Il 16 gennaio, lunedì, si celebrerà la Giornata mondiale della tristezza, il cosiddetto Blue Monday. Un’occasione per comprendere che è un’emozione positiva per farci vivere meglio
di Piero Di Antonio
La tristezza – dicono gli psicoterapeuti – è una delle sei emozioni di base o primarie. Le altre sono: gioia, sorpresa, paura, rabbia e disgusto.
Quando si è tristi? Il dolore di vedere scomparire una persona cara, il dolore di perdere un oggetto che ha un forte valore emotivo, la malinconia a seguito di una rottura … l’elenco è ovviamente lungi dall’essere esaustivo. Ci spiega la complessità della tristezza Francesca Carbotti, psicologa, psicoterapeuta e coaching a Milano e Parigi.
“La tristezza – scrive nella sua home page su internet – è un’emozione complessa e assume forme diverse. Le persone che non hanno fiducia in sè stesse e che non sono abituate ad affermarsi, per esempio, possono sentirsi tristi quando sono arrabbiate. La loro tristezza simboleggia quindi la loro frustrazione, ma anche l’impotenza che provano di fronte a una situazione complicata. Al contrario, le persone che non accettano la loro parte di vulnerabilità tendono a trasformare la loro tristezza in rabbia. Proiettando la loro insoddisfazione per il mondo esterno – può essere una persona o un oggetto – evitano di provare pienamente le proprie emozioni.
Se il primo istinto è combattere la tristezza, bisogna sapere che questa emozione è lungi dall’essere negativa. È lei, infatti, che ti informa sulla natura dei tuoi bisogni emotivi. Quando uno dei tuoi amici si è appena allontanato di migliaia di miglia da casa tua, la tristezza è lì per dirti che ti manca la sua presenza, che il suo sostegno e la sua benevolenza contribuiscono al tuo equilibrio. In altre parole, la tristezza è un’emozione che ti vuole bene e ti fa bene. Spingendoti ad agire, ti protegge a modo suo. Invitandoti a prenderti cura di te stesso, la tristezza rende possibile, in un modo un po’ paradossale, vivere meglio”.
Quindi, esiste un lato positivo nell’essere tristi che bisogna riscoprire in questa giornata e in quelle a venire. Ma, in una ipotetica seduta di autoanalisi, occorre anche individuare con precisione i momenti in cui la tristezza avvolge la nostra esistenza. Come non essere tristi, ad esempio, nel vedere in che condizioni sono ridotte la politica e la sinistra italiana… E la guerra? E la pandemia? Come superare il persistente dolore di vedere un campionato mondiale di calcio senza l’Italia? E che dire della tristezza nell’assistere alla chiusura di tante edicole, dove un tempo affluivano e si vendevano pile di giornali e riviste? E che dire della mattanza di tante donne? E delle ragazze iraniane? E delle morti sul lavoro? E dei giovani senza sbocchi di un’occupazione? I motivi per essere tristi sono tanti. Basta esserne consapevoli e, soprattutto, fare di tutto per vivere meglio.