domenica 23 Marzo 2025

C'è una crepa in ogni cosa. E' da li' che entra la luce (Leonard Cohen)

LE TRE GUERRE DI ISRAELE

di Eric Salerno

Ormai è chiaro: sono almeno due le guerre in corso dal Mediterraneo al fiume Giordano. Israele sta distruggendo il popolo palestinese con la complicità palese di  tutto il mondo. E sta distruggendo il sogno di chi, ebreo o no, credeva in Israele come stato democratico molto diverso da quelli che furono sconfitti dopo gli orrori delle guerre mondiali. C’è una terza guerra in corso, anche, ma più limitata, quella di una parte della popolazione israeliana contro il suo premier e la sua politica.

“Se si votasse oggi – dicono in tanti, da Gerusalemme a Haifa a Tel Aviv e a ridosso di Gaza – Netanyahu verrebbe sconfitto”. Queste stesse persone, però, ammettono che probabilmente dalle urne uscirebbe una coalizione simile a quella di oggi: una ultra-destra forte per continuare l’attuale politica. In primo piano, nella sua agenda, costringere il popolo palestinese a rinunciare all’idea stessa di uno Stato. E, ancora meglio, portare avanti il progetto teorico offerto su un piatto d’argento dal neo-presidente americano: l’espulsione dei palestinesi dalla striscia di Gaza. Per poi cercare di fare lo stesso con quelli della Cisgiordania occupata e da Gerusalemme Est dove già sono decine di migliaia di abitazioni palestinesi distrutte negli ultimi mesi dalle forze armate israeliane.

Dare la colpa di tutto a un solo uomo, in questo caso al primo ministro Netanyahu, è assurdo. E non credo che valga la pena nemmeno analizzare qui le due facce del progetto sionista nato in Europa. Il partito in cui è cresciuto, il Likud, aveva nella sua piattaforma originale la volontà di creare uno stato ebraico da Mediterraneo al fiume Giordano. I laburisti furono più vaghi ma fu il leader Shimon Peres a convincere il suo collega di partito Rabin ad approvare il primo insediamento dei fanatici a ridosso di Hebron.

Restiamo nel mondo di oggi. Il quotidiano progresista Haaretz e il suo editorialista – Gideon Levy – mettono sotto accusa giustamente la stampa israeliana. “All’elenco dei crimini, si devono ora aggiungere più che mai – quelli dei media israeliani. Israele sta consapevolmente e maliziosamente violando un accordo internazionale firmato e sta lanciando un attacco sfrenato e selvaggio sulla Striscia di Gaza. Nella sua mossa di apertura, Israele ha ucciso più di 400 palestinesi, tra cui 174 bambini. Israele riconosce che questa volta gli obiettivi non sono terroristi ma civili – un crimine di guerra esplicito. Sta uccidendo per il gusto di uccidere, con l’obiettivo di riaccendere la guerra e preservare la coalizione del primo ministro Benjamin Netanyahu…”.

Salvare se stesso, obbiettivo principale di “Bibi” ma è chiaro che lui e la sua coalizione hanno in mente altro. Nella notte, secondo una rete tv di Tel Aviv, le forze armate israeliane hanno lanciato volantini su Gaza dicendo ai civili che “la mappa del mondo non cambierà se tutta la gente di Gaza scompare”, e implorando i palestinesi di andarsene “prima dell’attuazione del piano forzato di Trump, che imporrà il tuo spostamento forzato che vi piaccia o no”.

Sono parole che non sembrano turbare la maggioranza degli ebrei israeliani. Molti sono scesi in strada in questi giorni, invece, per protestare con il premier che sta cercando di mandare in pensione il direttore dello Shin Bet, il servizio di sicurezza interno. Non per le sue eventuali mancanze riguardo l’attacco di Hamas contro le comunità ebraiche a ridosso della striscia di Gaza ma perché due collaboratori stretti di Netanyahu sono sospettati di essere stati corrotti dal Qatar, lo stesso paese del Golfo che gestisce da anni i negoziati tra Israele e Hamas.

“Questa è una guerra per la nostra esistenza”, il giudizio di un uomo politico israeliano. “Sotto la copertura della guerra e di una cortina fumogena di bugie spregevoli e manipolazioni volte a creare l’impressione che stia “facendo tutto il possibile” per portare a casa gli ostaggi, il primo ministro continua a minare in modo aggressivo le fondamenta della democrazia. Ma a differenza di un terremoto, questa spaccatura tettonica che minaccia Israele può essere fermata. E deve essere fermato immediatamente”.

Il leader dell’opposizione Yair Lapid ha detto che Ronen Bar, il capo dei servizi segreti interni è stato licenziato a causa del caso Qatargate. “Per un anno e mezzo Netanyahu non ha visto alcun motivo per licenziarlo, ma solo quando è iniziata l’indagine sull’infiltrazione del Qatar dell’ufficio di Netanyahu e i fondi trasferiti ai suoi aiutanti più stretti, ha improvvisamente sentito l’urgenza di licenziarlo immediatamente”, ha detto Lapid. “Netanyahu ha messo ancora una volta i suoi interessi privati al di sopra della causa nazionale… È principalmente responsabile del fallimento e del disastro del 7 ottobre, e questo è tutto ciò che verrà ricordato di lui”. (Eric Salerno per The Voice of New York)

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LE MANIFESTAZIONI CONTRO NETANYAHU

Cittadini di diverse città israeliane si oppongono in particolare agli sforzi del governo di licenziare Ronen Bar, il capo dei servizi di intelligence Shin Bet, accusandolo di non aver svolto il suo compito in modo adeguato nel contesto della sicurezza nazionale. Tuttavia, la principale causa della protesta è la ripresa dei combattimenti nella Striscia di Gaza, un’azione che ha riacceso forti polemiche in tutto il Paese.

La protesta è stata lanciata da Shikma Bressler (nella foto), scienziata dell’Istituto Wediwmann e una delle leader del movimento, che ha accusato Netanyahu di mettere a rischio la vita dei cittadini israeliani e dei palestinesi a Gaza. “È tempo di porre fine a questa follia prima che non abbiamo più nessuno da salvare, prima che non ci sia più un Paese”, ha dichiarato la Bressler alla folla, parole che rispecchiano il sentimento di paura e frustrazione di una parte crescente della popolazione.

L’agitazione è rapidamente degenerata in violenze, quando alcuni manifestanti hanno tentato di abbattere le barriere e avvicinarsi alla residenza del premier, provocando scontri con la polizia. Le forze dell’ordine hanno reagito con fermezza, arrestando diverse persone che cercavano di oltrepassare le barricate. In parallelo, altre manifestazioni si sono svolte in altre zone di Gerusalemme, dove centinaia di persone si sono sedute sui marciapiedi per lanciare slogan a favore della liberazione degli ostaggi.

“È successo a Ron Arad, potrebbe succedere a chiunque di noi”, hanno gridato, ricordando il caso dell’ufficiale israeliano Ron Arad, scomparso in Libano nel 1986 e presunto morto da anni. Questo richiamo è stato un monito per tutti coloro che temono che gli ostaggi ancora nelle mani di Hamas possano subire la stessa sorte.

Nel frattempo, nei pressi della residenza ufficiale di Netanyahu, un altro gruppo di manifestanti ha bloccato lo snodo di Paris Square, sedendosi sull’asfalto come segno di protesta. L’azione di blocco stradale ha creato disagi nel traffico e un clima di tensione crescente. Questo tipo di azioni, sebbene pacifiche in apparenza, riflettono il profondo disaccordo che sta attraversando la società israeliana riguardo alla gestione della guerra e alla politica di sicurezza interna.

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