venerdì 22 Novembre 2024

C'è una crepa in ogni cosa. E' da li' che entra la luce (Leonard Cohen)

NEURALINK / Giovane paralizzato muove gli scacchi con il pensiero

Neuralink di Elon Musk farà davvero parte del nostro futuro o rientrerà nel novero dei tanti progetti tecnologici eclatanti ma abbandonati? Musk crede davvero d’aver individuato una fetta di mercato estremamente interessante. Per quanto alcuni ritengono tale soluzione una sorta di opzione per un’evoluzione ibrida uomo/macchina, ad oggi gli aggiornamenti riguardano il campo medico.

Neuralink promette di migliorare la vita delle persone e non per poter pagare il conto della spesa con la mente, connettendosi ai sensori del Pos. Ne è un esempio perfetto il video trasmesso in live streaming il 20 marzo.

A essere inquadrato è Noland Arbaugh, paziente 29enne rimasto paralizzato dalle spalle in giù dopo un incidente subacqueo. Grazie all’impianto del chip nel cervello, è oggi in grado di giocare a scacchi sul suo computer, spostando il cursore senza l’ausilio delle mani.

Arbaugh ha commentato anche la procedura di impianto: “L’intervento è stato semplicissimo e sono stato dimesso dall’ospedale nel giorno dell’operazione. Non ho disturbi cognitivi. Avevo smesso, di fatto, di giocare a Civilization VI. Mi avete dato la possibilità di farlo ancora”.

È naturale che Noland viva tutto questo come un’esperienza esaltante. Da paziente tetraplegico, infatti, vede in tutto ciò un barlume di luce per una vita differente. Ciò che Neuralink gli ha donato è una chance di recupero di controllo su certi aspetti della sua quotidianità.

A frenare l’entusiasmo, però, è giustamente Kip Ludwig. A differenza di Elon Musk, che adora titoli e annunci, l’ex direttore del programma di ingegneria neurale del National Insistutes of Health degli Stati Uniti è cauto. Deve esserlo perché si è nelle prime fasi del secondo step del progetto Nueralink. Per quanto non si speri che ciò possa accadere, gli ostacoli nel corso del tempo potrebbero essere svariati. Un primo approccio positivo non può bastare per decretare il successo o il fallimento di questa sperimentazione.

Per avere un quadro generale chiaro, è importante sottolinearlo per chi già sogna un impianto tutto suo, serviranno mesi, per un primo giudizio, e anni per un report completo: “Non è una svolta decisiva. Siamo ancora nei primissimi giorni dopo l’impianto. C’è tanto da imparare sia da parte di Neuralink che da parte del soggetto per massimizzare la quantità di informazioni per il controllo che può essere ottenuta”.

Resta di certo uno sviluppo positivo, che garantisce un’interfaccia tra paziente e computer. Non una svolta epocale, sotto quest’aspetto, ma l’azienda ci tiene a sottolineare che in passato non era di certo possibile operare tutto ciò in questa maniera. Un punto di partenza soddisfacente.

Proseguendo su questa strada, si spera di riuscire a garantire a pazienti con paralisi o altre malattie debilitanti un recupero delle funzionalità e, perché no, il ritorno al movimento autonomo degli arti. Ci sono stati dei problemi, ha spiegato Arbaugh, che non è però sceso nei dettagli. Qualcosa che pare risolto, considerando come abbia spiegato d’aver giocato per otto ore di fila, prima che la batteria dell’impianto si scaricasse.

Neuralink prosegue dunque con opere di sviluppo e, al tempo stesso, con la promozione di questo campo. Qualcosa che fa bene all’intero settore, sotto l’aspetto dei finanziamenti. Non è infatti l’unica azienda a lavorare a soluzioni del genere. È però quella che ha saputo realizzare elettrodi di minuscole dimensioni, in grado di garantire un’operazione meno invasiva possibile. Essendo più flessibili, inoltre, dovrebbero garantire minori rischi di microtraumi e danni nelle aree del cervello interessate in cui vengono installati gli elettrodi.

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