domenica 24 Novembre 2024

C'è una crepa in ogni cosa. E' da li' che entra la luce (Leonard Cohen)

L’ONDA DI ENRICO

Qualcuno potrà dire che è tale la levatura del personaggio che ormai sono noti anche i più reconditi aneddoti della sua vita, delle sue visioni. Per chi ha militato, per chi ha studiato, per chi c’era, la mostra dedicata al leader del Pci Berlinguer al Museo Civico Archeologico rappresenta senz’altro “una carezza in un pugno”. Per chi si affaccia a quella Storia senza grandi conoscenze pregresse, invece, un’apprezzabile antologia

di Cristian Tracà, docente*

Ho deciso di dedicare un intero pomeriggio alla mostra su Berlinguer, ospitata dal Museo Civico Archeologico fino al 25 agosto 2024, perché volevo gustare per bene il flusso di immagini, testimonianze e documenti di un’epoca.

Quando Enrico Berlinguer è morto, non ero ancora nemmeno nei pensieri dei miei genitori. Abbiate pietà, dunque, delle riflessioni e delle sensazioni di uno che Berlinguer l’ha conosciuto dai manuali di storia, ma soprattutto dai racconti nei circoli politici, alle Feste dell’Unità.

Ci metto la buona volontà di chi è appassionato per quegli anni cruciali e di chi sogna, ogni volta che pensa a come deve essere stato bello far parte di quell’onda.

Devo confessare che il mio occhio è stato spinto molto sul rapporto con il popolo dal messaggio di un’amica che era stata a vedere la mostra qualche giorno prima. Parole che mi hanno portato a spasso con la mente per giorni: «La cosa che mi ha colpito di più è la folla di operai che aveva dietro il Pci. È come se fossero cambiati i valori del popolo, della gente semplice. Oggi per aderire ai valori del Pd bisogna ‘’avere cultura’’, allora bastava il buon senso comune. Una rivoluzione dalla base».

C’è qualcosa infatti che mi colpisce sempre quando le persone più anziane parlano di Berlinguer: gli occhi che si riempiono di una composta commozione sia che il racconto avvenga durante una spadellata di tagliatelle dietro ai fornelli sia durante un’assemblea di circolo.

La sensazione dell’età dell’oro, quella stagione politica intensa come mai: un valore collettivo di comunità che oggi sembra tremendamente perduto. L’identificazione, nella mente di tanti tra gli anni della Bologna “vetrina” del Partito Comunista, il balzo in avanti nel Paese del partito che come nessun altro si faceva portavoce delle istanze popolari, la bella giovinezza dei militanti che sono rimasti fedeli a quella tradizione, anche se non trovano più il bandolo della matassa.

La mostra richiede sicuramente parecchio tempo: molti sono i materiali audiovisivi, i documenti e i pannelli, legati soprattutto agli anni Settanta. Penso che contengano la forza di un modello fortissimo di partecipazione e credibilità e che riassumano molto bene la sobrietà di un uomo riservato, il successo popolare del dirigente di partito, ma soprattutto la chiarezza di visione del politico, capace di passare serate intere a parlare con lucidità di salari, ruolo delle donne, pace, geopolitica, economia davanti a platee di vario tipo, dagli operai di una fabbrica alle piazze gremite dei Festival dell’Unità. Incredibili, per esempio, i video registrati a Napoli in quegli anni durante i suoi comizi.

Ci sono almeno tre installazioni grafiche cronologiche che guidano anche l’osservatore meno informato, orientandolo negli anni affollati. Un planisfero con il numero di incontri politici, di cui si ha traccia, che Berlinguer ha svolto nei suoi anni di dirigente: una rete fittissima che si irradia dall’Italia alla geopolitica internazionale. Non si fa fatica a capire come poi Berlinguer riuscisse a posizionarsi chiaramente su tutte le questioni, dall’America Latina all’Afghanistan, dalla guerra del Vietnam alla Palestina.

Il numero di leggi approvate dal Parlamento in quella stagione di Politica con la P maiuscola, anch’esse impresse nella visione grazie a un pannello che le elenca una per una.

Una terza grande sintesi, drammatica ed eloquente, con una carta geografica del Belpaese ferito da centinaia di episodi di terrorismo e stragi, proprio mentre Berlinguer guidava la rimonta e spostava l’asse della politica democratica cristiana.

Consiglio di ascoltare in particolare un’intervista di Giovanni Minoli, dove ci sono due passaggi che mi sono sembrati indicativi di un modo di fare gentile ma deciso che ha cambiato la storia italiana: la critica, ferma nelle argomentazioni ma garbata nei toni, alla figura di Giovanni Paolo II, che poi la Storia ha glorificato, nonostante alcune ombre e alcune grandi contraddizioni; una risposta sulla famiglia in cui Berlinguer confessa dolcemente di aver desiderato spesso di passare più tempo con i figli ma anche la consapevolezza e l’orgoglio di essersi messo a disposizione del bene comune e di una grande forza collettiva.

Qualcuno potrà dire che è tale la levatura del personaggio che ormai sono noti anche i più reconditi aneddoti della sua vita, delle sue visioni. Per chi ha militato, per chi ha studiato, per chi c’era, questa mostra rappresenta senz’altro una carezza in un pugno. Per chi si affaccia a quella Storia senza grandi conoscenze pregresse, invece, un’apprezzabile antologia.

* Cantiere Bologna

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