venerdì 22 Novembre 2024

C'è una crepa in ogni cosa. E' da li' che entra la luce (Leonard Cohen)

LE CITTA’ ITALIANE / Milioni di bambini e giovani senza spazi vitali

Una ricerca di Save the Children in 14 città metropolitane italiane evidenzia, soprattutto nei quartieri periferici, una situazione penalizzante per bambini, bambine e ragazzi fino ai 19 anni.  I grandi centri urbani sono sempre più abitati ma sempre più fatiscenti e svantaggiati per giovani e giovanissimi. In alcune grandi città la scuola non riesce a garantire gli spazi vitali ed educativi. Impellente quindi il bisogno di tenere le scuole sempre aperte.

Secondo quanto emerso dalla ricerca “Fare spazio alla crescita”, promossa dalla onlus   Save the Children (il sito) sono quasi 3 milioni e 800mila i ragazzi fino a 19 anni che vivono in 14 città metropolitane italiane e che sono più più a rischio di per la mancanza di stimoli e possibilità di crescita.

Un esercito che, su 114 municipi, soffre di 240 istituzioni scolastiche a rischio dimensionamento. “Nei quartieri periferici, dove vivono la maggior parte di bambine, bambini e adolescenti, spesso mancano per loro stimoli e opportunità” fanno sapere dalla onlus, che specifica come questi vuoti possano “lasciare spazio a isolamento e marginalità”.

E tra i quasi 13mila minori che sono senza casa o fissa dimora, 2 su 3 si concentrano nelle città metropolitane. Da qui l’esigenza di una campagna a cui è stato dato il nome “Qui vivo”.

Se è vero che con il crollo della natalità in Italia ci sono sempre meno bambini, i 10 milioni e 493 mila bambini e adolescenti tra 0 e 19 anni che vivono nel nostro Paese fanno i conti – viene sottolineato nel Rapporto – con una evidente disparità nell’accesso agli spazi abitativi, scolastici e pubblici adeguati alla crescita e al loro benessere educativo, fisico e socio-emozionale.

“L’Italia vive una contraddizione evidente. Se da un lato cresce l’allarme demografico per il calo delle nascite dei bambini, dall’altro si fa troppo poco per promuovere degli ambienti di crescita in grado di accogliere i neogenitori con i loro bambini.

La carenza di spazi si accentua particolarmente nelle città metropolitane, dove vive il 15% di tutti i minori del nostro Paese e allo stesso tempo il 36% dei contribuenti con un reddito complessivo inferiore a 10.000 euro annui.

Le città sono eterogenee. Esistono differenze marcate tra aree periferiche, dal punto di vista socioeconomico ed educativo, e aree “centrali”, non sempre collocate al centro della città. Nelle aree periferiche si concentrano forme di deprivazione educativa, economica e ambientale che rischiano di annientare le aspirazioni dei più giovani”.

In particolare, ben 3 milioni e 785 mila, quasi 2 su 5, si concentrano nelle 14 città metropolitane, costituite dal Comune principale e dal suo hinterland, dove vive anche il 13,7% dei contribuenti con reddito inferiore ai 15 mila euro annui. Il dato sale in grandi città del Sud Italia quali Catania, Palermo e Messina dove più della metà dei contribuenti ha un reddito inferiore ai 15mila euro annui.

La concentrazione di cittadini con redditi bassi è tuttavia elevata anche nel Centro e Nord Italia (per esempio, Roma 38,8%, Venezia 36,9%). In queste città, le aree urbane caratterizzate da una maggiore privazione socioeconomica sono spesso anche quelle con meno spazi adeguati alla crescita dei minorenni.

Anche se le condizioni abitative inadeguate riguardano un numero significativo di ragazzi in tutto il Paese, dove 2 su 5 vivono in un’abitazione sovraffollata e tra le famiglie con almeno un figlio minore c’è chi vive in case danneggiate (9,2%), con umidità (13,7%) o scarsa illuminazione(5,4%), tra i quasi 13 mila minori che sono senza casa o fissa dimora, 2 su 3 si concentrano nelle città metropolitane, dove si registra anche il 45% di tutti i provvedimenti di sfratto.

“È proprio in queste aree che gli investimenti educativi non possono mancare. è fondamentale concentrare le risorse in questi territori, promuovendo politiche e programmi di rigenerazione urbana focalizzati sull’accesso agli spazi abitativi, educativi, pubblici, adeguati e di qualità”, raccomandano da Save the Children.

Le grandi città italiane si distinguono in negativo anche rispetto alla scuola, dove la percentuale di edifici scolastici senza certificato di agibilità raggiunge il 70% (62,8% la media in Italia), ma dove anche la presenza di uno spazio collettivo, mensa, palestra, aule tecniche o informatiche risulta inferiore alla media del Paese, già segnata da pesanti carenze: manca una palestra in 3 scuole su 5, uno spazio sociale comune in più di una su tre, e aule tecniche e informatiche sono un sogno per almeno la metà degli studenti minorenni di ogni ordine e grado.

In 8 città metropolitane, inoltre, l’accesso al tempo pieno nella scuola primaria è significativamente inferiore alla media nazionale pari al 38%, con le punte in negativo di Palermo (6,5%), Catania (9,5%) e Reggio Calabria (13,7%), mentre in quella secondaria di I grado le città sotto la media (13,3%) sono 9, con Bari, Bologna, Venezia, Roma e Napoli che non superano il 5%.

In conclusione, per mettere bambini, bambine e adolescenti al centro delle politiche di sviluppo dei territori Save the Children raccomanda, tra i vari suggerimenti, di stanziare fondi statali, secondo una programmazione a lungo termine e superando la logica del bando o dei fondi straordinari, sulla base di un’“Agenda Urbana nazionale per i bambini” che preveda interventi di recupero urbano co-progettati con i minorenni residenti nel territorio di riferimento.

“In particolare – aggiungono – gli interventi dovranno mirare a garantire sui territori di riferimento i seguenti servizi essenziali come la fornitura di un pasto a scuola al giorno, completo e gratuito per i minorenni di nuclei famigliari in povertà certificata.

In ogni scuola una palestra per le attività sportive e una biblioteca dove garantire anche libri di testo scolastici in comodato d’uso gratuito. Scuole aperte tutto il giorno per assicurare il tempo pieno nelle scuole primarie e il tempo prolungato in quelle secondarie di primo e secondo grado, con apertura dei plessi scolastici e offerta di attività di sostegno allo studio e attività extracurricolari, anche in collaborazione con le realtà attive sul territorio attraverso la sottoscrizione di patti educativi di comunità”.

E, infine, pensando ai più grandi, degli spazi aggregativi giovanili che prevedano anche orientamento e accompagnamento per i ragazzi e le ragazze che non sono inseriti in alcun percorso di istruzione e formazione, né lavorativo

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