Per l’anno 2024 l’Agenzia Agi, dopo l’Ansa la seconda più importante agenzia di stampa italiana, attualmente dell’Eni, può contare su un contributo statale di 3,1 milioni di euro, assegnato dal Dipartimento Editoria il 6 dicembre 2023. E proprio in questi giorni può concorrere per vedersi assegnato uno degli 11 lotti del nuovo bando per servizi di carattere specialistico, anche video-fotografico, per un totale di 55,8 milioni di euro: si va dai 22,4 milioni di euro del primo e più ricco lotto, fino ai 570mila euro dell’ultimo.
C’è anche una questione di fondi pubblici dietro l’acquisto dell’Agi, che starebbe effettuando il senatore della Lega Antonio Angelucci (quasi mai presente in Parlamento), già editore, col suo Gruppo, di Libero, Il Tempo e Il Giornale, e titolare della Tosinvest. Proprio perché ci sono in ballo anche ingenti fondi per continuare con agio l’attività, diventa meno chiaro il motivo per cui l’attuale editore, l’Eni, abbia intenzione di vendere.
Sottolinea tutto questo – su Huffington Post – Michele Anzaldi, già deputato con Pd e Italia Viva, già Segretario della Commissione di vigilanza Rai. Secondo la riforma delle agenzie di stampa, varata nel luglio scorso dal sottosegretario all’Editoria Alberto Barachini, il 65% del bilancio delle agenzie di stampa già vincitrici del bando del 2017 (tra queste l’Agi) viene coperto dai fondi governativi.
Anzaldi mette in fila i particolari sulla trattativa Eni-Angelucci per la cessione dell’Agi, che procede “senza spiegazioni ufficiali e chiarimenti trasparenti”. La prima notizia la scrive Alessandro Barbera su La Stampa: l’Eni dichiara di aver ricevuto dal gruppo del senatore leghista “una manifestazione di interesse spontanea”.
In pratica l’Agi non era in vendita, l’Eni non aveva alcuna intenzione di venderla, o quantomeno non lo aveva esplicitato, ma Angelucci si sarebbe fatto avanti spontaneamente. “È normale -si chiede Anzaldi- che un esponente politico, peraltro appartenente a un partito al governo che guida con un suo esponente il ministero dell’Economia, chieda ad un’azienda pubblica (di cui il Mef indica i vertici) di poter acquistare un suo asset? Se davvero l’Eni ha intenzione di procedere con un’operazione di mercato, perché non mette l’Agi in vendita in maniera trasparente, consentendo a tutti gli editori e imprenditori interessati di accedere alle informazioni sulla testata e valutarne l’acquisto?”.
Seconda notizia. Sul Fatto Quotidiano Tommaso Rodano ha scritto che l’acquisto di Angelucci “fa parte di una strategia editoriale che è stata avallata anche da Giorgia Meloni”. Sul “Corriere della Sera”, anonimi esponenti di Fratelli d’Italia citati da Monica Guerzoni dichiarano che “l’affare è stato concluso già un mese fa”.
Dice Anzaldi: “Se davvero l’Eni, alla cui guida c’è un manager di riconosciuta esperienza come Claudio Descalzi, si prestasse a un tale gioco politico sarebbe grave e rappresenterebbe un danno a un bene pubblico come l’Agi, che Enrico Mattei volle inserire nel perimetro dell’Eni proprio per tutelarne l’indipendenza, l’autonomia e la professionalità, garantendo così maggiore pluralismo nell’informazione”.
Askanews riporta invece che durante il briefing quotidiano della Commissione europea per la stampa, il 25 marzo a Bruxelles, un giornalista ha chiesto se la cessione dell’Agi a un parlamentare della Lega, già proprietario di diversi media, non comporti il rischio di una concentrazione con un sistema meno pluralista dell’informazione in Italia, simile a quanto accaduto in Ungheria, dove diversi media sono stati comprati da amici del primo ministro.
“Non ho molto da dire in merito – ha risposto un portavoce della Commissione, Christian Wigand- Posso solo ricordare in termini generali che, naturalmente, nel contesto del rapporto sullo stato di diritto”, che la Commissione pubblica ogni anno, “guardiamo agli sviluppi in tutti i nostri Stati membri”.
E in questo quadro “uno dei pilastri riguarda gli sviluppi della libertà dei media”. “Ricordiamo anche – ha aggiunto Wigand – il ‘Media Freedom Act’ che ora è pressoché definitivo, e che sarà in futuro rilevante per tali situazioni di fusioni. Quando si tratta di fusioni dei media, è parte del campo d’azione del Media Freedom Act guardare a questi problemi. Ma non vorrei commentare un caso specifico in questa fase. Controlleremo e vi daremo aggiornamenti”, ha concluso il portavoce.
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