venerdì 22 Novembre 2024

C'è una crepa in ogni cosa. E' da li' che entra la luce (Leonard Cohen)

Non mi hanno imparato chi è Mattarella

Errori, gaffe, ma anche domande che non stanno né in cielo né in terra. Come ogni anno è arrivato il momento dello strafalcione. Durante i colloqui della maturità se ne sentono e se ne raccontano parecchi, spesso motivo di allegre prese in giro sotto l’ombrellone. Come ogni anno il portale skuola.net ne pubblica un buon numero, con l’apprezzabile delicatezza, visto che lo stress e il terrore di fare scena muta, che attanagliano i candidati o le candidate, giocano brutti scherzi e vuoti di memoria. Ma alcuni errori sono da matita blu.

Alcuni strafalcioni, bisogna ammetterlo, sono degne di un Groucho Marx, da premio Oscar, ma pongono, al di là dei sorrisi che riescono a strappare anche al più severo tra i professori, una serie di interrogativi e dubbi che non andrebbero mai trascurati: che cosa sono riusciti a infondere nella testa  e nelle curiosità degli studenti i professori? Esiste nella scuola italiana un metodo d’insegnamento che non sia disgiunto dalla passione di trasmettere e condividere saperi e cultura?

Inoltre, c’è qualcuno da una cattedra che riesca ad appassionare i ragazzi alle buone letture, a coltivare interessi, a sviluppare il senso critico, e far diventare i libri di testo (spesso intonsi) – assieme ad appassionate discussioni in classe sugli agomenti più disparati, anche attuali – gli strumenti indispensabili per futuri successi e non soltanto quelli scolastici che, com’è noto, lasciano il tempo che trovano?

Se, come riporta skuola.net, c’è un candidato alla maturità che alla domanda “chi è Mattarella?” risponde “mai sentito nominare” a qualcuno non viene il dubbio o il sospetto che – con tutta probabilità – in classe, nel corso degli anni, non si è mai parlato e discusso di fatti che riguardano tutti, la comunità, il nostro Paese, il mondo, di eventi magari avvenuti 24 ore prima dell’entrata a scuola? Se quel candidato ha risposto “mai sentito nominare” non vuol dire che non si è mai affrontato l’argomento dell’elezione del presidente della nostra Repubblica? In famiglia la cosa potrebbe anche passare, ma in una scuola pubblica…

La carrellata di strafalcioni. Con l’aiuto di RaiNews, ecco la tradizionale carrellata di strafalcioni che fa riemergere vecchie glorie – come il D’Annunzio “estetista” anziché esteta – e nuovi scivoloni. Così c’è chi confonde Dalì con Proust o chi è convinto che il poeta Giovanni Pascoli fosse in realtà un pittore. L’autore della “Divina Commedia”? Garibaldi. Il capolavoro di Luigi Pirandello? “Uno, Nessuno, Duecentocinquantamila”. Insomma, ce n’è per tutti i gusti. Ma non sono solo gli studenti a sbagliare: anche tra i prof se ne sentono delle belle

Che fuso orario c’è in Giappone? Ma serve sapere anche questo, a quanto pare, per essere considerati maturi? La domanda, posta da un commissario d’esame a un malcapitato studente, è però solo una delle note di colore che compongono il tradizionale bestiario della maturità grazie ai racconti delle ragazze e dei ragazzi che sono stati protagonisti dei colloqui o che hanno semplicemente assistito alle interrogazioni.

Sembra, infatti, che non tutti i professori abbiamo seguito le indicazioni del ministro dell’Istruzione, che suggeriva di non infarcire di nozionismo il colloquio orale. Secondo una rilevazione dello stesso portale Skuola.net, 6 maturandi su 10 sono stati “crivellati” di quesiti dalle commissioni, dopo il discorso multidisciplinare iniziale sviluppato sulla base di uno spunto proposto dai docenti. Un dato che, qualora ce ne fosse bisogno, ha contribuito a far rimpolpare l’elenco dei tradizionali errori da esame. A partire dagli immancabili classici da orale di Maturità, come D’Annunzio “estetista” o il Mattarella “mai sentito nominare”.

A farla da padrona nei colloqui del 2023 sembra essere stata soprattutto la confusione tra generi e ambiti culturali. Che ha portato a delle strane commistioni tra arte e letteratura. Un ragazzo che assisteva all’orale di un suo compagno, ha raccontato che il suo collega ha detto che “La persistenza della memoria” (quadro di Salvador Dalì) è un’opera di Marcel Proust (quindi letteraria).

Qualcosa di simile è avvenuto in un’altra scuola, dove un maturando pare abbia detto che Giovanni Pascoli era un pittore, collocandolo addirittura con precisione chirurgica nel movimento avanguardista “Die Brücke” (Il Ponte), quest’ultimo peraltro nato in Germania.

Anche laddove non si è arrivati a scivoloni fragorosi, però, spesso e volentieri gli ambiti e i modelli di riferimento al centro delle domande dei docenti hanno messo in grande difficoltà gli studenti. Una ragazza confessa di aver detto che Giacomo Leopardi è stato un poeta del ‘900. Un’altra ha inquadrato il famosissimo quadro “Il Quarto Stato” di Giuseppe Pellizza Da Volpedo nel filone “realista” (peccato sia della corrente “divisionista”).

In questa categoria può essere fatto rientrare pure quel maturando che ha ricondotto il superuomo di D’Annunzio alla lezione di Sigmund Freud e non, come invece è, a quella di Nietzsche. Così come, sempre per restare sugli orrori filosofici, c’è chi ha erroneamente detto che la teoria del “noumeno” di Schopenhauer fosse figlia di quella già sviluppata da Marx (e non da Kant).

Tantissimi gli abbagli di carattere letterario. Alcune sono delle vere e proprie perle. Come le seguenti: l’autore della “Divina Commedia”? Garibaldi; un’opera di primo piano di Pirandello? “Uno, Nessuno, Duecentocinquantamila” (allo studente che l’ha detto i centomila della versione originale devono essere sembrati troppo pochi); la poesia “X Agosto” di Pascoli storpiata in “Per Agosto”.

Irraggiungibile quella studentessa che illustrando la trama de “La Coscienza di Zeno” di Svevo ha confuso il “Dottor S” – lo psicanalista che aveva in cura il protagonista dell’opera – con il “Signor S”, il malefico avversario dei “Me contro Te”, gli youtuber idoli dei bambini (sarà stato un lapsus figlio delle ore passate anni fa davanti ai loro video).

Dalla rassegna degli orrori da Maturità non poteva essere esonerata la storia, da sempre fonte di topiche clamorose. La strategia della “guerra lampo” (Blitzkrieg)? Per uno studente è stata molto utilizzata durante la Prima Guerra Mondiale, quando invece ha fatto la sua comparsa solo nel secondo conflitto mondiale. Meno ampia a livello cronologico, ma comunque imperdonabile, la distanza che separa dalla verità quel maturando che ha collocato le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki dopo la fine della II Guerra Mondiale (ma non furono uno dei fattori decisivi per lo stop alle ostilità?).

Non è invece temporale ma geografico lo strafalcione di un candidato che ha legato il “New Deal” americano a Winston Churchill (che però era premier britannico) anziché al legittimo “proprietario” Roosevelt. Il revisionismo storico, però, ha toccato il suo apice durante il colloquio di quello studente che ha sostenuto la tesi secondo cui i fasci di combattimento promossi da Mussolini avevano in sé ideali “di sinistra”. O quando si è detto campi di “concentrazione” e non di concentramento.

Ma la proattività dei commissari d’esame ha portato spesso anche i prof a commettere errori, alcuni davvero ai limiti della censura. Uno, in particolare, non può essere taciuto: un’insegnante avrebbe ribattezzato l’operazione T4 – ovvero il programma di pulizia etnica ideato dai nazisti, incentrato sull’eliminazione dei disabili e dei malati incurabili – chiamandola operazione T9 (cioè il sistema di scrittura utilizzato da smartphone e tablet). È proprio vero che la tecnologia ha ormai preso in ostaggio le nostre vite.

La “trance agonistica” dei docenti ha tratto in inganno pure quel professore che, preso dall’entusiasmo, ha chiesto al candidato “Quanti figli aveva Gustav Klimt?” (nozione onestamente marginale) oppure quell’altro docente che si è lasciato andare a un fuoco di fila di quesiti un tantino fuori contesto: “Che differenza c’è tra Tokyo e Kyoto?”, “Qual è il fuso orario del Giappone?”, “Quale fiume attraversa Las Vegas?” (Las Vegas attraversata da un fiume?).

Senza dimenticare, infine, momenti di imbarazzo e figuracce in serie dovuti alla tensione del momento. Che hanno accomunato gli studenti come i docenti. Un maturando, racconta uno spettatore di un colloquio orale, in preda al classico “buio” in testa ha iniziato a fissare il muro quasi estraniandosi dal contesto.

Più di un insegnante, invece, pare abbia confuso i programmi delle due classi che gli erano state affidate, proponendo così documenti su temi non trattati o ponendo domande spiazzanti. C’è chi, mentre lo studente tentava di rispondere nel migliore dei modi, è stato beccato a giocare al cellulare. E perfino chi, rischiando di far crollare in un attimo il castello costruito in anni e anni di scuola, ha lasciato uscire dalla propria bocca la seguente frase: “Mi hanno imparato”.

P.d.A.

 

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