L’Italia si mobilita per evitare una triste sorte ai due cuccioli dell’orsa Amarena uccisa nel Parco nazionale d’Abruzzo la sera del 31 agosto da un 56enne di San Benedetto dei Marsi.
Una task force composta da Carabinieri forestali, Guardia parco, veterinari ed esperti (oltre 100 le persone coinvolte nelle ricerche), sta pensando di fare un tentativo utilizzando le reti, per catturare i due cuccioli che devono essere nutriti e portati al sicuro. Hanno soltanto 7 mesi di vita e – dicono gli esperti – e l’operazione può essere fatta solo al calare del buio. Un primo tentativo di prelevarli è purtroppo fallito: era stata predisposta una gabbia-trappola con esche all’interno. Cibo, ma anche batuffoli impregnati dell’odore di mamma Amarena. La commistione nell’area di odori di più soggetti può avere infastidito e impaurito i cuccioli.
‘orsa Amarena con i suoi cuccioli
“Le ricerche dei due cuccioli purtroppo, ad oggi, non hanno portato alla cattura dei due plantigradi – è il commento del sindaco di San Benedetto dei Marsi, Antonio Cerasani – nella serata di ieri sono stati dapprima individuati e successivamente, almeno uno dei due, avvistato da alcuni passanti. Ogni giorno che passa diventa sempre più difficile gestire questa situazione emergenziale e di individuare i due mammiferi”.
“Invito tutti a continuare a collaborare non intralciando le ricerche – continua Cerasani – segnalando eventuali avvistamenti, anche nei paesi limitrofi, al 112, c’è ancora speranza”.  Ieri tre squadre dei guardia parco insieme ai Carabinieri forestali hanno avuto due avvistamenti dei cuccioli, nel primo avvistamento i due i cuccioli erano insieme, mentre nel secondo è stato avvistato un cucciolo solo, si spera che i due non si siano separati. Le trappole con esche messe in giro per la città , non hanno funzionato ad attirare i due orfanelli.
Intanto l’uomo che ha ucciso l’orsa all’interno della sua proprietà , ha denunciato di aver ricevuto minacce di morte nelle ore successive all’episodio. “Ti uccidiamo”, “Farai la stessa fine dell”orsa”, “Anche la tua famiglia è in pericolo”. Queste e tante altre le minacce arrivate al telefono del 56 enne di San Benedetto dei Marsi indagato.
Il suo difensore, fortemente preoccupato, sottolinea che l’assistito è distrutto per quanto accaduto, “non voleva uccidere, il colpo è partito istintivamente. Ora teme per la sua vita e per la sua famiglia. In queste ore sono arrivate telefonate minatorie”. Fuori l’abitazione dell’indagato è ancora attivo un presidio di sicurezza.