Nella giornata mondiale contro la violenza sulle donne, le aule di giustizia ci riportano a due femminicidi, le vittime entrambe di nome Giulia, particolarmente cruenti. A Milano è arrivata la condanna all’ergastolo per Alessandro Impagnatiello, l’ex barman che uccise con 37 coltellate la sua fidanzata Giulia Tramontano, incinta di sette mesi. La madre di Giulia: “Non è una vendetta”. Nell’altro processo, a Venezia, il pm ha chiesto l’ergastolo per Filippo Turetta, che un anno fa ha ucciso Giulia Cecchettin.
MILANO. Alessandro Impagnatiello è stato condannato all’ergastolo per l’omicidio di Giulia Tramontano: la Corte d’Assise ha accolto la richiesta della Procura. ha disposto anche tre mesi di isolamento diurno (l’accusa ne aveva chiesti 18). L’uomo perde anche la patria potestà per il figlio nato da una precedente relazione. Impagnatiello, 31 anni, uccise Giulia e il piccolo Thiago, il bambino che portava in grembo (era incinta di sette mesi al momento della morte) la sera del 27 maggio 2023, al termine di una lite, dopo che la donna aveva scoperto che lui aveva una doppia vita e proprio quel pomeriggio aveva incontrato la ragazza con cui il suo compagno aveva fa tempo una relazione parallela: era una sua collega di lavoro all’Armani cafè di Milano.
I reati contestati a Impagnatiello erano omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, dalla crudeltà e dall’aver ucciso la convivente. C’erano poi anche i reati di interruzione di gravidanza non consensuale e di occultamento di cadavere. È caduta l’aggravante dei futili motivi. Dopo la lettura della sentenza, in aula, i familiari di Giulia si sono abbracciati in lacrime. Erano presenti la mamma Loredana Femiano, il papà Franco, la sorella Chiara e il fratello Mario.
La vicenda. L’ex barman, 31enne, uccise Giulia con 37 coltellate nella casa dove vivevano insieme a Senago, nel milanese, la sera di sabato 27 maggio al termine di una giornata che aveva cambiato per sempre la loro vita di coppia. Scoperto il tradimento di lui, infatti, quel pomeriggio Giulia e A., l’amante del ragazzo (che lavorava nel suo stesso bar), si erano incontrate in un bar di Milano e quindi tutto il castello di bugie costruito (malamente) da Impagnatiello era crollato una volta per tutte.
Impagnatiello, che portava avanti da più di un anno una storia parallela con una collega a cui aveva raccontato che il bambino non era suo e che Giulia aveva problemi mentali, da mesi tentava di avvelenare Giulia (pare per farla abortire) somministrandole veleno per topi nell’acqua e in altri alimenti. Il veleno gli fu trovato dentro lo zaino, mentre su Google l’ex barman aveva cercato “veleno’, ‘cloroformio’ e ‘ammoniaca”, ‘avvelenamento feto’, ‘veleno topi gravidanza’, ‘chi fa l’aborto dopo 3 mesi’, ‘aborto spontaneo dopo 7 mesi è possibile’. La perizia psichiatrica, svolta durante il processo, su Impagnatiello ha stabilito che il giovane non avesse nessun vizio di mente. L’uomo è stato definito “narcisista” e “manipolatore“.
L’accusa, nella scorsa udienza, ha parlato di “viaggio nell’orrore” prima di cominciare a riepilogare le vicende degli ultimi mesi che hanno portato all’uccisione della 29enne e del piccolo Thiago. L’uomo, dopo la morte di Giulia, tentò di bruciarne il cadavere nella vasca da bagno, senza riuscirsi. Poi lo tenne per un paio di giorni in garage per poi scaricarlo, nascosto dalla vegetazione e dentro un sacco nero, in una zona poco frequentata alla periferia di Senago. (Nelle foto: sopra, Impagnatiello e Giulia Tramontano; sotto, Giulia Cecchettin e Filippo Turetta)
PROCESSO PER L’UCCISIONE DI GIULIA CECCHETTIN
Il pubblico ministero Andrea Petroni ha chiesto alla Corte d’Assise di Venezia che Filippo Turetta, 22 anni, sia condannato all’ergastolo per l’omicidio di Giulia Cecchettin. L’accusa è di omicidio volontario aggravato da crudeltà e premeditazione. Turetta uccise Giulia, la sua ex fidanzata, l’11 novembre 2023 con diverse coltellate e poi fuggì con la ragazza a bordo dell’auto: gettò il corpo in un canalone nella zona di Barcis, in provincia di Pordenone, e poi proseguì la sua fuga verso la Germania, dove venne fermato solo una settimana dopo. La sentenza è attesa per il 3 dicembre.
“Immaginate cosa significhi essere silenziati, lo scotch sulla bocca, la pressione sulla bocca, i 25 tagli sulle mani, le ferite le urla: la crudeltà“, ha detto nella requisitoria il pubblico ministero Petroni davanti alla Corte d’Assise di Venezia. Secondo l’autopsia, la ragazza è stata colpita in totale 75 volte, “lesioni inferte con una certa violenza, ferite da difesa prodotte quando chi le subisce è vigile, in tre luoghi e tre momenti diversi”. Di qui la decisione di contestare la crudeltà. “Le lesioni mostrano l’evidenza di una particolare brutalità- ha detto ancora il pm-. Lesioni sulle spalle, anche di diversi centimetri”. E le ferite di cui “una sulla nuca: tutte le altre sono concause, ma quelle senza le quali l’evento non si sarebbe verificato, sono quelle alla nuca”.
E l’accusa ha dipinto Turetta come una persona istruita, rigettando una possibile lettura di persona disagiata o ai margini: “Turetta aveva tutte le possibilità e gli strumenti culturali per scegliere. Andava a scuola, in quelle che frequentano anche i vostri figli, si stava per laureare. Turetta è a credito, non è tra chi non ha mai avuto una chance o ha conosciuto la sopraffazione”, ha aggiunto.La contestazione della premeditazione è legata al fatto che Turetta, nei giorni tra il 7 e l’11 novembre 2023, avesse scritto la lista degli acquisti da fare per il delitto. (In collaborazione con l’Agenzia Dire – www.dire.it)