Preoccupante rapporto di Reporter Senza Frontiere sulla libertà di stampa nel mondo. Il giornalismo viene ogni giorno minacciato dalla politica, dai governi e dalle forze economiche alleate del potere. E l’Italia? E’ scivolata dal 41esimo al 46esimo posto. A minacciare l’informazione non sono solo le organizzazioni mafose, ma gruppi estremisti violenti e politici che tentano di ostacolare la libertà dei giornalisti, anche attraverso la scandalosa “legge bavaglio”.
La libertà di stampa in tutto il mondo è minacciata proprio da coloro che dovrebbero esserne garanti: le autorità politiche. E’ quello che emerge dall’ultimo indice annuale sulla libertà di stampa mondiale prodotto da Reporter Senza Frontiere (RSF). Questa constatazione si basa sul fatto che, dei cinque indicatori utilizzati per stilare la classifica, è quello politico a subire il calo maggiore, registrando un calo medio globale di 7,6 punti.
I governi non riescono a proteggere il giornalismo. Secondo il rapporto un numero crescente di governi e autorità politiche non stanno adempiendo al proprio ruolo di garanti per il giornalismo e del diritto del pubblico a notizie e informazioni affidabili, indipendenti e diversificate. RSF vede un preoccupante calo del sostegno e del rispetto per l’autonomia dei media e un aumento della pressione da parte dello Stato o di altri attori politici.
A livello internazionale, quest’anno è degno di nota per una chiara mancanza di volontà politica da parte della comunità internazionale di far rispettare i principi di protezione dei giornalisti, in particolare la Risoluzione 2222 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. La guerra a Gaza è stata segnata da un numero record di di violazioni contro giornalisti e media dall’ottobre 2023. Più di 100 reporter palestinesi sono stati uccisi daNel 2023 ci sono state elezioni decisive soprattutto in America Latina: secondo il rapporto di RSF l’Argentina, con la vittoria di Javier Milei, è scesa dal 26 al 66° posto nella classifica della libertà di stampa.
Le elezioni sono spesso accompagnate da violenze contro i giornalisti, come in Nigeria (112°) e nella Repubblica Democratica del Congo (123°). Le giunte militari che hanno preso il potere con colpi di Stato nel Sahel, in particolare Niger (sceso dal 19° all’80° posto), Burkina Faso (sceso dal 28° all’86° posto) e Mali (scendendo dall’1 al 114° posto), continuano a stringere la presa sui media e a ostacolare il lavoro dei giornalisti. lavoro. Anche la rielezione di Recep Tayyip Erdogan in Turchia è motivo di preoccupazione per RSF: al 158° posto, il posizionamento del paese continua a perdere punti.
INTELLIGENZA ARTIFICIALE E SOCIAL MEDIA
In assenza di regolamentazione, l’uso dell’Intelligenza Artificiale generativa nell’arsenale di disinformazione per scopi politici è motivo di preoccupazione. I deepfake (foto, video e audio creati grazie a software di intelligenza artificiale che, partendo da contenuti reali come immagini e audio, riescono a modificare o ricreare, in modo realistico, le caratteristiche e i movimenti di un volto o di un corpo e a imitare fedelmente una determinata voce, ndr) occupano ora una posizione di primo piano nell’influenzare il corso delle elezioni.
Molti governi hanno intensificato il controllo sui social media e su Internet, limitando l’accesso, bloccando gli account e sopprimendo i messaggi che trasportano notizie e informazioni. In Cina (172° posto), oltre ad arrestare più giornalisti di qualsiasi altro Paese al mondo, il governo continua a esercitare uno stretto controllo sui canali di informazione, attuando politiche di censura e sorveglianza per regolamentare i contenuti online e limitare la diffusione di informazioni ritenute sensibili o contrario alla linea del partito.
Secondo RSF alcuni gruppi politici alimentano l’odio e la sfiducia nei confronti dei giornalisti insultandoli, screditandoli e minacciandoli. Altri stanno orchestrando un’acquisizione dell’ecosistema mediatico, sia attraverso media di proprietà statale sotto il loro controllo, sia attraverso media di proprietà privata attraverso acquisizioni da parte di uomini d’affari alleati.
Nell’Europa orientale e in Asia centrale, la censura dei media si è intensificata imitando in modo spettacolare i metodi repressivi russi, soprattutto in Bielorussia (dal 10° al 167° posto), Georgia (dal 103° posto), Kirghizistan (dal 120° posto) e Azerbaigian (dal 13° al 164° posto).
L’influenza del Cremlino è arrivata fino alla Serbia (scesa dal 7° al 98° posto), dove i media filogovernativi portano avanti la propaganda russa e le autorità minacciano i giornalisti russi in esilio.
Il calo complessivo dell’indicatore politico ha colpito anche il terzetto in cima al World Press Freedom Index. La Norvegia, ancora al primo posto, ha visto un calo del suo punteggio, e l’Irlanda (8°), dove i politici hanno sottoposto i media a intimidazioni giudiziarie, ha ceduto la sua posizione di leader nell’Unione europea alla Danimarca (2°), seguita dalla Svezia. (3°).
I tre Paesi asiatici in fondo all’Indice dello scorso anno – Vietnam, Cina e Corea del Nord – hanno ceduto le loro posizioni a tre Paesi i cui punteggi politici sono crollati: l’Afghanistan (sceso al 44° posto nella classifica politica), che perseguita incessantemente i giornalisti dai tempi dei Talebani tornati al potere; Siria (otto nella classifica politica); e l’Eritrea (sotto la nona posizione nella classifica politica), che ora è ultima sia nella classifica politica sia in quella generale. Gli ultimi due Paesi sono diventati zone senza legge per i media, con un numero record di giornalisti detenuti, scomparsi o tenuti in ostaggio.
UNIONE EUROPEA
Secondo il rapporto di RSF fortunatamente la libertà di stampa nei paesi dell’Unione europea è “buona”; la UE ha adottato infatti la sua prima legge sulla libertà dei media (EMFA). Deve però affrontare quella che viene definita “l’influenza tossica della Russia”. L’Irlanda è uscita dai primi tre paesi dell’Indice, sostituita dalla Svezia, mentre la Germania è ora uno dei primi dieci paesi. La libertà di stampa viene tuttavia messa a dura prova in Ungheria , Malta e Grecia , i tre Paesi Ue con la classifica più bassa.
ITALIA
RFS sostiene che la libertà di stampa in Italia, scesa dal 41° al 46° posto, continua ad essere minacciata dalle organizzazioni mafiose, soprattutto nel sud del Paese, nonché da vari piccoli gruppi estremisti violenti. I giornalisti denunciano anche i tentativi da parte dei politici di ostacolare la loro libertà di coprire i casi giudiziari attraverso una “legge bavaglio”. Nel 2023 l’Italia aveva recuperato 17 posizioni rispetto al 2022, quando si era classificata al 58mo posto. RSF cita il caso della possibile vendita dell’agenzia di stampa AGI al gruppo di proprietà del parlamentare leghista e proprietario di cliniche private Antonio Angelucci.