di Claudia Zamorani
— No al minuto di silenzio in memoria della povera Giulia e di tutte le donne vittime di violenza. E’ da secoli che ci educano al silenzio, a stare zitte. L’educazione al silenzio, spesso prodromico della violenza stessa, è il virus che da secoli ammorba la nostra società e che ci intima a tacere.
Ci picchiano, ci uccidono, ma dobbiamo stare zitte.
Non è più accettabile che, anche a livello istituzionale, per rendere omaggio alla memoria di una giovane donna massacrata da un assassino che diceva di amarla, si faccia leva sul silenzio, terreno fertile e talvolta omertoso su cui prolifica la violenza: fisica, domestica, psicologia, economica.
La stessa Giulia, mentre veniva accoltellata, aveva lo scotch sulla bocca per mano del suo assassino perché stesse zitta perfino in punto di morte, con la lama già infilata nelle carni.
Non vogliamo più stare zitte. Per questo diciamo no al minuto di silenzio.
Sì invece al minuto (all’ora) di DIBATTITO, e che sia voce alta, chiara e bene scandita.
E’ tempo di parlare, di educare, di agire, al di là dei fin troppo facili e fugaci minuti di silenzio.
Non osserverò il minuto di silenzio. Ma, al contrario, parlerò molto perché abbiamo secoli di silenzio da recuperare.
Lo farò per Giulia. Per tutte le Giulia di ieri, di oggi e di domani.