dubbio e la conseguente tolleranza che esso consiglia. Si sente Trump scandire parole di fuoco contro gli immigrati, i senza dio, i complottisti, i figli di Satana, alla stregua di un ciarlatano alla fiera di paese. Governare con la Bibbia in mano vuol dire anche piegarla a malcelati interessi terreni, marcandone i passaggi più congeniali. E non è difficile scadere nell’intolleranza. La difesa da questi sintomi preoccupanti e allarmanti che opponiamo è debole.

Si tenta di fermare l’avanzata dei rinati e di una parte degli evangelici che considerano una parola contro Trump al pari di un’offesa a Dio, con parole intrise soltanto di un moderatismo che invitano a riflettere. Spesso scandite da ottuagenari malfermi perfino nelle loro convinzioni, come Biden insegna e dimostra.

A un’ondata di luoghi comuni, di verità rivelate date per universali e intangibili, si risponde con l’educazione e il dialogo. Nulla di più sbagliato, poiché la sfida che ci aspetta nel 2024 è quella di avere la forza e di urlare ai quattro venti i valori che potrebbero mettere a nudo le intenzioni di questi fanatici e impedire loro di esercitare un potere immenso e ingiusto. Il loro dilagare, va da sé,  è il restringersi dei nostri principi, dei nostri spazi vitali.

E che il mondo del conservatorismo di destra, approdato a un malcelato neofascismo del Tremila, stia rompendo gli argini lo dimostrano gli attacchi accaniti riservati al Papa, accusato da eminenti cardinali nord americani, e non solo americani, di essere “Satana in terra” per via delle sua scelte progressiste. Francesco ha vissuto la dittatura e la ferocia delle repressioni, sul soglio di Pietro ha portato una visione radicalmente diversa dalla vulgata propagandistica del neorepubblicanesimo americano, ormai votato al suprematismo.

La fine della missione di “Francesco il progressista” produrrà con ogni probabilità uno sconvolgimento epocale. Ne approfitteranno coloro che stanno in trepida attesa sia del voto presidenziale di novembre 2024, sperando nella restaurazione trumpiana, sia della fine del papato di Bergoglio, l’uomo venuto dalla fine del mondo, da quell’Argentina dove, tutto torna, un eccentrico neopresidente ha già chiesto i pieni poteri per governare. Anche questa è musica dolce per le orecchie degli estremisti.

Speculare all’America degli insurrezionisti alla Trump, è quello che sta avvenendo, non da oggi, in Palestina. Il fanatismo di Hamas non ha fatto altro che sopprimere qualsiasi anelito di libertà e pace di un popolo, quello palestinese, un tempo addirittura cristiano. Invece di costruire uno Stato palestinese, i fanatici islamici pensano a distruggere uno Stato democratico che esiste già. Fanatismo e terrorismo hanno colpito  Israele, l’unica democrazia del Medio Oriente finita purtroppo nelle mani di fanatici ultraortodossi che armano, sempre con la Bibbia in mano, i coloni che si espandono, con qualsiasi mezzo, in Cisgiordania.

Da Israele, dalla sua storia, dalle  sue sofferenze il cosiddetto Occidente laico si sarebbe aspettato altro, non la cieca reazione a fragor di bombe nella Striscia di Gaza. Israele che amiamo è laica e tollerante. Ha maestri e intellettuali laici e tolleranti che oggi, purtroppo inutilmente, tentano di mettere sull’avviso Netanyahu  e i suoi bellicosi ministri.

Anche lì il fattore del fanatismo religioso sta assumendo contorni preoccupanti, anche lì la destra religiosa mostra i denti e gli artigli. Per ora non resta che affidarci alle analisi di lungimiranti intellettuali, alle campagne di stampa di Haretz e alla reazione dell’opinione pubblica israeliana che prima o poi ci sarà e si farà valere.

Ma anche in  casa nostra, nell’Europa che ha conosciuto decenni di pace e prosperità, che ha saputo allentare i suoi confini, che ha accolto decine di Paesi sconvolti da tragiche fasi storiche, si pensi ai Paesi dell’Est, i pericoli del vento di Destra si avvertono tutti.

Scontata la rielezione di Putin, il presidente legato ai religiosi ortodossi che benedicono le armi dell’aggressore, formazioni di estrema destra, alcune dichiaratamente filonaziste, si stanno imponendo in vari Stati allarmando le comunità con parole d’ordine accattivanti e di facile consumo.

Vanno forte in Olanda, in Germania, in Francia. Per fortuna hanno avuto uno stop in Spagna e in Polonia. Ma sono pur sempre il segnale che una certa Europa, il 9 giugno, correrà dei rischi esiziali per la sua sopravvivenza. Ecco perché l’unica arma per fermare il vento della Restaurazione e delle certezze calate dall’alto resta la laicità. Gridarla e praticarla è l’unico modo per arrestare la presa di potere degli uomini di Dio, o che si proclamano tali.

Buon anno a tutti e all’Europa.

 

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