sabato 21 Dicembre 2024

C'è una crepa in ogni cosa. E' da li' che entra la luce (Leonard Cohen)

MILEI / Quando i giornalisti si inventano la storia

Innamorati di Milei: quando i giornalisti si inventano la storia. “Cent’anni di socialismo” in Argentina? Ma come dimenticare gli anni di feroce dittatura militare? Lo sanno bene le coraggiose madri di Plaza de Mayo: l’editoriale di Nico Perrone per l’Agenzia di stampa Dire merita di essere condiviso, così come si dovrebbe ricordare la pagina ingloriosa dell’Italia durante gli anni della dittatura di Destra con la nostra ambasciata a Buenos Aires blindata per non accogliere gli oppositori e consegnarli di fatto agli aguzzini. Sconcerta la facilità con cui la nostra presidente del Consiglio vada a braccetto con simili personaggi.

di Nicola Perrone *

— Vero che l’avanzare dell’età offusca la memoria, ma quando per glorificare il proprio eroe di oggi si dimenticano anni atroci, di sangue, tortura e vergogna, anche per il nostro Paese, si fa peccato mortale, non si può tacere. Niente nomi, soltanto fare attenzione a quello che sta diventando un pericoloso andazzo: la Storia? La scrivo da me, e i colpevoli sono sempre e solo i miei nemici (attuali).

Parliamo dell’Argentina e del suo nuovo Presidente, l’anarco liberista Javier Milei, di recente in visita in Italia dove ha ottenuto anche la cittadinanza. In un editoriale su un quotidiano nazionale, dopo elogi e frasi di vero innamoramento, ad un certo punto, per sottolineare la straordinaria novità politica del Presidente argentino, si arriva a scrivere: ‘… Milei crede nella virtù del mercato, considera lo Stato come una pesante sovrastruttura che imprigiona l’energia creativa, ha applicato una politica radicale che nel suo Paese, devastato da cent’anni di socialismo… oggi rappresenta il valore della differenza tra un uomo libero e un prigioniero’.

Lasciando stare Milei, cent’anni di socialismo? Come si fa a dimenticare sette anni di feroce dittatura militare che dal 1976 al 1983, non cent’anni fa, imprigionò, torturò e uccise più di 30mila argentini, la gran parte giovani? Invito tutti i lettori a guardare il documentario realizzato in passato dalla Rai, con le testimonianze dirette di chi quegli anni, quel terrore e quelle torture li visse sulla propria pelle.

Come le coraggiose madri di Plaza de Mayo, loro sì donne libere, che per anni sono scese in piazza a protestare, senza paura e non temendo la repressione, per chiedere giustizia per i propri figli e figlie assassinati dagli aguzzini militari. Persone torturate e uccise, i cui corpi venivano poi caricati sugli aerei e gettati nell’oceano.

Anche l’Italia in Argentina si macchiò l’onore. Il nostro ambasciatore si schierò con la dittatura militare, fece ‘murare’ gli accessi all’ambasciata per impedire che qualcuno trovasse un rifugio. Una pagina di vergogna, rispetto a quella gloriosa della nostra ambasciata in Cile che tre anni prima, durante il colpo di stato del generale Pinochet, diede rifugio a migliaia di persone fatte poi espatriare in Italia grazie al visto diplomatico.

Per quanto riguarda la vittoria del Presidente motosega Milei questa è avvenuta grazie alla saldatura del voto del 30% dei ceti medio alti con quella parte di ceti medio bassi che da decenni hanno vissuto da precari e nell’insicurezza.  Questo voto più popolare di chi sta ai margini, può essere interpretato come una sorta di punizione nei confronti di tutto il vecchio ceto politico e di quelli considerati dei privilegiati.

Che accadrà quando capiranno che la politica liberista di certo non si cura di loro? Altri studiosi del voto argentino hanno sottolineato che nel trionfo di Milei c’è anche l’intercettazione di un certo rancore sociale maschile, fascia d’età 20-40 anni, che ha voglia di tornare indietro, quando i maschi dominavano in tutti i settori e che in questi ultimi decenni sono stati costretti a cedere potere di fronte alla formidabile avanzata del femminismo.

Occorrerà fare i conti con questo cambio di modello, che non riguarda solo Milei ma anche i rappresentanti di una destra che non cerca di imporsi con la violenza ma puntando a rompere qualsiasi consenso sociale, a stravolgere ogni regola del potere democraticamente costituito. Dietro alla libertà che loro reclamano, alla fine, l’individuo rimane solo con le sue paure e non più in relazione con gli altri che vivono la stessa condizione. Da solo, quindi più facile da controllare, prigionieri sottomessi ai bisogni di ‘lor signori’.

* Agenzia Dire (www.dire.it)

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